Ambiente

Italia: consumo gas è al minimo. Perché continuiamo a investire nel combustibile fossile?

Sia i dati ministeriali sia quelli dell’Ieefa confermano cali della domanda del 10% nella Penisola e del 20% in Europa. Tiene il Gnl che però toccherà il picco nel 2025 per poi scendere. Nonostante ciò, l’Italia punta tutto su Piano Mattei e rigassificatori
Credit: Igor Omilaev  

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22 febbraio 2024 Aggiornato alle 18:00

Altro che a tutto gas. Se la vogliamo osservare dal punto di vista ambientale, l’idea di puntare su un futuro fatto di approvvigionamento energetico legato al gas, che è una fonte fossile, è ovviamente perdente viste le emissioni climalteranti che ne deriveranno. Il punto è che però ci sono sempre più indicatori che lasciano intendere come l’Italia a “tutto gas” voluta dal Governo Meloni, quello del Piano Mattei e dei rigassificatori, per intenderci, sia poco conveniente anche dal punto di vista economico.

Perché rischiamo, dati alla mano, di creare un sistema o un “grande hub del gas del Mediterraneo” come lo definì la premier, capace di generare più offerta che domanda

.I dati ufficiali sui consumi di dicembre e dell’intero 2023 si leggono in una tabella pubblicata dal Mase Dipartimento Energia: lo scorso anno ci sono stati i consumi di gas più bassi degli ultimi 25 anni. Si parla di 61,5 miliardi di metri cubi, con un calo del 10% rispetto al 2022. Rispetto al 2021 la richiesta di gas è calata di quasi 14,5 milardi di metri cubi. I fattori della riduzione sono molteplici: si va da maggiore efficienza e attenzione al risparmio sulle bollette, sino ovviamente alle temperature più miti, legate alla crisi del clima, che permettono di utilizzare meno gas, così come a un aumento delle rinnovabili. Ormai il gas russo che arriva in Italia è pochissimo, mentre continuiamo ad affidarci soprattutto all’Algeria e a quell’Azerbaigian, che quest’anno ospiterà la Cop29, da dove l’Italia importa circa il 16,2% del gas.

Cresce invece il metano importato dai terminal Gnl, dato che nei rigassificatori italiani lo scorso anno sono arrivati circa 2,4 miliardi di metri cubi in più rispetto al 2022 (+16,8%).Una fotografia, quella italiana, che combacia in gran parte con l’analisi appena pubblicata dall’Ieefa (Institute for Energy Economics and Financial Analysis) in cui vengono analizzati due fatti: da una parte che il consumo di gas in Europa è ormai al minimo in 10 anni, con una domanda europea calata del 20%, e dall’altra che invece la domanda di Gnl (gas naturale liquefatto) si sta avvicinando al suo picco, probabilmente nel 2025, prima di scendere. Cifre che ci portano a chiederci: davvero, anche visti gli impatti climalteranti delle fonti fossili, l’Italia anziché puntare ulteriormente sulle capacità rinnovabili, intende immaginare un futuro basato sul gas in declino?

Sul tema ha scritto anche Ana Maria Jaller-Makarewicz, analista dell’Ieefa, che parla proprio di «rischiosa scommessa dell’Italia sui terminal Gnl».

«In particolare - sostiene Jaller-Makarewicz - l’Italia ha dimostrato una grande leadership, riducendo il consumo di gas di 14,4 miliardi di metri cubi. Tuttavia, l’ambizione del Paese di diventare un hub europeo del gas ha influenzato la pianificazione di nuovi terminali Gnl entro il 2030, nonostante il rischio di un loro sottoutilizzo. Nonostante la riduzione della domanda interna di gas, l’Italia aumenterà infatti la sua capacità di importazione di Gnl del 62% fino al 2026, grazie alla realizzazione di due nuovi terminali: un’unità galleggiante di stoccaggio e rigassificazione (Fsru) che dovrebbe essere operativa entro il 2024 al largo di Ravenna e un terminale Gnl offshore previsto a Porto Empedocle nel 2026».

Finora però per esempio il “nuovo terminale Gnl di Piombino, entrato in funzione nel maggio dello scorso anno, ha registrato, nel 2023, un tasso di utilizzo di appena il 42%, il che induce concrete riflessioni sulla necessità di espandere ulteriormente l’infrastruttura di importazione. La scommessa dell’Italia sui terminal di Gnl potrebbe rivelarsi alquanto rischiosa”.

Va detto che però l’Italia non è l’unica a credere ancora nel gas, soprattutto il Gnl: 13 nuovi terminal dovrebbero essere operativi in Europa entro il 2030, nonostante il tasso di utilizzo medio dei terminali di importazione dell’Unione europea nel 2023 sia stato solo del 58,5%.

Come conclude l’analista però è bene fare tesoro di quanto imparato finora per guardare al futuro.

“Negli ultimi due anni l’Europa ha trasformato il suo sistema energetico e ha implementato metodi per ridurre gli effetti della crisi energetica. Questo è il momento di esaminare quali politiche hanno funzionato e di portarle avanti, mettendo in atto nuove strategie che potrebbero dare all’Europa il vantaggio di gestire i rischi in futuro”.

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