Diritti

Endometriosi: per una donna su due lo smart working potrebbe favorire l’inclusione lavorativa

Nonostante la patologia impatti su benessere psicofisico e produttività, solo una lavoratrice su quattro parla di “aiuti economici e azioni di sensibilizzazione all’interno delle aziende”. La ricerca Swg per Carrefour Italia
Credit: cottonbro studio 
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7 febbraio 2024 Aggiornato alle 16:00

È una malattia invalidante che colpisce il 15% delle donne in età fertile, eppure solo 1 su 2 la conosce. È l’endometriosi, di cui soffrono almeno 3 milioni di persone solo nel nostro Paese. In chi è affetto da questa patologia, un tessuto simile al rivestimento dell’utero si sviluppa in altri organi, causando sintomi molto diversi, tra cui dolori pelvici e mestruali, che non sempre sono presenti, e un impatto significativo sulla qualità della vita.

Non solo quella personale, ma anche quella professionale: secondo una ricerca Swg, per quasi 8 donne su 10 (76%) l’endometriosi incide sulla stabilità psicologica ed emotiva, ma anche sulle performance lavorative (61%), sulle possibilità di carriera (47%) e sui rapporti con colleghi e colleghe (41%).

Eppure, oggi i programmi di welfare aziendale per le donne affette da endometriosi scarseggiano. La ricerca Swg, commissionata da Carrefour Italia, la prima prima azienda nella grande distribuzione organizzata a introdurre una policy aziendale che prevede 12 giorni di congedo all’anno dietro prescrizione medica, ha evidenziato che solo 1 donna su 4 di età compresa nella fascia 35-55 anni, parla di “aiuti economici e di azioni di sensibilizzazione all’interno delle aziende, che permettano di evitare pregiudizi sul posto di lavoro”.

Quali potrebbero essere le possibili soluzioni? Secondo la metà delle intervistate (51%) una risposta è lo smart working, che potrebbe favorire l’inclusione lavorativa. Ma tra le proposte ci sono anche più giorni di congedo retribuito (33%) e “azioni di informazione finalizzate a promuovere un accesso più tempestivo e appropriato ai percorsi specifici di diagnosi e cura” (32%). Il 24%, vorrebbe avere un aiuto economico per sostenere le spese mediche e il 23% richiede azioni di sensibilizzazione interna per evitare pregiudizi.

I risultati dell’indagine sono stati presentati durante l’evento Dare voce al silenzio: Prevenire e affrontare l’endometriosi nella sala “Caduti di Nassyria” del Senato. La sensibilizzazione è un elemento chiave all’interno di una strategia di intervento più ampia: l’indagine dimostra che sul tema c’è ancora molta disinformazione e scarsa conoscenza, che si riflette anche sulle abitudini e sulle scelte di prevenzione delle donne.

Meno del 4% delle intervistate è in grado di riconoscere correttamente tutti i sintomi, le cause, le conseguenze e le possibili terapie. Quasi la metà è convinta che farmaci antidolorifici siano sufficienti per alleviare il dolore. Il 35% crede che sia facile da diagnosticare, già alla comparsa dei primi sintomi. In realtà, le donne che ne sono affette ricevono una diagnosi in media dopo 8 anni.

È preoccupante il fatto che 6 donne su 10, pur pensando di poter essere affette da endometriosi e conoscendo le sue possibili implicazioni, non hanno mai effettuato una visita di controllo. Una percentuale che aumenta tra le over 45 e tra chi non conosce la malattia.

Prevedibilmente, sono le donne affette da endometriosi (il 4% delle intervistate) e/o che conoscono donne con questa patologia (1 su 3) o le donne che hanno il dubbio di soffrirne (l’11%) a mostrare una maggiore conoscenza delle sue conseguenze, ma in generale a essere più informate sono le donne under 45 e con un tasso di scolarità più elevato.

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