Culture

Andrea Porta: «Favoriamo la transizione del settore culturale verso la sostenibilità»

Sono aperte le iscrizioni per il corso di formazione Change: Decarbonising Future, pensato per facilitare la transizione ecologica degli operatori culturali. Ne abbiamo parlato con il Direttore Area Turismo e Sostenibilità di Fondazione Santagata
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24 gennaio 2024 Aggiornato alle 20:00

E se nella strada verso la decarbonizzazione cominciassimo a capire che anche il terzo settore ha un ruolo importante? Se il mondo della cultura fosse una delle leve su cui puntare? L’obiettivo della neutralità climatica posto dall’Unione Europea per il 2050 è più vicina di quello che pensiamo e decarbonizzare la cultura è e deve essere uno degli obiettivi per un Paese come il nostro.

L’idea è di rendere le emissioni dei beni e delle attività culturali neutrali e consentire al settore di farlo, in un territorio che dovrà fare a meno delle attività derivanti dalle fonti energetiche fossili. Serve quindi formazione come quella di Change Decarbonising Culture. «Si tratta di un programma formativo lanciato da Fondazione Santagata e finanziato da Compagnia di Sanpaolo che si rivolge a giovani professionisti attivi nell’ambito delle organizzazioni culturali che si vogliono avvicinare alla sostenibilità in ambito culturale» ha detto a La Svolta Andrea Porta, Direttore Area Turismo e Sostenibilità Fondazione Santagata.

Qual è l’obiettivo di Changeò?

La nostra mission è fornire teoria e strumenti per favorire la transizione del settore culturale verso la sostenibilità guardando verso due direzioni principali: come le industrie culturali possono favorire il cambiamento della transizione verso la comunità e come possono queste diminuire il proprio impatto ambientale e quindi andare verso la decarbonizzazione della propria attività.

Come è strutturato questo corso?

Abbiamo 3 fasi. La prima sono 10 talk online in cui approfondiamo alcuni moduli della sostenibilità come quella sociale, ambientale ed economica. Poi c’è una fase in cui trasferiamo competenze dal punto di vista progettuale e poi c’è un’ultima fase, quella di job shadowing, in cui per 2 settimane i partecipanti andranno all’interno di istituzioni culturali e svilupperanno dei piccoli progetti che alla fine del processo potranno applicare nel proprio contesto specifico o all’interno di altre organizzazioni, magari facendo foundraising anche con il nostro supporto. Abbiamo attivato una rete di partner nei settori specifici, per costruire dei ponti nei diversi settori.

Ci sono requisiti particolari per partecipare a Change?

In questa edizione pilota, sviluppata anche in partenariato con Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, forniamo delle borse di studio per gli under 30. Non è chiuso alle altre fasce d’età, ci sarà una piccola selezione tramite cv e motivazioni di partecipazione, il target per noi sono i professionisti nell’ambito della cultura.

Ormai è sempre più prioritario per le aziende avere persone formate per questo cambiamento, quali sono le competenze necessarie per il settore culturale?

In ambito aziendale c’è molta offerta formativa nell’ambito della sostenibilità, per questo noi andiamo a inserirci più nel terzo settore. Le competenze che servono sono legate agli strumenti, da un lato capire come misurare l’impatto delle organizzazioni e delle attività culturali in termini scientifici. C’è poi la necessità di una competenza progettuale, capire come costruire progettualità in ambito culturale che tengano conto degli aspetti ambientali. Chi parteciperà a questo programma alla fine avrà in mano degli strumenti per capire come costruire dei progetti culturali che tengano conto della dimensione ambientale.

Gli obiettivi di decarbonizzazione richiesti dall’Agenda 2030 sono dietro l’angolo anche per queste realtà?

Noi ci rivolgiamo a istituzioni e organizzazioni culturali che sono convinte della necessità della transizione ma che sono già in difficoltà in modo strutturale. Ovviamente ci sono ulteriori problematiche per trovare i fondi per finanziarle. L’idea di questo programma formativo è anche quella di riuscire a individuare le leve economiche corrette in termini di foundraising, di come programmare la transizione per far sì che questa sia un’opportunità e non un peso. Vogliamo dare strumenti soprattutto a organizzazioni piccole che sono in difficoltà nel foundraising, su come gestire la parte manageriale e integrarla con la sostenibilità ambientale.

Esistono indagini su quale sia la percezione della sostenibilità nella cultura, a breve partirà anche una vostra ricerca in questo ambito

Nel 2024 abbiamo deciso di dedicare l’anno di ricerca della nostra Fondazione Santagata alla tematica della decarbonizzazione dell’industria culturale. Abbiamo ricevuto un finanziamento da Banca D’Italia per sviluppare una ricerca Cultural and creative carbon cut in cui andremo a indagare, nell’arco di un anno, qual è l’impatto in termini ambientali dell’industria culturale. Una volta capito questo potremmo capire meglio quali possono essere sia le azioni che le organizzazioni possono fare per agire in termini di policy per limitare questi impatti e raggiungere la decarbonizzazione anche in ambito culturale. La ricerca vuole collegare tutti i principali settori culturali, creare un vocabolario comune a tutti questi settori per identificare poi delle azioni e delle politiche comuni.

Quali sono le priorità oggi per la decarbonizzazione culturale?

C’è necessità di creare consapevolezza rispetto alla transizione in ambito culturale, soprattutto per chi è all’interno delle organizzazioni, per far sì che queste possano misurare l’impatto ambientale e attivarsi per la sua diminuzione con attività e progettualità specifiche. Come ultimo step capire come riuscire a comunicare questo, cosa fondamentale per dialogare con le istituzioni che forniscono i fondi per questa transizione. Attivare quindi il foundraising per diminuire in modo efficace l’impatto della cultura sull’ambiente”.

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