Economia

L’AI influenzerà il 40% delle professioni

Lo rivela lo studio del Fondo monetario internazionale. Le nuove tecnologie potrebbero migliorare le nostre prestazioni ma rischiano di alimentare le disuguaglianze tra lavoratori e Paesi
Credit: Igor Omilaev 
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19 gennaio 2024 Aggiornato alle 08:00

Tra i temi più importanti affrontati al World Economic Forum di Davos quest’anno, spicca l’intelligenza artificiale e il suo rapporto con il mercato del lavoro.

In una nuova analisi, il Fondo monetario internazionale esamina il potenziale impatto dell’intelligenza artificiale (AI) sul mercato del lavoro globale. L’intelligenza artificiale, cioè quei sistemi informatici capaci di eseguire compiti solitamente associati ai livelli di intelligenza umana, potrebbe cambiare profondamente l’economia globale.

«Siamo sull’orlo di una rivoluzione tecnologica che potrebbe far ripartire la produttività, stimolare la crescita globale e aumentare i redditi in tutto il mondo e che potrebbe anche sostituire i posti di lavoro e approfondire le disuguaglianze» afferma sul blog del Fmi la direttrice generale Kristalina Georgieva.

Dallo studio emerge che l’AI influenzerà il 40% dei posti di lavoro in tutto il mondo, con picchi del 60% in economie avanzate quali gli Usa e il Regno Unito. In questi Paesi, le tecnologie aiuteranno ad aumentare la produttività dei lavoratori e le loro prestazioni. La metà degli impieghi potrebbero, tuttavia, esserne influenzati negativamente.

«Le applicazioni di intelligenza artificiale potrebbero eseguire compiti chiave svolti dagli esseri umani, il che potrebbe ridurre la domanda di manodopera, portando a salari più bassi e a una riduzione delle assunzioni. Nei casi più estremi, alcuni di questi lavori potrebbero scomparire», sottolinea Georgieva.

Più bassi i dati nei Paesi emergenti, tra cui figurano anche membri BRICS quali Brasile, India e Cina, e a basso reddito, dove l’esposizione dovrebbe essere rispettivamente del 40% e del 26%. Ciò suggerisce che questi si trovano dunque, nell’immediato futuro, ad affrontare minori difficoltà dovute all’AI. A influenzare i dati, tuttavia, sono anche le difficoltà dei Paesi a reperire le infrastrutture e la forza lavoro necessaria a sfruttare i vantaggi offerti dall’intelligenza artificiale, con il rischio che ciò possa acuire il divario produttivo e tecnologico con le potenze economiche sviluppate.

Il Fmi ha anche segnalato che l’intelligenza artificiale potrebbe influenzare la disuguaglianza di reddito e ricchezza all’interno dei Paesi, avvertendo sul rischio di “polarizzazione all’interno delle fasce di reddito”. Inoltre, lavoratori con salari più alti i cui impieghi hanno un’elevata complementarità con l’intelligenza artificiale possono aspettarsi un aumento del loro reddito, con conseguente incremento delle disuguaglianze.

Ciò, tuttavia, “amplificherebbe l’aumento della disuguaglianza di reddito e ricchezza che deriva da maggiori rendimenti di capitale spettanti ai redditi più alti - afferma il rapporto - Le scelte dei Paesi riguardo alla definizione dei diritti di proprietà dell’Ia, così come le politiche redistributive e altre politiche fiscali, determineranno in definitiva il suo impatto sulla distribuzione del reddito e della ricchezza».

Il rapporto tra disuguaglianze e sviluppo dell’AI è stato affrontato anche da un recente studio dell’Ocse, il quale ha sottolineato l’impatto notevole delle nuove tecnologie sull’occupazione. “Sebbene le imprese che adottano le nuove tecnologie sono ancora relativamente poche, i rapidi progressi tecnologici, il calo dei costi e la crescente disponibilità di lavoratori con competenze nell’intelligenza artificiale suggeriscono che i Paesi dell’Ocse potrebbero essere sull’orlo di una rivoluzione dell’intelligenza artificiale” afferma l’Ocse nel rapporto. Considerando le nuove tecnologie, il 27% dei posti di lavoro è ad alto rischio di automazione.

“Le occupazioni nel campo della finanza, della medicina e delle attività legali che spesso richiedono molti anni di istruzione e le cui funzioni principali si basano sull’esperienza accumulata per prendere decisioni, potrebbero improvvisamente trovarsi a rischio di automazione a causa dell’intelligenza artificiale” spiega l’Ocse.

Le ripercussioni sul mercato del lavoro variano a seconda del Paese e della categoria professionale. Secondo uno studio di Goldman Sachs, gli impieghi maggiormente interessati dall’automazione negli Usa sono amministrativi e d’ufficio (46%), del comparto legale (44%) e quelli legati a ingegneria e architettura (37%).

Secondo l’Ocse, per garantire un approccio sostenibile alla rivoluzione digitale, i Governi devono “sostenere i lavoratori a basso salario tramite politiche quali salario minimo e la contrattazione collettiva per mitigare le perdite di potere d’acquisto”; garantire il rispetto dei diritti fondamentali e il benessere dei lavoratori, affinché l’AI sostenga “mercati lavorativi inclusivi, anziché ostacolarli”; “incoraggiare i datori di lavoro a fornire maggiore formazione, integrare le competenze legate all’intelligenza artificiale nell’istruzione e sostenere la diversità nella forza lavoro dell’intelligenza artificiale”.

Di simile approccio è anche la direttrice del Fmi: «È fondamentale che i Paesi istituiscano reti di sicurezza sociale complete e offrano programmi di riqualificazione per i lavoratori vulnerabili. In questo modo, possiamo rendere la transizione verso l’Ia più inclusiva, proteggendo i mezzi di sussistenza e frenando la disuguaglianza».

Il World Economic Forum di Davos di quest’anno ha come tema Ricostruire la Fiducia e gli organizzatori sottolineano come il programma incarni uno spirito di “ritorno alle origini”, di dialogo aperto e costruttivo tra politici, leader aziendali e società civile, con i vantaggi e gli svantaggi dell’intelligenza artificiale che dovrebbero essere un argomento chiave di discussione.

Con quale approccio verrà affrontato e quali misure gli attori economici e politici si impegneranno ad adottare sarà di vitale importanza per comprendere il futuro dell’intelligenza artificiale nel mercato del lavoro.

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