Diritti

Bilancio di genere: cos’è e come si scrive

In Italia c’è da 20 anni ed è un valido strumento per individuare e ridurre i gap nei diversi settori di intervento pubblico. Lo spiega a La Svolta Giovanna Badalassi, cofondatrice di Ladynomics
Credit: Monstera Production

Le risorse pubbliche non sono tutte “neutre” dal punto di vista del genere: alcune sono espressamente destinate a colmare i divari tra uomini e donne, altre possono incidere direttamente o indirettamente sulle disuguaglianze.

Da circa 20 anni in Italia si sperimenta il bilancio di genere, uno strumento che mira a realizzare una maggiore trasparenza sulla destinazione delle risorse di bilancio e sul loro impatto su uomini e donne.

Per attenuare progressivamente le disparità di accesso al mercato del lavoro, o a servizi come la sanità e la previdenza, ma anche per ridurre fenomeni come la violenza di genere, bisogna tenere conto delle differenze di genere, dalla fase iniziale di impegno delle risorse a quella di valutazione finale di come sono state spese.

Questo tipo di approccio ai processi decisionali, noto come gender mainstreaming, è stato inaugurato nel 1995 durante la quarta Conferenza mondiale delle donne tenutasi a Pechino. È in quella sede che il bilancio di genere venne consacrato come mezzo utile per ridurre i gap tra uomini e donne.

Lo sviluppo del bilancio di genere in Italia

Su spinta dell’Unione europea - è del 1996 la prima comunicazione della Commissione per integrare la “parità di opportunità tra le donne e gli uomini nel complesso delle politiche e azioni comunitarie” - il bilancio di genere è arrivato anche in Italia.

Le province di Genova, Modena e Siena furono le prime a sperimentare, tra il 2001 e il 2003, la redazione di questo documento; mentre oggi si contano circa 200 Comuni, oltre a Università ed Enti di ricerca. Dal 2016 si è affiancato anche lo Stato: con una modifica alla legge di contabilità e finanza pubblica del 2009, la redazione di questo documento è diventata obbligatoria in sede di rendiconto, a conclusione dell’esercizio.

Il bilancio di genere stilato e presentato ogni anno al Parlamento dalla Ragioneria generale dello Stato è una fotografia dei divari esistenti e approfondisce le spese e le iniziative messe a punto dalle amministrazioni centrali per ridurle.

In realtà, quando si parla di bilancio di genere non ci si riferisce solo al rendiconto. Come spiega a La Svolta Giovanna Badalassi, cofondatrice di Ladynomics, sito di informazione specializzato in economia e politiche di genere, «il bilancio non è solo il prodotto, ma anche il processo: per ogni fase del ciclo del budget (pianificazione, programmazione, implementazione, monitoraggio e rendiconto) ci sono strumenti specifici per condurre un’analisi di genere».

Lo studio del contesto e l’importanza dei dati per genere

Per costruire un bilancio di genere bisogna fare un quadro della situazione. «Si chiama analisi di contesto - spiega Badalassi, che da anni cura la redazione di questi documenti a livello locale ed europeo - e punta a far emergere i gap in un territorio o rispetto a una platea di riferimento».

Nella fase iniziale è importante avere a disposizione un set di dati, alcuni dei quali disaggregati per genere: età, stato civile, tasso di natalità, ma anche titolo di studio, condizione lavorativa e reddito mediano.

Avere a disposizione questo tipo di informazioni è necessario, se si vogliono costruire politiche di genere efficaci. Il comune di Bologna, che ha una certa esperienza nella redazione di questo bilancio, è stato il primo a aderire, nel 2021, alla campagna #Datipercontare di Period Think Tank, che promuove una cultura dei dati di genere aperti e trasparenti.

Tramite l’analisi statistica della popolazione, il Comune, nell’ultimo bilancio approvato, ha per esempio condotto uno studio sulla qualità della vita di uomini e donne residenti, individuando la distribuzione delle mansioni familiari nella coppia: chi gestisce maggiormente il reddito familiare (spoiler: gli uomini) e chi, invece, ha più obblighi di cura di bambini e anziani (spoiler: le donne).

Una volta fatta l’analisi di contesto, si fa una valutazione delle intenzioni dell’amministrazione, per capire se sta imboccando la strada giusta nel riequilibrio dei divari. «Per fare questo si studiano i principiali atti dell’Ente; nel caso del Comune il Dup (documento unico di programmazione, n.d.r.), ma anche il programma di mandato», spiega Giovanna Badalassi.

Spese neutrali, sensibili e dirette a colmare i gap

Un ulteriore step importante è la riclassificazione di bilancio, ossia l’uso di «criteri specifici che evidenziano le voci maggiormente coinvolte nella definizione della disparità di genere», dice ancora Badalassi.

Prendendo per esempio il bilancio dello Stato per il 2022, la Ragioneria generale distingue tra spese “neutrali al genere”, che, cioè, non hanno un impatto diretto o indiretto sui gap, spese “sensibili” che, invece, hanno effetti, e spese che hanno lo specifico obiettivo di ridurre le disuguaglianze.

Per il 2022, su una spesa di 992,4 miliardi, l’84,7% delle somme impegnate sono state considerate neutrali, il 14,9% “sensibili” e appena lo 0,41% dirette a colmare le disparità di genere (4 miliardi). Pochi, ma, come spiega sempre la Ragioneria, bisogna tener conto anche degli interventi finanziati attraverso il fondo di rotazione per l’attuazione del Pnrr, non inclusi nel conto di bilancio.

Successivamente, è possibile valutare come vengono utilizzate queste risorse: «i servizi e le attività dell’Ente sono analizzati valutando l’impatto sull’utenza maschile e femminile», prosegue Badalassi.

Una lettura trasversale, che riguarda tutti i settori di intervento delle politiche pubbliche. È in questa prospettiva che l’utilizzo del bilancio di genere permette di distribuire le risorse in modo più equilibrato. «Per esempio, se si vuole investire nel settore edilizio, il bilancio di genere mette in luce che questo ambito è a forte prevalenza maschile; quindi, è il caso di trovare un elemento di riequilibrio, investendo anche in settori dove c’è una maggiore presenza femminile».

Il futuro del bilancio di genere

Finora in Italia il bilancio di genere viene presentato solo in sede di rendiconto, ma tra le riforme previste dal Pnrr c’è anche la riclassificazione delle spese del bilancio preventivo dello Stato. La nuova formulazione, secondo quanto evidenzia la Ragioneria generale, entrerà a regime con la prossima legge di bilancio, e introdurrà la logica di genere anche nella fase iniziale di pianificazione e programmazione delle entrate e delle spese statali.

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