Diritti

Ecco il kit multimediale per smontare gli stereotipi di genere a scuola

Si chiama Stereotipidigenere.eu ed è una piattaforma che offre alle insegnanti e agli insegnanti strumenti per una didattica attiva sui temi degli stereotipi e della parità di genere
Credit: insidecreativehouse/envat

Bisogna prendere un foglio di carta e dividerlo in righe e colonne. No, non è la spiegazione del gioco “Nomi, cose e città”, ma una delle schede proposte nel kit didattico multimediale “Stereotipi di genere.eu - Smontiamoli in classe, una piattaforma web ideata per fornire alle docenti e ai docenti della scuola primaria e secondaria di primo grado una serie di strumenti gratuiti per formarsi e lavorare in classe con attività utili a coinvolgere studentesse e studenti, sui temi legati alla parità di genere.

Questa attività prevede che ragazze e ragazzi dividano a metà un foglio di carta, creando due colonne con due titoli: professioni maschili e professioni femminili.

Due minuti a disposizione per scrivere quanti più lavori possibili, inserendoli nell’una o nell’altra colonna. Esaurito il tempo verranno letti e condivisi i risultati e si aprirà un momento di discussione. Si può partire con delle domande come: che differenze notate fra le due liste? Come vi fanno sentire queste differenze? Donne e uomini possono fare gli stessi lavori? Perché donne e uomini finiscono a fare lavori diversi?

I modelli che vengono trasmessi dal contesto mediatico e familiare portano a categorizzare alcuni mestieri: una persona di un determinato sesso è ritenuta più o meno adatta a un determinato lavoro. Il sesso maschile viene normalmente inquadrato in ruoli legati all’ambito manuale o a quello economico e scientifico; quello femminile viene legato ai percorsi di assistenza sanitaria, servizi sociali e cura della persona.

«Parlare in classe di stereotipi professionali significa affrontare il tema degli stereotipi in generale e porre l’attenzione su come questi interferiscono sul modo di pensarsi di ragazzi e ragazze fin dalla prima infanzia», si legge negli approfondimenti proposti sulla piattaforma. Partire dall’individuazione e decostruzione di questi stereotipi è l’obiettivo del progetto.

Da un cortometraggio al kit didattico

A curare il progetto sono il regista Federico Micali e la sceneggiatrice e insegnante Serena Mannelli. Tutto è nato dal cortometraggio contro gli stereotipi di genere “Mi piace Spiderman…e allora?” di Federico Micali, presente nella piattaforma. Tratto dall’omonimo libro di Giorgia Vezzoli (ed. Settenove), è prodotto da DNART, casa di produzione fiorentina specializzata su tematiche relative al mondo di ragazze e ragazzi e realizzato grazie al bando “Non Violenza: lo schiaffo più forte” del ministero per i Beni e le Attività Culturali.

«Nora, mia figlia piccola, adorava Spiderman però sia amici che amiche le dicevano che Spiderman era un supereroe da maschi. Lei non riusciva a capire perché i giochi venivano divisi tra i giochi da maschi e da femmine, per cui le principesse sono da femmine e i supereroi da maschi - racconta Federico Micali. - A un certo punto Nora mi porta un libro, trovato su una bancarella, dal titolo “Mi piace Spiderman… e allora?”. In un certo senso raccontava la sua storia, lei si identificava. Così questo libro è diventato una lettura quotidiana e ho iniziato a immaginare come poter rappresentare visivamente questa storia per attribuirle forza».

Durante le presentazioni in giro per l’Italia e non solo, il cortometraggio ha riscosso successo e interesse. «Spesso, dopo le proiezioni, alcuni insegnanti mi venivano a chiedere come poterlo utilizzare in classe, dove era possibile trovarlo. Quindi, lo step successivo è stato creare un kit didattico multimediale all’interno del quale - oltre al cortometraggio - fosse possibile trovare degli strumenti collegati», aggiunge Micali a proposito della piattaforma.

Il progetto, particolarmente apprezzato per le modalità innovative e ritenuto in grado di favorire un ampio accesso al tema della parità di genere, ha ottenuto il finanziamento del bando CERV (Citizens, Equality, Rights and Values) della Commissione Europea.

Autoformazione, video-pillole e schede

Prima di andare in classe, però, è fondamentale che le docenti e i docenti siano consapevoli di poter veicolare degli stereotipi in maniera involontaria. È quello che viene definito curriculum nascosto, ovvero tutto ciò che può essere trasmesso in maniera inconsapevole. Per porvi rimedio è molto utile la sezione “strumenti”, che propone degli stimoli per intraprendere una riflessione su se stessi e per fare autoformazione.

Una cassetta degli attrezzi - con l’obiettivo di tenersi informati sull’argomento - da consultare all’occorrenza e utile per allenarsi a smascherare gli stereotipi di genere.

Un’altra sezione della piattaforma contiene 9 video-pillole di approfondimento, ossia dei webinar asincroni tenuti da esperte ed esperti su temi specifici, ma sempre legati alle tematiche di genere. Da una breve storia sulla parità di genere a cura della professoressa di diritto Micaela Frulli, al manifesto per un rap antisessista della rapper Wissal Houbabi, passando attraverso la ricostruzione delle origini dei colori da maschi e dei colori da femmina della pedagogista Alessia Dulbecco e un focus sull’editoria di genere dove Monica Martinelli racconta della casa editrice Settenove, il primo progetto editoriale italiano interamente dedicato alla prevenzione della discriminazione e della violenza di genere.

E poi c’è anche un contenuto a tema cinema di Federico Micali che afferma: «una cosa continua a stupirmi molto, ossia la rappresentazione di genere nel cinema».

Nella sua video-pillola il regista spiega le tre regole del test di Bechdel che servono per valutare il grado di equità nella rappresentazione di genere nei film: tra i personaggi del film devono esserci almeno due donne di cui si conosca il nome, queste due donne devono parlare tra di loro e l’argomento dei loro dialoghi non devono essere gli uomini.

«Le metodologie che vengono utilizzate sono tutte metodologie attive che partano da una scheda didattica da cui si genera uno stimolo - precisa Serena Mannelli. - Non è l’insegnante a introdurre la tematica né a dare una spiegazione, ma si parte da uno stimolo preciso, da una foto, da una serie di immagini, un video, un testo, un indovinello, un gioco. Ed è sulla base di questo stimolo che si cerca di invitare le ragazze e i ragazzi a sviluppare un pensiero critico attraverso le thinking routine, create per rendere manifesto il pensiero».

Le schede didattiche favoriscono l’apprendimento esperienziale

È possibile navigare tra le schede che prevedono diverse attività pratiche che possono essere scelte sia in base all’età, sia in relazione agli argomenti. Le schede didattiche si muovono tra discussioni in classe, role playing, analisi di immagini e video per riconoscere gli stereotipi nascosti nella quotidianità e per poterli affrontare con consapevolezza.

«Durante i laboratori in classe i risultati delle schede fanno percepire immediatamente come il maschile sovraesteso non sia soltanto una questione di forma ma di sostanza perché se dici “disegna uno scienziato” tutti disegnano solo uno scienziato maschio», dice Micali.

L’esercizio proposto in questa scheda rende chiaro il concetto per cui la declinazione delle parole al femminile è fondamentale per dare legittimazione a un ruolo che altrimenti viene inteso normalmente al maschile. “Se continuiamo a dire scienziato usando il maschile sovraesteso per includere genericamente la scienziata, nell’interlocutore si innesca un meccanismo per cui la figura dello scienziato è naturalmente maschile», si legge negli approfondimenti legati alla scheda “Disegna unə scienziatə””.

Come dice Cloe, la protagonista del cortometraggio, gli stereotipi di genere sono un problema che «non ha a che fare solo con il linguaggio, è una questione di mentalità, di pensiero che si nasconde dietro le parole».

Lo spiega bene Micali quando racconta l’indovinello del chirurgo: “Padre e figlio fanno un incidente stradale. Il padre muore e il figlio viene trasportato in ospedale. Si decide di operarlo con urgenza per salvargli la vita. Il chirurgo lo guarda ed esclama: “Oddio, è mio figlio! Come è possibile?”. «Il chirurgo, o meglio la chirurga, è la madre. In pochi riescono a risolvere l’indovinello e non c’è mai una risposta rapida», spiega Micali. Questa attività può essere utilizzata non solo per una riflessione sul linguaggio e sull’uso del maschile predominante nella lingua italiana, ma soprattutto può portare a un dibattito su quanto sia difficile superare i ruoli di genere interiorizzati sin dall’infanzia.

In scena per scardinare gli stereotipi

Tra le metodologie utilizzate nel kit, il teatro e il role playing hanno un ruolo importante perché stimolano la partecipazione attiva. «Il teatro ti fa uscire dalla comfort zone per andare a tirar fuori quelle emozioni che difficilmente riesci a manifestare dietro il banco, che fa da scudo», dice il regista.

Da insegnante Serena Mannelli sa che «il teatro aiuta a sviluppare l’empatia - strumento fondamentale nella didattica, nella scuola, nella vita - e ti permette di vestire i panni di un’altra persona».

Spiegando nel dettaglio la scheda didattica, Mannelli precisa che: «si parte chiedendo ai ragazzi di pensare una situazione che hanno vissuto, che hanno visto, che gli è stata raccontata o che hanno letto e che riguardi gli stereotipi di genere. Su questo primo input devono sviluppare un copione, costruire i personaggi della narrazione e le battute per arrivare, in un secondo momento, alle prove della messa in scena». Segue la rappresentazione dei vari gruppi che si esibiscono davanti al resto della classe. Infine, questa rappresentazione può portare a una discussione in cui si sviluppano le criticità, le possibili soluzioni e le evoluzioni.

Una seconda scheda prevede che una ragazza o un ragazzo possano sostituirsi a un attore in scena e attraverso l’improvvisazione provare a decostruire la situazione. «Questa doppia scheda - che prende ispirazione dal teatro dell’oppresso di Augusto Boal - usa il teatro come strumento di risoluzione del conflitto», spiega la sceneggiatrice e insegnante.

Dai brani di Manzoni, alle poesie di Leopardi, passando per i temi legati alla cittadinanza, così Serena Mannelli usa il teatro in classe. Subito i ragazzi, come è normale che sia, mostrano un po’ di diffidenza e fanno fatica a mettersi in gioco, «ma quando la classe ha appreso questa metodologia diventa interessante vederne i risultati a livello di relazione nella costruzione del gruppo classe, ma anche nell’apprendimento nozionistico, di conoscenze e competenze».

Uno sguardo al futuro: il progetto cresce sui social e crea sinergie

Stereotipidigenere.eu va avanti fino a dicembre 2024 e continuerà a crescere. Oltre a essere prevista una versione in lingua inglese, Micali annuncia che «il progetto si estenderà anche sui social e potrebbe essere interessante cercare nuovi finanziamenti per tenere in vita la piattaforma, non è un progetto a termine e vorrei potesse essere attivo anche per i decenni a venire, ma è chiaro che serve un piano di ristrutturazione».

Altri valori chiave dell’iniziativa sono la collaborazione e la condivisione e per questo gli strumenti creati e caricati sulla piattaforma sono fruibili per chiunque si iscriva: «mettiamo a disposizione dei contenuti che anche le associazioni possono utilizzare. Ci fa piacere pensare che questo strumento possa essere adottato, implementato e aggiornato da tutti coloro che si occupano tutti i giorni delle tematiche relative al genere e alla violenza di genere - puntualizza il regista. - Il valore aggiunto è l’aver utilizzato strumenti diversi, ossia l’‘audiovisivo e il multimediale. Dobbiamo ringraziare l’Unione Europea che ci ha dato la possibilità di rendere questo materiale gratuito, disponibile e accessibile».

Se per la Treccani la parola simbolo dell’anno 2023 è femminicidio, per la piattaforma multimediale stereotipidigenere.eu è intersezionalità, ha affermato Federico Micali. «Mi piace l’idea che il genere non corra da solo, ma sia racchiuso all’interno di un’idea di inclusività più ampia».

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