Futuro

World Economic Forum di Davos: cosa devi aspettarti

In uno scenario internazionale dominato dall’incertezza, al centro delle discussioni AI, sicurezza globale e crisi climatica ma anche il lancio dell’Indigenous Peoples’ Knowledge and Leadership Network
Credit: Lian Yi/Xinhua via ZUMA Press 
Tempo di lettura 6 min lettura
16 gennaio 2024 Aggiornato alle 14:00

Lunedì 15 gennaio è cominciato il World Economic Forum (Wef) a Davos, cittadina situata nel cuore delle Alpi svizzere.

Si tratta di un appuntamento annuale alla sua 54esima edizione, e che vedrà la partecipazione di sessanta capi di Stato e altre 2.800 grandi personalità di spicco tra economisti, politici, banchieri e filantropi.

Tra gli altri, presenti il presidente francese Emmanuel Macron, il premier spagnolo Pedro Sanchez, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il segretario di Stato statunitense Anthony Blinken e António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite. L’Italia sarà rappresentata dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, che dovrebbe presiedere alla giornata di mercoledì.

Rebuilding trust è il motto di quest’anno, mentre al centro delle discussioni saranno tre macro-temi principali, che rappresentano le sfide del nostro secolo e restituiscono tutta la complessità delle questioni che influenzeranno lo scacchiere geopolitico mondiale negli anni e nei decenni a venire: intelligenza artificiale, sicurezza globale e clima.

Sul tema AI, uno studio pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale in vista del Wef ha rivelato che l’intelligenza artificiale potrebbe avere un impatto su circa il 60% dei posti di lavoro nelle economie sviluppate.

La ricerca prevede che circa la metà di questi lavori subiranno un impatto negativo dall’AI, mentre l’altra metà ne trarrà benefici.

A tal proposito, la direttrice generale del Fmi, Kristalina Georgieva, ha sottolineato che alcuni impieghi potrebbero scomparire del tutto, mentre altri potrebbero essere potenziati dall’AI, grazie a un aumento complessivo della produttività e del reddito.

Come è logico aspettarsi, la distribuzione geografica di tali effetti sarà piuttosto eterogenea, interessando in maniera diversa Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo.

Nelle economie più avanzate, circa il 40% dei lavori subirà gli effetti dei sistemi AI, mentre nei Paesi a basso reddito la percentuale si ferma al 26%.

Per non perdere la bussola, è necessario calare questi numeri nel proprio contesto: se è vero che le economie più fiorenti andranno incontro agli sconvolgimenti maggiori, la disponibilità di maggiori risorse e del know-how tecnologico fornisce a esse un’importante ancora di salvezza, se non la garanzia di cadere in piedi. Evidentemente, lo stesso non può dirsi per i Paesi a basso reddito.

In questo contesto, sarà dunque fondamentale impedire che le potenzialità dell’intelligenza artificiale finiscano per trasformarsi in un ulteriore inasprimento delle disuguaglianze. Per scongiurare questo scenario, sarà dovere dei governi impegnarsi nel rafforzamento dei sistemi di welfare per garantire protezioni adeguate ai lavoratori più vulnerabili al mutamento di variabili socioeconomiche.

Per quanto riguarda l’agenda relativa al tema della sicurezza e della cooperazione globale, il Forum si svolge in un contesto più delicato che mai.

Da ormai oltre 100 giorni, il conflitto tra Israele e Hamas sta mettendo in ginocchio la popolazione civile, e le vittime continuano ad aumentare. Nelle ultime ore, preoccupa quanto sta succedendo in Yemen: a seguito dei raid statunitensi e britannici contro gli Houthi, gruppo armato sostenuto dall’Iran e che dal 7 ottobre si è schierato al fianco di Hamas, cresce la paura di un’escalation di un conflitto che è già di fatto regionale e che tuttavia potrebbe estendersi ulteriormente in Medio Oriente in caso di un coinvolgimento ancor più diretto di Hezbollah e del regime di Tehran.

Sul fronte ambientale, la situazione non è più rosea.

Il 2024 si è aperto con un’ondata di gelo che ha colpito il nord Europa e che sta attualmente causando notevoli disagi in Canada e negli Stati Uniti, con temperature polari e tempeste artiche che finora hanno mietuto 7 vittime.

Come se non bastasse, siamo appena usciti dall’anno più caldo mai registrato, come confermato da Copernicus, il Servizio per il Cambiamento Climatico dell’Unione europea.

D’altra parte, le premesse per il 2024 non sono migliori, con El Niño che continua ad amplificare gli effetti di un clima caratterizzato da condizioni meteorologiche sempre meno ascrivibili alla prevedibilità tipica dei cicli naturali.

Ma non finisce qui, secondo il Global Risks 2024, il rapporto sui rischi globali, pubblicato proprio dal Wef nei giorni scorsi in vista del meeting di Davos, i cambiamenti climatici rappresentano uno tra i rischi più gravi che il mondo si troverà ad affrontare nella prossima decade.

Infatti, sebbene la disinformazione si trovi al primo posto di questa classifica, venendo etichettata come rischio immediato più grande, la metà delle minacce più pericolose che si susseguiranno nei prossimi 10 anni sono di natura ambientale. Ciò include eventi meteorologici estremi, perdita di biodiversità e collasso degli ecosistemi, oltre a una carenza di risorse naturali.

Non solo brutte notizie: tra le principali novità del convegno di quest’anno, un coinvolgimento maggiore delle persone indigene. Durante la 54esima edizione del Wef, a Davos verrà lanciato l’Indigenous Peoples’ Knowledge and Leadership Network, un luogo che riunirà esperti e rappresentanti indigeni attraverso i 10 centri di impatto del World Economic Forum, come spazio per promuovere una maggiore cooperazione pubblico-privato attraverso la conoscenza indigena.

Non va infatti dimenticato che sebbene i popoli indigeni costituiscano poco più del 6% della popolazione globale, assieme alle comunità locali essi sono custodi di oltre un terzo delle aree più importanti al mondo per la biodiversità, nonché depositari di una conoscenza di pratiche culturali e spirituali che rendono possibile la conservazione e la tutela di interi ecosistemi in tutto il mondo (Wwf, 2021).

Ad ogni modo, occorre essere onesti: date le premesse, è piuttosto difficile tenere alte le aspettative per il Wef di quest’anno. Considerato anche il clima generalizzato di disaffezione della società civile nei confronti di Summit di questo tipo, scarseggia la fiducia nella capacità di un’élite privilegiata e minoritaria di incidere concretamente nei salotti di Davos. Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi giorni.

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