Futuro

I nuovi campioni del polo? Saranno tutti cavalli clonati

La clonazione di ronzini vincenti si sta affermando come nuovo modello di business, ma si tratta di una pratica poco etica che rischia di snaturare il gioco in sella
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12 gennaio 2024 Aggiornato alle 09:00

Dolfina Cuartetera: 3 febbraio 2001 — ∞”: è la scritta apparsa durante una finale sul maxi schermo dell’arena del torneo di polo più importante del mondo.

Chi era Dolfina Cuartetera? Era una leggenda nella Hall of Fame del polo argentino e vincitrice dei premi più prestigiosi per i cavalli in questo sport. Era tanto veloce quanto agile, tanto esplosiva quanto docile, una cavalla con la resistenza e la forza necessarie per correre e sopravvivere a qualsiasi altra. Una cavalla molto intelligente che ha richiesto poco addestramento prima di iniziare a giocare regolarmente nelle partite più importanti.

Come disse il suo proprietario, il giocatore di polo di fama mondiale Adolfo Cambiaso: «Penso sia nata per giocare, è unica. Si potrebbe paragonare ai grandi cavalli da corsa, o a Lionel Messi. Fenomeni rari».

Cuartetera quest’anno non era presente al campionato argentino di polo: è morta a maggio, all’età di 22 anni.

Eppure, sullo schermo dell’arena, accanto alla sua data di nascita spiccava il simbolo dell’infinito.

È vero, un campione è per sempre. Ma il caso di Dolfina è davvero straordinario.

Il giorno della finale del torneo di polo, infatti, mentre sul maxischermo scorrevano, in un’emozionante video, le foto della cavalla più vincente degli ultimi decenni, sul terreno di gioco si radunavano i rappresentanti della squadra campione in caricaLa Dolfina, appunto -, tutti in sella a cavalli identici a Cuartetera, dal colore del manto marrone lucido e con una macchia bianca sulla schiena. «Cuartetera è stata la cavalla che ha segnato la carriera di Adolfito, quella che ci ha fatto tremare ed emozionare in tante finali, quella le cui corse e giocate rimangono nella memoria di tutti», spiegava in sottofondo il presentatore, «finché non ha deciso di moltiplicarla. I suoi cloni, e i figli dei suoi cloni, sono presenti in questo momento in campo, in entrambe le squadre».

È intuibile, allora, una spiegazione al simbolo dell’infinito: Cuartetera continua a esserci, a giocare e a vincere tramite i suoi cloni.

Ma andiamo per gradi. Come può essere stata clonata una cavalla?

Clonare vuol dire creare un nuovo essere vivente con le stesse informazioni genetiche dell’organismo di partenza. Il primo esperimento andato a buon fine per la clonazione di un animale fu quello effettuato per la pecora Dolly nel 1997 in Scozia, in cui il processo utilizzato fu quello del trasferimento di nucleo.

Nel nucleo di ogni cellula sono conservate le informazioni principali e genetiche di un organismo: molto banalmente, il trasferimento di nucleo consiste nel prelevare queste informazioni da una cellula somatica adulta e inserirle in un ovocita (la cellula uovo in uno stadio non completo), da cui è stato rimosso il nucleo originario.

Tramite una scossa elettrica il materiale viene spinto dentro, dando vita a un clone che contiene le stesse informazioni genetiche dell’organismo di partenza. Una volta che gli ovuli del laboratorio si sono sviluppati in embrioni allo stadio iniziale, vengono impiantati in cavalle surrogate.

Nel caso di Cuartetera, tutto è iniziato nel lontano 2006, quando Aiken Cura - il cavallo preferito di Cambiaso - si spezzò una gamba durante una partita degli Open di Argentina. Prima di sopprimerlo, Cambiaso – che già era incuriosito dalle prime tecniche di clonazione animale - chiese al veterinario lì presente di conservare delle cellule dalla pelle del cavallo. Tuttavia la pratica di clonazione non era ancora ben consolidata e si trovava in una prima fase sperimentale, in cui più che realtà, sembrava qualcosa di molto più simile alla fantascienza.

Dopo anni di studi e tentativi falliti, in cui i cloni morivano in fase gestazionale o poco dopo la nascita, perfezionando le tecniche, per la famiglia Cambiaso le prime clonazioni efficaci di cavalli iniziarono nel 2007, tra la tenuta di famiglia e il La Ensenada Polo Club di Lujan, di proprietà dell’imprenditore argentino Ernesto Gutierrez, allevatore di cavalli e socio di Cambiaso. Qui Aiken Cura ebbe il suo primo clone: «Quando lo vidi non riuscivo a crederci. Per essere sicuro feci analizzare un capello conservato dalla criniera di Aiken Cura, e il Dna era quello», dichiarò allora Cambiaso.

Oggi, con le stesse tecniche, al mondo esistono decine di Cuarteteras: Cuarteteras 01, Cuarteteras 02, Cuarteteras 03, Cuarteteras 04 e così via.

Sono tutte identiche tra loro, a parte piccole differenze caratteriali e comportamentali: c’è chi mangia di più e chi meno, chi dorme di più e chi è più agile delle altre.

Con il passare degli anni, la clonazione della cavalla campionessa del polo è diventato un vero e proprio business da milioni di dollari: l’azienda Kheiron Biotech, che per prima ha investito nel progetto, clona circa 100 cavalli ogni anno – più di qualsiasi altra azienda al mondo – inclusi circa 10 Cuarteteras.

Entro il prossimo anno prevede di raddoppiare la propria produzione e, sebbene i cloni non siano ancora ammessi nelle corse dei cavalli, i cavalli di alto livello vengono venduti per oltre un milione di dollari ai migliori club di polo in Argentina, ai cavalieri di resistenza in Medio Oriente e ai cavalieri di salto ostacoli di tutto il mondo.

«Un tempo gli allevatori impiegavano centinaia di nascite per produrre un cavallo da polo competitivo. Le fattrici sono fertili solo in primavera, che coincide con i tornei di polo più importanti dell’anno, rendendo difficile per i campioni sia competere che riprodursi. Invece, quando cloni un cavallo e poi riproduci da quei cloni, stai iniziando con una genetica che sai essere d’élite, quindi non è necessario avere 100 nascite per trovare un buon animale. Potrebbero servirtene solo 10», ha detto Vichera, proprietario dell’azienda di clonazione, aggiungendo: «Non stai semplicemente clonando il tuo cavallo. Stai clonando la tua fabbrica per fare soldi».

Anche se gli esperti di etica sostengono che i cavalli clonati creino condizioni di disparità in uno sport che dipende fortemente dalle prestazioni del cavallo e che, come sostenuto da Francisco Javier López Frías, esperto di etica sportiva presso la Pennsylvania State University, «competere con cavalli clonati elimina un ampio margine di errore», l’Argentina impone poche regole sulla clonazione e nemmeno i presidenti delle associazioni di polo pongono restrizioni sul numero di cavalli clonati che possono giocare in una partita, lasciando alle società e alle squadre la facoltà di definire i propri limiti.

Certo è che, continuando a creare campioni di laboratorio a partire dalla genetica d’oro della Dolfina Cuartetera originale, nota anche come la “Maradona del polo”, resteranno sempre pochi dubbi su quale club verrà premiato per il miglior cavallo. E non è un caso se anche quest’anno, per il terzo anno consecutivo, a vincere il titolo è stata una Cuartetera, per esattezza la numero B06.

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