Diritti

Astensionismo: perché i giovani non votano più?

Sempre più ragazzi scelgono il partito del “non voto” (spesso perché fuori sede): il motivo, però, non è puro disinteresse. L’Italia, ha ricordato Mattarella nel suo discorso di fine anno, ha bisogno di loro: «delle speranze che coltivano, della loro capacità di cogliere il nuovo»
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del discorso di fine anno
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del discorso di fine anno Credit: ANSA/UFFICIO STAMPA QUIRINALE/PAOLO GIANDOTTI
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2 gennaio 2024 Aggiornato alle 18:00

«In una società così dinamica come quella di oggi, abbiamo ancora più bisogno dei giovani, delle speranze che coltivano, della loro capacità di cogliere il nuovo» ha detto Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno.

«Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia, qualcosa di importante, con i nostri valori e la solidarietà di cui siamo capaci, con la partecipazione attiva alla vita civile, a partire dall’esercizio del diritto di voto. Per definire la strada da percorrere è il voto libero che decide, non rispondere a un sondaggio o stare sui social, perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà».

Un monito rivolto a uno Stato che ha smesso di ascoltare i suoi giovani. Un appello, invece, a quegli stessi giovani che nel corso delle ultime elezioni (nazionali e regionali) hanno smesso di credere nella forza del diritto di voto, optando per l’astensionismo.

Astensionismo sempre più diffuso

L’astensionismo, il cui spirito era già nell’aria da anni, ha schiaffeggiato il Paese con tutta la sua forza nelle elezioni politiche a settembre 2022, registrando un calo nell’affluenza alle urne di ben 9 punti percentuali, sfiorando il 64,% degli aventi diritto: il peggior crollo di partecipazione nella storia repubblicana e tra i 10 maggiori nella storia europea dal 1945 a oggi.

Nello specifico, ben il 42,7% dei giovani elettori di età compresa tra i 18 e i 34 anni ha optato per il “partito del non voto”. Un dato che nel corso di un trentennio è quasi quintuplicato: se nel 1992 si era astenuto il 9% dei 18-34enni, nel 2018 il dato è salito al 38%, superando poi il 40% alle ultime elezioni.

Uno scenario che a distanza di pochi mesi si è ripresentato in tutta la sua brutalità nelle elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia, dove si sono recati alle urne rispettivamente il 37,2% degli aventi diritto e il 41,6%.

Le cause del non voto

Lo scollamento dalla politica, però, deve necessariamente portare a una riflessione: perché i giovani non vanno più a votare? E no: la risposta non può ridursi a una banale questione di disinteresse giovanile.

Viviamo in un Paese che non ascolta i suoi ragazzi e le sue ragazze. A dirlo sono i malumori verso una classe politica che ha perso il suo appeal, che è ormai da anni incapace di rappresentare e farsi rappresentare dai giovani. A dirlo sono anche i dati: per citarne alcuni, secondo Eurostat in Italia ci sono 3 milioni di Neet, giovani che non studiano e non lavorano; il 60% dei contratti per gli under 35 sono precari e il 40% dei lavoratori tra i 20 e i 30 anni guadagna meno di 850€ al mese. Questo, però, è solo uno spaccato.

Spesso, infatti, le nuove generazioni sono accusate di non partecipare attivamente alla politica per mero disinteresse. Tuttavia, quando cercano di dire la loro, le loro voci spesso cadono nel vuoto, con la maggior parte dei partiti che ritiene poco interessante la loro agenda politica. Un esempio tra tutti: la richiesta della società civile per una legge che consenta ai fuorisede (che nel nostro Paese sono circa 5 milioni) di esprimere il proprio voto.

Sembra quindi, dati sull’astensionismo giovanile alla mano, che l’Italia sia un Paese incapace di apprezzare e valorizzare i suoi giovani. Quindi, alla domanda “perché i giovani non vanno più a votare?”, come dovremmo rispondere?

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