Diritti

L’obesità cresce anche nei Paesi più vulnerabili

Secondo l’Atlante mondiale, entro il 2030 il sovrappeso riguarderà più di un miliardo di persone: il doppio del 2010. L’accumulo patologico di grasso corporeo colpirà anche l’Africa
Il quarto World Obesity Atlas è appena stato pubblicato.
Il quarto World Obesity Atlas è appena stato pubblicato.
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
10 marzo 2022 Aggiornato alle 07:00

L’idea era di fermare l’obesità entro il 2025, ma l’obiettivo fissato dall’Oms non è mai stato più lontano di così. Nessun Paese del mondo, infatti, sembra essere sulla buona strada, anzi.

Secondo l’ultimo rapporto World Obesity Atlas, prodotto dalla World Obesity Federation, i tassi di obesità sono aumentati considerevolmente, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito. E questa condizione, nei prossimi 8 anni, non farà altro che peggiorare: più di un miliardo di persone, su 8 miliardi totali, saranno obese entro il 2030. Si tratta del doppio del 2010.

Dal 2019, la federazione World Obesity pubblica un documento annuale sull’obesità, completando i dati raccolti all’interno del World Obesity’s Global Obesity Observatory. Questi Atlanti - oggi siamo al quarto, appena pubblicato - hanno fornito proiezioni sull’obesità infantile e adulta, evidenziando quanto siamo lontani dal raggiungere gli obiettivi globali dell’OMS.

Secondo Johanna Ralston, ceo della federazione, i leader politici e sanitari dovrebbero essere a conoscenza della gravità della situazione, che potrebbe toccare una donna su 5 e un uomo su 7 entro il 2030.

In cima alla classifica dei Paesi con il maggior numero di persone obese da qui a 8 anni, ci sono gli Stati Uniti, in cui la condizione probabilmente riguarderà circa il 47% della popolazione. Anche in Africa il dato triplicherà, e le donne saranno più colpite degli uomini: circa 74 milioni rispetto ai 27 milioni della popolazione maschile.

«I numeri nel nostro rapporto sono scioccanti», ha spiegato Johanna Ralston, «ma ciò che è ancora più scioccante è quanto sia stata inadeguata la nostra risposta. Ognuno ha un diritto fondamentale alla prevenzione, al trattamento e all’accesso alle cure adatte alle proprie esigenze. Ora è il momento di un’azione congiunta, decisa e incentrata sulle persone per invertire la tendenza sull’obesità».

L’Africa sta ancora affrontando alti tassi di malnutrizione, che rimane la piaga principale del continente: il mese scorso il World Food Programme ha denunciato che circa 13 milioni di persone nel Corno d’Africa si svegliano ogni giorno gravemente affamate, anche a causa della grave siccità che sta affrontando il Paese.

Secondo la dottoressa Adelheid Onyango, dell’ufficio regionale dell’OMS per l’Africa, «Stiamo assistendo a un cambiamento nel consumo di diete dannose per la salute. Le politiche e i sistemi normativi sugli alimenti trasformati, ricchi di grassi e zuccherati, sono infatti deboli in molti Paesi del continente e l’obesità ha un terreno fertile rispetto alle regioni più sviluppate, dove c’è più regolamentazione e consapevolezza pubblica».

Secondo il World Obesity Atlas, che fa una stima degli Stati più preparati all’emergenza, svettano quelli ad alto reddito: cresce, così, la preoccupazione per le popolazioni più vulnerabili, a basso e medio reddito.

Inoltre, l’obesità è risultata uno dei principali fattori che contribuiscono alle morti per Covid-19. Lo aveva rivelato proprio la World Obesity Federation nel 2021: Paesi come il Regno Unito, gli Stati Uniti e l’Italia, dove più del 50% degli adulti è in sovrappeso, avevano le più alte percentuali di decessi legati al coronavirus. Secondo i dati dell’Oms, in Italia il 46% degli adulti è in sovrappeso, mentre 1 persona su 10 è obesa. La condizione colpisce di più i bambini, con 4 su 10 “fuori misura”.

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