Diritti

Nausea e vomito in gravidanza: ecco la causa

Il responsabile dell’iperemesi gravidica sarebbe un singolo ormone, chiamato Gdf15. A dirlo è lo studio di Nature, che potrebbe cambiare il modo in cui viene trattato questo disturbo, grave nel 2% dei casi
Credit: 1 / 1SHVETS production
Tempo di lettura 5 min lettura
1 gennaio 2024 Aggiornato alle 17:00

Più di due terzi delle donne in gravidanza soffrono di nausea e vomito durante i primi 3 mesi: come evidenziano gli esperti, si tratta della principale causa di ricovero ospedaliero nelle prime fasi della gestazione. Circa il 2% delle donne viene ricoverato in ospedale per “iperemesi gravidica”, condizione che può condurre a malnutrizione, perdita di peso e disidratazione. Oltre a questo, in casi rari può accentuare il rischio di parto pretermine, pre-eclampsia e coaguli di sangue, mettendo in pericolo la vita della madre e del feto. Questi sintomi sono stati spesso associati a fattori psicologici, senza tenere in considerazione le eventuali problematiche biologiche. Ma la scienza sta facendo passi avanti e dopo anni di ricerche è stata individuata la causa clinica.

A confermarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Nature, che mette in luce come la nausea e il vomito durante questo periodo sono causati principalmente da un singolo ormone, chiamato Gdf15. Ricercatori e ricercatrici hanno rilevato che la quantità di ormone circolante nel sangue di una donna durante questo periodo – così come anche l’esposizione a esso prima della gravidanza – determina la gravità dei suoi sintomi. La scoperta potrebbe portare a migliorare il trattamento della nausea, delle conseguenze dell’iperemesi e dei casi rari e potenzialmente letali.

Una condizione ancora sottovalutata

Sono molte le donne incinte che sperimentano questi sintomi. Come Marlena Fejzo, genetista presso la Keck School of Medicine della University of Southern California e co- autrice dello studio riportato su Nature. Come ha raccontato al New York Times, durante la sua seconda gravidanza non poteva né mangiare né bere senza vomitare. Fejzo ha perso rapidamente peso, diventando troppo debole per stare in piedi o camminare. Il suo medico le aveva fatto intendere che stesse esagerando i suoi sintomi per attirare l’attenzione. Dopo essere stata ricoverata in ospedale, ha abortito alla 15a settimana. «Sto lavorando su questo da 20 anni, ma ci sono ancora segnalazioni di donne maltrattate e che muoiono a causa di questo», ha specificato la Dottoressa.

Fejzo ha detto di aver chiesto al National Institutes of Health di finanziare uno studio genetico sull’iperemesi, che fu rifiutato. Continuando le sue ricerche, ha convinto la società di test genetici 23andMe a includere domande sull’iperemesi nei sondaggi condotti su decine di migliaia di clienti. Nel 2018, quindi, ha pubblicato un articolo in cui mostrava che chi soffriva di questa patologia tendenzialmente aveva una variante del gene legato a Gdf15.

Come riporta il New York Times, secondo la genetista della University Of Exeter (non coinvolta nello studio) Rachel Freathy, la scoperta aiuterà ad aumentare il riconoscimento legato alla sofferenza in gravidanza: «Molte persone credono che le donne dovrebbero essere in grado di affrontare il disagio». Ma con questa spiegazione biologica «si diffonderà la convinzione che si tratti di una condizione reale e non presente soltanto nella loro mente».

Il collegamento tra iperemesi e Gdf15

Gdf15 è un ormone che viene rilasciato da molti tessuti in risposta allo stress, come un’infezione, e i suoi recettori sono raggruppati in una parte del cervello responsabile della sensazione di malessere. Fejzo e le collaboratrici e i collaboratori della University of Cambridge lo hanno rilevato e misurato nel sangue delle donne incinte e hanno analizzato i fattori di rischio genetici, scoprendo che quelle che soffrivano di iperemesi avevano livelli di Gdf15 più alti durante la gravidanza rispetto a quelle che non avevano sintomi.

Si è scoperto, inoltre, che l’effetto dell’ormone dipende dall’esposizione a esso anche prima dello sviluppo del feto. Per esempio, le donne dello Sri Lanka affette da una rara malattia del sangue – che causa livelli cronicamente elevati di Gdf15 – raramente sperimentano nausea o vomito. Stephen O’Rahilly, un endocrinologo dell’Università di Cambridge che ha guidato la ricerca, ha ipotizzato che l’esposizione prolungata al Gdf15 prima della gestazione potrebbe avere un effetto protettivo, rendendo le pazienti meno sensibili al forte aumento della concentrazione dell’ormone.

Trattare i sintomi dell’iperemesi

Dare un nome a una condizione clinica è già un passo che aiuta a evitare la minimizzazione dei sintomi che sperimentano le donne in gravidanza, e si sta già studiando per un eventuale trattamento dell’iperemesi. Secondo gli esperti, se gli studi clinici dovessero trovare farmaci sicuri da prendere in gravidanza chi soffre di iperemesi potrebbe assumere medicinali per bloccare gli effetti dell’ormone (al momento testati in sperimentazioni su persone affette da cancro con perdita di appetito e vomito causati anche da Gdf15).

Potrebbe anche essere possibile prevenire la condizione, esponendo le donne a rischio a basse dosi dell’ormone prima di rimanere incinte: un farmaco per il diabete, la metformina, a esempio, aumenta i livelli di Gdf15 ed è già prescritto per favorire la fertilità in alcuni pazienti.

Leggi anche
Maternità
di Chiara Manetti 3 min lettura