Futuro

Arriva Brainoware, il mini cervello che risolve complesse operazioni e riconosce la tua voce

Un gruppo di scienziati dell’University of Bloomington (Indiana) è riuscito a fondere cellule neuronali a un chip elettronico dando vita a un potente mini-computer
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19 dicembre 2023 Aggiornato alle 08:00

È un mini cervello umano, una potente macchina ibrida nata grazie a un mix tra cellule neuronali, assemblate in un organoide coltivato in laboratorio, e un chip elettronico.

Un mini-computer che, con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, riesce a risolvere problemi informatici, calcoli matematici e persino riconoscere la voce.

Il suo nome è Brainoware.

La fusione di un chip elettronico con un cervello in miniatura ottenuto da neuroni umani è un grande passo avanti nell’ambito tecnologico. Una incredibile scoperta nata grazie al lavoro di alcuni ricercatori e ricercatrici americane dell’University of Bloomington nell’Indiana.

Già da qualche anno a questa parte si stanno iniziando a sviluppare sofisticati sistemi informatici neuromorfici, ovvero sistemi che cercano di imitare il funzionamento del nostro cervello, che vanta tra l’altro di un consumo di energie più basso rispetto ai classici computer elettronici. E i passi avanti nell’ambito sono notevoli.

Ma questa volta, il gruppo di ricerca che ha realizzato il progetto, guidato da Feng Guo, professore associato di ingegneria dei sistemi intelligenti all’University of Bloomington, è andato oltre, raggiungendo un importante traguardo per lo sviluppo della bioinformatica e della comprensione dei meccanismi del cervello umano. I risultati della ricerca sono stati pubblicati rivista Nature Electronics.

La struttura di Brainoware è composta da tre componenti principali: uno strato di input (in cui vengono inserite le informazioni), un organoide sviluppato in vitro utilizzando cellule staminali per imitare le strutture e le funzioni del cervello, e uno strato di output, dal quale il mini-computer risponde e diffonde le informazioni.

Per l’addestramento del sistema sono state effettuate diverse operazioni. Prima di tutto è stato sottoposto a complessi calcoli matematici, in seguito, per quanto riguarda il riconoscimento vocale (uno dei suoi punti di forza), è stato addestrato attraverso 240 clip audio pronunciate da otto parlanti giapponesi. Man mano che il sistema veniva addestrato, la sua accuratezza è passata dal 51% a circa il 78%.

«Potrebbero volerci decenni prima di poter realizzare sistemi generali di bioinformatica, ma  -  afferma Lena Smirnova, professoressa al dipartimento di Salute ambientale e ingegneria dell’University Johns Hopkins a Baltimora  -  questa ricerca genererà intuizioni fondamentali sui meccanismi di apprendimento, sullo sviluppo neurale e sulle implicazioni cognitive delle malattie neurodegenerative».

Utilizzare parti del cervello umano connesse a hardware elettronici per addestrare l’intelligenza artificiale è una tecnica sempre più in evoluzione e il cervello umano, con la sua complessa rete di cellule, ispira sempre più ricercatori e scienziati a realizzare complessi sistemi neuromorfici. Ma bisogna fare attenzione anche alle implicazioni etiche della pratica.

I dubbi principali riguardano il trattamento dei grumi di cellule umane coltivate in laboratorio. E proprio per questo motivo, gli autori della ricerca lavorano fianco a fianco con eticisti esperti per un approccio quanto più possibile etico al progetto. Anche i cittadini valuteranno le implicazioni etiche del progetto e le loro opinioni saranno molto utili ai ricercatori.

Il cervello umano rimane nettamente superiore nell’elaborazione dei calcoli, nella velocità con cui vengono intraprese decisioni logiche e nelle cognizioni. Basti pensare al fatto che il cervello abbia circa 100 miliardi di neuroni, con svariati punti di connessione tra loro. Ma i biocomputer potrebbero fare concorrenza ai supercomputer attuali e, in futuro, potrebbero anche sostituirli.

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