Diritti

Il Natale è razzista?

Un provocazione lanciata da un politico canadese ha aperto il dibattito sull’intolleranza religiosa e sulle festività che si tramutano in ferie solo se appartenenti alla religione cristiana
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
24 dicembre 2023 Aggiornato alle 15:00

Il Natale può essere molte cose. Magico, solitario, festoso, caloroso, indifferente, tossico, solidale, inquinante… dipende da chi (e da come) lo vive. Una polemica canadese, però, apre un altro interrogativo: «Sig. Speaker, secondo il Primo Ministro, il Natale è razzista?». A porre la domanda è stato il leader del Bloc Quebecois Yves-Francois Blanchet durante un question time alla House of Commons.

«Sono molto felice di alzarmi e provare a rispondere a una domanda totalmente ridicola. Ovviamente il Natale non è razzista», ha risposto il Premier Justin Trudeau.

La domanda, però, non è emersa dal nulla, così come il dibattito che ha accompagnato questo scambio di battute fuori dall’aula parlamentare. Galeotto è stato un documento pubblicato dalla Canadian Human Rights Commission (Chrc) sull’intolleranza religiosa il 23 ottobre di quest’anno. Nel testo la Chrc spiegava che ”la discriminazione contro le minoranze religiose in Canada è radicata nella storia del colonialismo canadese”, sottolineando come Natale e Pasqua, entrambe festività cristiane, siano le uniche due festività religiose previste per legge nel Paese. “Di conseguenza, i non cristiani potrebbero dover richiedere sistemazioni speciali per osservare i loro giorni festivi e altri periodi dell’anno in cui la loro religione richiede loro di astenersi dal lavoro”.

Una constatazione che ha causato un’alzata di scudi e che ha visto tutti i partiti politici schierarsi uniti: a fine novembre l’Assemblea Nazionale ha approvato una mozione in difesa del Natale, seguita pochi giorni dopo dalla House of Commons.

“Certo che il Natale non è razzista, non abbiamo mai detto che lo fosse” è stata la risposta della Chrc. “Per essere chiari, la Commissione non ha rilasciato alcuna dichiarazione né presa di posizione sul Natale o su qualsiasi altra festività religiosa. […] Il Natale è una tradizione importante e secolare in Canada. È sia spiritualmente che culturalmente significativo per milioni di persone in questo Paese, cristiani e non cristiani. La questione non è mai stata l’importanza del Natale ma piuttosto il semplice fatto che, proprio come il Natale è profondamente importante per molti di noi, ci sono anche molti di noi che la pensano allo stesso modo riguardo alle celebrazioni religiose di altre tradizioni. Il Canada dovrebbe essere un Paese che invita tutti a unirsi alle tradizioni che celebriamo da tempo, lasciando spazio a quelle nuove. Questo non è un gioco a somma zero. Queste nuove tradizioni non vanno a scapito di quelle più antiche. Invece, arricchiscono la società canadese”.

Ammettere l’intolleranza religiosa, per comprenderla e combatterla e diventare una società più inclusiva. Questo era lo scopo del paper. “In Canada, se pratichi una religione diversa dal cristianesimo, osservare una festività religiosa potrebbe significare dover prenderti un giorno libero dal lavoro, ammesso che il tuo datore di lavoro ti dia il permesso di farlo. In alcuni casi, potresti dover scegliere tra partecipare a un importante evento lavorativo o osservare un’importante festività religiosa. Ciò ha un effetto reale sulla vita delle persone che potrebbe non essere visibile a coloro che hanno già un giorno libero per osservare le loro tradizioni. Apportare questo tipo di cambiamenti richiede consapevolezza e discussione perché le barriere che le persone devono affrontare molto spesso non sono intenzionali, né dannose. Sono integrati direttamente nella nostra società e nei nostri sistemi. Quando gli standard e i sistemi sociali non ci creano ostacoli, può essere difficile realizzarli. Ecco perché è necessario discuterne”.

Quella canadese è una polemica – creata ad arte e alimentata distorcendo il messaggio del documento – arrivata fino ai massimi livelli delle istituzioni, spingendo addirittura il Parlamento e il Primo Ministro a prendere posizione. Non è un caso unico, però, ma l’ultimo di una lunga serie che riguarda Paesi a tutte le latitudini. Non solo le infinite discussioni italiane sul Presepe e l’albero di Natale e le accuse di lesa maestà a chi prova a rendere le feste più inclusive per tutti - l’ultima in ordine di tempo è Istituto universitario europeo di Fiesole che avrebbe voluto utilizzare il termine “Festa d’Inverno” - ma anche quelle europee, sempre legate alla volontà di adattare le tradizioni perché accolgano tutti, come quelle che hanno spinto la Commissione Europea a ritirare un documento con delle linee guida per comunicazioni più inclusive durante il periodo delle Feste. Quello sul Natale è un dibattito senza fine.

Il cuore del discorso, però, è più ampio, e lo spiega in maniera cristallina la Chrc: “Alla fine non si tratta di Natale. Si tratta di garantire che tutti in Canada possano praticare la propria religione con la stessa uguaglianza, dignità e rispetto degli altri”.

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