Ambiente

Asvis: l’Italia è sempre più diseguale e lontana dall’Agenda 2030

Le disuguaglianze nella Penisola continuano ad acuirsi. E dal 2010 non ci sono miglioramenti rispetto agli obiettivi dell’Agenda Onu. Ti raccontiamo i dati pubblicati nel nuovo Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Credit: Aurelien Romain  

Tempo di lettura 4 min lettura
15 dicembre 2023 Aggiornato alle 09:00

Nei territori italiani continua ad aumentare ogni tipo di disuguaglianza - economica, ambientale, culturale - e c’è solo una cosa che li unisce: tutti loro, addirittura dal 2010 a oggi, non hanno fatto registrare significativi passi in avanti nella direzione dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) dell’Agenda 2030 Onu per lo sviluppo sostenibile.

In questo primato negativo il Paese è davvero omogeneo, dal Nord al Sud passando per il Centro.

Lo dicono i dati del quarto Rapporto sui Territori realizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (Asvis), grazie anche al contributo di Federcasse.

Il documento è appena stato presentato a Roma presso il Consiglio nazionale del lavoro (Cnel).

Solo per due obiettivi, ovvero la salute e l’economia circolare, si registra un miglioramento generalizzato, mentre peggiorano le condizioni di quasi tutte le Regioni per ben quattro obiettivi: povertà, qualità degli ecosistemi terrestri, risorse idriche e istituzioni.

Il Rapporto Territori è molto interessante anche perché illustra cosa è successo in Regioni, Città Metropolitane, Province Autonome e non nella prima metà del percorso trascorso dalla firma dell’Agenda 2030 nel 2015.

Rappresentano un’eccezione positiva la Valle d’Aosta e la Toscana, mentre tra chi mostra le peggiori performance si segnalano il Molise e la Basilicata, che presentano arretramenti rispetto al 2010 per ben sei Obiettivi.

Il presidente dell’Asvis Pierluigi Stefanini ha affermato: «In base alla dichiarazione politica approvata al Summit dell’Onu del 18-19 settembre dedicato allo stato dell’Agenda 2030, il Governo italiano deve predisporre urgentemente un Piano nazionale di accelerazione in grado di migliorare decisamente i risultati, molto insoddisfacenti, conseguiti finora dall’Italia, anche per contrastare l’aumento delle disuguaglianze territoriali che il Rapporto evidenzia.

Per questo, l’Asvis propone di definire il Piano entro marzo 2024, in modo da poter influenzare la predisposizione del prossimo Documento di Economia e Finanza. Su questi argomenti portiamo all’attenzione delle forze politiche numerose proposte».

I numeri del documento mettono nero su bianco alcune debolezze della Penisola. a esempio ammontano a oltre 621.000 le frane censite sul territorio italiano, il 66% di quelle complessivamente rilevate in Europa, mentre gli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante sono 970, molti dei quali si trovano in zone sismiche e di fragilità idrogeologica.

Inoltre esiste un pericolo di arretramento culturale: in 12 territori si sta riducendo il numero di laureati; così si allontana il traguardo della quota del 50% della popolazione tra i 30 e i 34 anni.

Tra i rischi poi c’è quello di finire sommersi dai rifiuti, in aumento in 15 territori senza alcun miglioramento riscontrato. Infine non mancano i rischi istituzionali: in 12 territori su 21 la durata dei processi sta crescendo, quando invece dovrebbe diminuire fino al 40% per quanto concerne i procedimenti civili.

«L’attenzione ai rischi naturali e antropici deve diventare centrale nel disegno delle politiche e l’allocazione degli investimenti, a ogni livello, dando coerenza alle decisioni prese su scala nazionale e a quelle degli enti territoriali», ha affermato il direttore scientifico dell’Asvis Enrico Giovannini, «La politica di coesione va reimpostata con l’obiettivo di ridurre drasticamente i divari del Mezzogiorno e raggiungere chiari traguardi al 2030, utilizzando l’Agenda 2030 come riferimento comune. La scelta del Governo di unificare la programmazione del Pnrr e quella dei fondi europei e nazionali del ciclo 2021-2027 va nella giusta direzione ma deve assumere in modo esplicito, come quadro di riferimento, le Strategie nazionale e regionali per lo sviluppo sostenibile elaborate in questi anni dalle Regioni, anche con l’assistenza dell’Asvis, e superare i suoi tre limiti atavici e ben noti: la mancanza di complementarità con le politiche ordinarie, la polverizzazione degli interventi e la cattiva qualità delle strutture di governo nazionali e regionali».

La conclusione del report è che occorre intervenire con urgenza per ridurre i danni dovuti al cambiamento climatico, rivedere in profondità la politica di coesione e dare coerenza agli interventi per le città, le aree interne e la montagna, utilizzando proprio l’Agenda 2030 come orizzonte collettivo per tutte le politiche pubbliche.

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