Futuro

Intelligenza artificiale: come sarà il lavoro del futuro?

Secondo uno studio predittivo di ManpowerGroup-EY-Sanoma, entro il 2030 l’AI trasformerà il 75% degli impieghi e cresceranno green jobs e professioni legate a tecnologie informatica, cure e servizi per la persona
Credit: Igor Omilaev  

Tempo di lettura 8 min lettura
11 dicembre 2023 Aggiornato alle 07:00

Come cambierà il mercato del lavoro nel prossimo decennio con l’intelligenza artificiale?

Nel complesso, la domanda di lavoro in Italia rimarrà in crescita: aumenterà sempre più la domanda di professioni tecniche e ad alta qualifica, non solamente legate all’informatica e alla tecnologia, ma anche alla cura e ai servizi legati alle persone, incluso l’orientamento, la formazione e l’inserimento socio-lavorativo, mentre calerà la domanda per i gruppi professionali a qualifica più bassa, per le professioni qualificate e quelle imprenditoriali collegate ai settori a bassa crescita.

Sono solo alcuni dei risultati emersi nella nuova edizione dello studio predittivo “Il futuro delle competenze nell’era dell’intelligenza artificiale”, realizzato da EY, l’organizzazione globale leader nei servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, assistenza fiscale e legale, transaction e consulenza, ManpowerGroup, multinazionale leader mondiale nelle innovative workforce solutions che realizza e offre soluzioni strategiche per la gestione delle risorse umane, e Sanoma Italia, l’azienda finlandese tra i leader mondiali nel settore education e dell’editoria scolastica.

Lo studio, realizzato grazie a tecniche di intelligenza artificiale e algoritmi di machine learning, nasce con l’idea di ricostruire un modello di quella che sarà, nel prossimo futuro e grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale, la domanda di professioni e competenze in Italia entro il 2030, per fornire a decisori pubblici, aziende e operatori dell’istruzione e della formazione gli strumenti utili a mettere in campo i giusti investimenti per affrontare al meglio opportunità e rischi che si presenteranno entro la fine del decennio.

«Il mondo del lavoro continua a cambiare in modo ancora più veloce rispetto agli scorsi anni – commenta Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup Italia. Così come è necessario intensificare le azioni di upskilling e reskilling a breve termine, anche attraverso gli strumenti e i fondi a disposizione, per fornire le competenze per le migliaia di posizioni vacanti per raggiungere gli obiettivi del Pnrr, allo stesso modo è fondamentale che il nostro Paese non si faccia trovare impreparato per i cambiamenti che ancora ci aspettano a medio e lungo termine, come anticipa lo Studio Predittivo sul Futuro delle competenze nell’era dell’intelligenza artificiale. È adesso che bisogna agire insieme al sistema formativo, per avviare percorsi che vadano incontro a questi cambiamenti. Con questo studio vogliamo dare uno strumento alle organizzazioni, agli enti di formazione e ai decisori pubblici per intervenire sul mercato del lavoro italiano con una prospettiva di lungo periodo fino al prossimo decennio».

Stando ai risultati emersi dallo studio, nei prossimi anni cambieranno gli “skillset”, cioè tutte quelle conoscenze e competenze che saranno richieste ai lavoratori: alle professioni tecniche sarà richiesto di aumentare la varietà di competenze possedute, anche non strettamente attinenti al proprio lavoro; viceversa, alle professioni ad alta specializzazione servirà approfondire sempre di più il proprio settore di competenze. È prevista, inoltre, una domanda trasversale di competenze sulla sostenibilità su cui dovrà formarsi oltre il 60% dell’attuale forza lavoro.

I lavoratori del futuro dovranno necessariamente acquisire le cosiddette green skills, quel bagaglio di conoscenze che consentirà alle aziende di migliorare il proprio impatto ambientale e raggiungere gli obiettivi Esg (Environmental, social, governance): oggi, sull’ambito della sostenibilità, il 94% delle organizzazioni globali ammette di non avere tutti i professionisti necessari allo scopo, ma il 70% si sta già muovendo per assumerli. Questo significa che, nel prossimo futuro, ci sarà una crescita dei cosiddetti green jobs, cioè quei lavori che richiedono competenze specifiche nei diversi settori della sostenibilità e la padronanza di un’ampia varietà di “green skills” specializzate.

Tra le professioni verdi del futuro spiccano sia figure tecniche (ingegneri di fonti di energia rinnovabili e della mobilità elettrica) che manager (chief sustainability officer e manager dei rischi ambientali). Solo in Italia sono già migliaia le posizioni aperte per questi profili e stanno nascendo i primi corsi di laurea specializzati nel settore.

Purtroppo, però, mentre gli skillset delle professioni sono dinamici e cambieranno velocemente, i percorsi e i piani di studio delle università sono ancora indietro continuano ad adattarsi con molta lentezza ai cambiamenti: questo si traduce in un mismatch in uscita dai percorsi universitari italiani. Cosa significa? Che esiste un disallineamento tra i tempi di cambiamento delle esigenze del mercato del lavoro e i tempi di risposta del sistema universitario che, nel prossimo decennio, crescerà in modo significativo se non si interverrà rapidamente.

Uno studio predittivo, però, si sviluppa con l’obiettivo di prevedere i cambiamenti futuri e, quindi, di trovare una soluzione ai problemi che si possono riscontrare.

Così, ci si è interrogati su una soluzione al mismatch università/lavoro e, inevitabilmente, si è arrivati alla conclusione che l’unico possibile rimedio è dato dalla formazione che, in prospettiva, costituirà una risorsa sempre più preziosa ed efficace anche grazie alle potenzialità offerte dall’AI ad aziende ed enti di formazione.

Utilizzando l’AI nei processi d’apprendimento sarà, infatti, più semplice e rapido allineare le offerte dei sistemi di istruzione alle trasformazioni costanti del mercato del lavoro: l’intelligenza artificiale aiuterà a rendere i corsi e i programmi di formazione più accessibili a lavoratori e aziende e avrà un ruolo cruciale anche nell’insegnamento delle scuole e dell’università, andando a potenziale le formule di insegnamento tradizionali.

Un ruolo fondamentale lo svolgerà l’orientamento già nelle scuole secondarie, impostato in modo da consentire a studenti e famiglie di focalizzarsi sull’acquisizione di competenze e di riconoscere quali percorsi formativi e quali scelte professionali offrono maggiori opportunità di successo.

Come sottolinea Mario Mariani di Sanoma Italia: «Lo studio mette bene in luce come, per formare giovani in grado di inserirsi positivamente nel mondo del lavoro, la scuola giochi un ruolo essenziale, sotto diversi aspetti: da un lato, fornendo le skills sociali, cognitive ed emotive – tra cui resilienza, imparare a imparare, capacità di problem solving, pensiero critico – che permetteranno loro di entrare e di adattarsi a un mercato del lavoro in continua e veloce trasformazione. Anche la formazione di competenze legate al digitale e all’intelligenza artificiale sarà molto importante. Un altro obiettivo di grande rilievo è aiutare i giovani a individuare il percorso professionale migliore per ognuno di loro: per questo l’orientamento è diventato centrale nel percorso formativo. In questo quadro crediamo che il nostro compito, come casa editrice education, sia quello di creare una connessione tra il mondo del lavoro e la scuola, supportando docenti e dirigenti scolastici, con strumenti tangibili, per aiutarli a fornire la migliore formazione a studentesse e studenti».

Se l’intelligenza artificiale sarà una preziosa risorsa nel campo della formazione dei lavoratori del futuro, che ruolo avrà, invece, nel mondo del lavoro? Cambierà le dinamiche del mercato lavorativo? Il suo impiego avrà risvolti negativi o positivi?

Secondo i risultati emersi dallo studio “Il futuro delle competenze nell’era dell’intelligenza artificiale”, con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in Italia, la domanda di lavoro aumenterà in 9 settori di attività su 23: tra questi alcuni settori tecnologicamente maturi (telecomunicazioni, public utilities, chimica), ma anche settori legati alla trasformazione dei servizi e delle competenze (servizi di cura, servizi di educazione, formazione e lavoro).

Tra quelli in cui si prevede che la domanda di lavoro aggregata diminuirà, si trovano settori come banche e assicurazioni, che hanno da tempo intrapreso un percorso di ristrutturazione legato all’uso delle tecnologie dei dati.

«I risultati emersi dallo studio confermano come, in generale, la domanda di lavoro si sposterà sempre di più verso profili a qualifica alta e molto alta, in molti casi con skillset ibridi tecnologici e di settore, a esempio nella ricerca e sviluppo, nel marketing, nell’ambito della sostenibilità energetica», ha dichiarato Donato Ferri, EY EuropeWest Consulting Managin Partner.

«Prevediamo che nel prossimo decennio i profili la cui domanda registrerà una maggior crescita sono sì legati alla pervasività della tecnologia, ma anche alla progettazione di nuovi modelli di lavoro e di collaborazione tra le persone. Non soltanto la relazione tra “uomo-macchina” evolverà strutturalmente, ma vedremo nuove forme di lavoro a distanza e diverse opportunità di collaborazione nelle catene del valore e tra ecosistemi interconnessi. In definitiva, la cosiddetta sfida dello “human-in-the-loop” richiede che dovranno essere sempre gli umani a governare lo schema di gioco e, ancora più importante, a definire gli orizzonti di significato del valore del lavoro».

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