La violenza è invisibile, se non sai riconoscerla
All’indomani di ogni caso di femminicidio o violenza maschile contro le donne percepita con un certo grado di “gravità”, si riapre un dibattito pubblico circa la gerarchizzazione della violenza stessa.
E se è pacifico che, a esempio, violenza sessuale e femminicidio, si trovino all’apice della cosiddetta “piramide della violenza”, non dobbiamo dimenticare che la base su cui si costruisce l’interiorizzazione di stereotipi e pregiudizi si fonda su credenze e attitudini introiettate.
In questo senso, riducendo, senza la normalizzazione del linguaggio sessista, della rappresentazione falsata o oggettificata e di tutte le forme di controllo che un genere attua sull’altro o che lo stesso genere femminile si autoimpone per interiorizzazione, lo stesso apice non avrebbe possibilità di esistere.
E se il riconoscimento della violenza passa quasi per esteso dai segni visibili che essa lascia e che inconsapevolmente reputiamo garanzia della violenza stessa, non possiamo però prescindere dalla comprensione di tutti quei passaggi - incredibilmente sottovalutati - che portano alla violenza più estrema e spesso senza ritorno.
Dobbiamo quindi aprire lo sguardo ed essere consapevoli come società che il rapporto tra i generi si fonda sul concetto di dominio, che ha sempre teso a relegare le donne in una posizione di subalternità e di silenzio e spesso, quindi, di non riconoscimento e verbalizzazione. Perché parlare di certi temi risulta un tabù.
Ecco perché la violenza di genere assume molto più spesso il carattere dell’invisibilità: invisibile perché si consuma all’interno del privato dei rapporti familiari e affettivi, perché non sempre se ne riconoscono i contorni e i contenuti, invisibile anche perché la comunicazione e l’informazione mediatica generano spesso ambiguità, pregiudizi, stereotipi che danno luogo a percezioni distorte e a sovrapposizioni di significato.
La violenza di genere comprende ogni forma di violenza psicologica, fisica, economica, sessuale e di persecuzione attuata, tentata o minacciata da un uomo nei confronti di una donna, che comporta o meno un danno fisico e che spesso è agita all’interno di una relazione intima, presente o anche passata. È un fenomeno che riguarda trasversalmente classi, famiglie, generazioni, gruppi etnici e che incide direttamente sul benessere fisico e psichico delle donne e indirettamente si ripercuote anche sul benessere sociale e culturale di tutta la popolazione.
La difficoltà del suo contrasto, quindi, attiene alla sua localizzazione, perché si annida negli interstizi della società, spesso sfuggenti e insospettabili, manifestandosi per lo più silenziosamente nella vita quotidiana e riuscendo a rappresentarsi come un evento accidentale persino nella percezione delle stesse vittime.
Un ruolo fondamentale lo giocano i cosiddetti by-stander, coloro cioè che assistono alle forme più nascoste di violenza, spesso non riconoscendole o agendo indifferenza verso le stesse.
Per questo, ognuno e ognuna di noi può fare qualcosa nel riconoscere e fermare attitudini o comportamenti che spesso non si concludono in crimini efferati ma che sono comunque violenza.
Una delle forme più subdole e difficili da riconoscere è il controllo economico, da poco percepito come vera e propria violenza a causa di comportamenti che ancora risultano culturalmente giustificati, normalizzati e accettati. Esempi concreti di violenza economica sono, a esempio, la gestione esclusiva sul conto corrente bancario cointestato, riconoscere al partner un compenso periodico rispetto al quale la vittima è tenuta a fornire rendiconti dettagliati delle spese o ancora, negare a una donna di disporre di una propria carta di credito o bancomat.
In Italia oltre un terzo delle donne non è titolare di un conto corrente personale. È una condizione che rischia di impedirne l’empowerment, che fa sì che, in alcuni casi, le donne vivano di una sudditanza nei confronti dei mariti o dei compagni (i breadwinner, ossia coloro che portano il denaro a casa) e perfino che diventino vittime di violenza psicologica e fisica. Ma la violenza economica non colpisce solo le donne nella fascia di reddito medio-basso: è un fenomeno che si verifica anche a livelli socioeconomici più elevati; ne sono vittime, allo stesso modo, casalinghe e professioniste e riguarda una fascia d’età compresa principalmente tra i 40 e i 60 anni.
Il dato, quindi, è allarmante. In un gruppo di tre amiche, una non ha un conto corrente personale. In un gruppo di tre amici, uno impedisce alla compagna\moglie di essere indipendente a livello economico e, di fatto, di autodeterminarsi. Eventualmente, di lasciare la casa coniugale, in caso di forme di abuso più gravi.
È importante soffermarsi sul rovesciamento del punto di vista perché ci permette di comprendere come la violenza sia agita intorno a noi o, magari, che siamo noi stessi ad attuare dei comportamenti abusanti.
E se, come detto, il contesto culturale e le norme sociali sono cruciali per riconoscere la violenza, essi non possono rimanere concetti astratti, a cui appellarsi e in qualche modo autoassolversi, perché l’instabilità e l’insicurezza economica sono questioni di genere alla pari di altre forme di discriminazione, come la distribuzione iniqua dei lavori di cura, la svalutazione sistematica delle donne nel mercato del lavoro e l’educazione finanziaria stereotipata che viene impartita in famiglia.
Mi piacerebbe quindi portare alla luce una riflessione condivisa, per tutti e tutte, a partire da semplici domande che possiamo farci per riconoscere la violenza invisibile, che spesso rimane tale e purtroppo incoraggia o esacerba forme di abuso più riconoscibili.
- Tu e la tua partner avete un dialogo aperto sulle entrate in famiglia?
- Se non è così, sapresti dire perché?
- Pensi che sia meglio che sia un uomo a gestire il patrimonio famigliare?
- Qualcuno di voi non è d’accordo sull’avere un conto o risparmi personali?
- Hai mai ricevuto la richiesta di non lavorare perché è l’altro partner che si occupa delle entrate famigliari?
- Uno dei partner si occupa di fornire all’altro un importo settimanale\mensile per le spese di casa?
Tutti questi comportamenti hanno a che fare con il controllo economico. In un gruppo di tre amici\amiche probabilmente qualcuno o qualcuna sta vivendo questa situazione. Possiamo parlarne, sia se lo subiamo sia se lo agiamo, senza avere timore di intromettersi in questioni private. La violenza non è mai una questione privata, è un problema sistemico e diffuso e anche solo riconoscendone i segnali possiamo prevenirla.
Apriamo il dialogo con gli altri uomini delle nostre cerchie sociali, consigliamo l’amica che forse non sa ancora di essere controllata.
Non ha a che fare con la coppia, ha a che fare con tutti e tutte noi e possiamo sempre fare qualcosa, dipende solo se vogliamo farlo o no.