Diritti

La violenza è invisibile, se non sai riconoscerla

Il femminicidio è solo il capitolo finale di un tessuto di violenza che non è sempre facile riconoscere perché vive in molteplici forme. Una delle meno evidenti, ma più significative, è la violenza economica
Credit: Tide_trasher_x 
Ella Marciello
Ella Marciello direttrice comunicazione
Tempo di lettura 6 min lettura
25 novembre 2023 Aggiornato alle 06:30

All’indomani di ogni caso di femminicidio o violenza maschile contro le donne percepita con un certo grado di “gravità”, si riapre un dibattito pubblico circa la gerarchizzazione della violenza stessa.

E se è pacifico che, a esempio, violenza sessuale e femminicidio, si trovino all’apice della cosiddetta “piramide della violenza”, non dobbiamo dimenticare che la base su cui si costruisce l’interiorizzazione di stereotipi e pregiudizi si fonda su credenze e attitudini introiettate.

In questo senso, riducendo, senza la normalizzazione del linguaggio sessista, della rappresentazione falsata o oggettificata e di tutte le forme di controllo che un genere attua sull’altro o che lo stesso genere femminile si autoimpone per interiorizzazione, lo stesso apice non avrebbe possibilità di esistere.

E se il riconoscimento della violenza passa quasi per esteso dai segni visibili che essa lascia e che inconsapevolmente reputiamo garanzia della violenza stessa, non possiamo però prescindere dalla comprensione di tutti quei passaggi - incredibilmente sottovalutati - che portano alla violenza più estrema e spesso senza ritorno.

Dobbiamo quindi aprire lo sguardo ed essere consapevoli come società che il rapporto tra i generi si fonda sul concetto di dominio, che ha sempre teso a relegare le donne in una posizione di subalternità e di silenzio e spesso, quindi, di non riconoscimento e verbalizzazione. Perché parlare di certi temi risulta un tabù.

Ecco perché la violenza di genere assume molto più spesso il carattere dell’invisibilità: invisibile perché si consuma all’interno del privato dei rapporti familiari e affettivi, perché non sempre se ne riconoscono i contorni e i contenuti, invisibile anche perché la comunicazione e l’informazione mediatica generano spesso ambiguità, pregiudizi, stereotipi che danno luogo a percezioni distorte e a sovrapposizioni di significato.

La violenza di genere comprende ogni forma di violenza psicologica, fisica, economica, sessuale e di persecuzione attuata, tentata o minacciata da un uomo nei confronti di una donna, che comporta o meno un danno fisico e che spesso è agita all’interno di una relazione intima, presente o anche passata. È un fenomeno che riguarda trasversalmente classi, famiglie, generazioni, gruppi etnici e che incide direttamente sul benessere fisico e psichico delle donne e indirettamente si ripercuote anche sul benessere sociale e culturale di tutta la popolazione.

La difficoltà del suo contrasto, quindi, attiene alla sua localizzazione, perché si annida negli interstizi della società, spesso sfuggenti e insospettabili, manifestandosi per lo più silenziosamente nella vita quotidiana e riuscendo a rappresentarsi come un evento accidentale persino nella percezione delle stesse vittime.

Un ruolo fondamentale lo giocano i cosiddetti by-stander, coloro cioè che assistono alle forme più nascoste di violenza, spesso non riconoscendole o agendo indifferenza verso le stesse.

Per questo, ognuno e ognuna di noi può fare qualcosa nel riconoscere e fermare attitudini o comportamenti che spesso non si concludono in crimini efferati ma che sono comunque violenza.

Una delle forme più subdole e difficili da riconoscere è il controllo economico, da poco percepito come vera e propria violenza a causa di comportamenti che ancora risultano culturalmente giustificati, normalizzati e accettati. Esempi concreti di violenza economica sono, a esempio, la gestione esclusiva sul conto corrente bancario cointestato, riconoscere al partner un compenso periodico rispetto al quale la vittima è tenuta a fornire rendiconti dettagliati delle spese o ancora, negare a una donna di disporre di una propria carta di credito o bancomat.

In Italia oltre un terzo delle donne non è titolare di un conto corrente personale. È una condizione che rischia di impedirne l’empowerment, che fa sì che, in alcuni casi, le donne vivano di una sudditanza nei confronti dei mariti o dei compagni (i breadwinner, ossia coloro che portano il denaro a casa) e perfino che diventino vittime di violenza psicologica e fisica. Ma la violenza economica non colpisce solo le donne nella fascia di reddito medio-basso: è un fenomeno che si verifica anche a livelli socioeconomici più elevati; ne sono vittime, allo stesso modo, casalinghe e professioniste e riguarda una fascia d’età compresa principalmente tra i 40 e i 60 anni.

Il dato, quindi, è allarmante. In un gruppo di tre amiche, una non ha un conto corrente personale. In un gruppo di tre amici, uno impedisce alla compagna\moglie di essere indipendente a livello economico e, di fatto, di autodeterminarsi. Eventualmente, di lasciare la casa coniugale, in caso di forme di abuso più gravi.

È importante soffermarsi sul rovesciamento del punto di vista perché ci permette di comprendere come la violenza sia agita intorno a noi o, magari, che siamo noi stessi ad attuare dei comportamenti abusanti.

E se, come detto, il contesto culturale e le norme sociali sono cruciali per riconoscere la violenza, essi non possono rimanere concetti astratti, a cui appellarsi e in qualche modo autoassolversi, perché l’instabilità e l’insicurezza economica sono questioni di genere alla pari di altre forme di discriminazione, come la distribuzione iniqua dei lavori di cura, la svalutazione sistematica delle donne nel mercato del lavoro e l’educazione finanziaria stereotipata che viene impartita in famiglia.

Mi piacerebbe quindi portare alla luce una riflessione condivisa, per tutti e tutte, a partire da semplici domande che possiamo farci per riconoscere la violenza invisibile, che spesso rimane tale e purtroppo incoraggia o esacerba forme di abuso più riconoscibili.

- Tu e la tua partner avete un dialogo aperto sulle entrate in famiglia?

- Se non è così, sapresti dire perché?

- Pensi che sia meglio che sia un uomo a gestire il patrimonio famigliare?

- Qualcuno di voi non è d’accordo sull’avere un conto o risparmi personali?

- Hai mai ricevuto la richiesta di non lavorare perché è l’altro partner che si occupa delle entrate famigliari?

- Uno dei partner si occupa di fornire all’altro un importo settimanale\mensile per le spese di casa?

Tutti questi comportamenti hanno a che fare con il controllo economico. In un gruppo di tre amici\amiche probabilmente qualcuno o qualcuna sta vivendo questa situazione. Possiamo parlarne, sia se lo subiamo sia se lo agiamo, senza avere timore di intromettersi in questioni private. La violenza non è mai una questione privata, è un problema sistemico e diffuso e anche solo riconoscendone i segnali possiamo prevenirla.

Apriamo il dialogo con gli altri uomini delle nostre cerchie sociali, consigliamo l’amica che forse non sa ancora di essere controllata.

Non ha a che fare con la coppia, ha a che fare con tutti e tutte noi e possiamo sempre fare qualcosa, dipende solo se vogliamo farlo o no.

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