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Violenza di genere: cosa prevede la direttiva europea?

Nel 2022 la Commissione Ue ha presentato una proposta per combattere e prevenire gli abusi contro le donne, approvata a giugno 2023 dal Parlamento; tuttavia, è ancora in fase di negoziazione
Credit: Tatiana Pavlova 
Tempo di lettura 6 min lettura
14 novembre 2023 Aggiornato alle 13:00

L’8 marzo 2022 la Commissione europea ha presentato al Consiglio e al Parlamento la proposta di una direttiva per il contrasto e la prevenzione della violenza contro le donne e la violenza domestica negli Stati dell’Unione.

A giugno di quest’anno il Parlamento europeo ha votato la proposta emendata, che è stata approvata con una maggioranza schiacciante di 71 voti favorevoli su 83. Un successo però oscurato dalla reazione negativa del Consiglio europeo, l’organo composto dai capi di Stato e di Governo dei Paesi membri che ha il compito di definire le priorità e gli indirizzi politici generali dell’Unione.

Che cosa prevede la proposta?

L’obiettivo della direttiva è offrire una cornice legislativa per consentire agli Stati membri di prevenire e combattere in modo efficace la violenza contro le donne e la violenza domestica, esplicitamente dichiarate come violazioni dei diritti fondamentali di libertà, sicurezza e non discriminazione.

Vediamo i punti essenziali, e più innovativi, della proposta

1. I comportamenti criminalizzati. La proposta iniziale della Commissione includeva tra i comportamenti da intendersi come criminali nel quadro legislativo europeo lo stupro, il femminicidio, le mutilazioni genitali femminili, l’aborto forzato, la condivisione non consensuale di contenuti intimi (anche se manipolati digitalmente), lo stalking, le molestie e la violenza (o il suo incitamento) online.

A queste il Parlamento ha voluto aggiungere: mutilazioni genitali su persone intersex, ovvero qualsiasi operazione chirurgica non vitale e non necessaria che abbia lo scopo di allineare i caratteri sessuali di una persona intersessuale alla nascita a quelli tipicamente considerati maschili o femminili; la sterilizzazione forzata; il matrimonio infantile e/o forzato; le molestie sul luogo di lavoro; l’invio non richiesto di materiale sessualmente esplicito; la violenza da parte del o della partner; lo sfruttamento sessuale; l’impedimento o il tentato impedimento all’interruzione volontaria di gravidanza.

2. Speciale supporto alle survivor e ai loro figli e figlie. Secondo la direttiva è fondamentale mettere a punto speciali misure di supporto per i bambini e le bambine che assistono a episodi di violenza contro le donne o violenza domestica, riconoscendo il trauma emotivo e psicologico che ne deriva. Gli Stati dovranno quindi rinforzare, aumentare e/o implementare adeguate strutture di supporto sia psicologico che medico per le survivor e per i figli e le figlie in modo che le reti di aiuto siano immediatamente accessibili e disponibili in caso di bisogno.

3. La definizione di stupro. La proposta adotta una definizione di stupro basata sul concetto di consenso, prendendo atto del fatto ormai sempre più evidente che “spesso in uno stupro non è coinvolta né la violenza né l’uso della forza”. Da questo punto di vista secondo la legge è da considerarsi stupro qualsiasi forma di penetrazione per la quale non è stato espresso esplicito consenso, inclusa quella tra partner o coniugi. Il consenso inoltre deve essere espresso nelle diverse situazioni, deve poter essere ritirato in qualsiasi momento e non deve essere considerato valido per situazioni future.

Il consenso deve sempre essere dato un modo libero e volontario; ogni atto sessuale compiuto in condizioni nelle quali non c’è possibilità di scelta e autodeterminazione è da considerarsi non consensuale. Questo include situazioni in cui la vittima è solo l’effetto di sostanze, situazioni di squilibrio di potere e/o dipendenza economica.

4. Inasprimento delle pene. Il Parlamento europeo, pur prendendo atto che molti degli Stati membri, nel quadro delle direttive europee sulla parità di genere, si sono dotati di legislazioni contro le molestie sessuali, sottolinea come questi provvedimenti non si siano rivelati efficaci per contrastare il fenomeno. Viene quindi proposto di inasprire le pene per le molestie sessuali, inserendole nel quadro dei diritto penale.

5. Limitazione della vittimizzazione secondaria. Il Parlamento europeo riconosce che nei casi di violenza contro le donne e di violenza domestica le survivor che decidono di denunciare sono più a rischio di ritorsioni e di vittimizzazione secondaria rispetto alle vittime di altri reati, essendo spesso coinvolte affettivamente o conviventi con i perpetratori dei crimini in questione. È dunque necessario che gli Stati membri garantiscano l’incolumità e la sicurezza di chi denuncia, garantendo spazi sicuri e contemplando anche la possibilità di raccogliere denunce online (con adeguati livelli di sicurezza) o attraverso terze parti, velocizzando indagini e processi e, se necessario, utilizzando ordini restrittivi, arresti e detenzioni preventivi.

6. Protezione della dignità delle survivor. Il Parlamento riconosce il rinforzo di stereotipi dannosi che deriva dall’utilizzo di dettagli della vita privata delle survivor in processuale con lo scopo di minarne la credibilità e mettere alla prova l’assenza di consenso. Pertanto è fatto divieto, durante le indagini o il processo, di utilizzare come prove comportamenti sessuali passati, preferenze sessuali e i vestiti indossati.

7. Riconoscimento dell’intersezionalità. La proposta prevede il pieno riconoscimento delle diverse intersezioni nell’esperienza della violenza e della discriminazione, tenendo conto della situazione socio economica della survivor, la fascia d’età e l’appartenenza a minoranze rispetto alle preferenze sessuali e l’orientamento di genere. Un intero articolo della proposta è dedicato alle donne con disabilità, riconoscendo la difficoltà di accesso all’iter di denuncia spesso dovuta a barriere fisiche, standard e politiche inadeguate, scarsa informazione e la tendenza a escludere le persone con disabilità dalle decisioni che riguardano le loro vite.

L’oggetto del contendere

Nonostante il voto quasi unanime di giugno, la direttiva è bloccata in fase di negoziazione inter istituzionale dopo che il Consiglio europeo si è espresso negativamente sulla definizione di stupro basato sul consenso.

Sono infatti solo 15 gli Stati membri che concordano con questa definizione, mentre gli altri (inclusa l’Italia) definiscono legalmente un atto sessuale come stupro solo in caso di violenza fisica, coercizione e/o minaccia. Tra i membri del Consiglio europeo che si sono opposti alla definizione sulla base del concetto di consenso ci sono i due pesi massimi Francia e Germania.

Secondo Irene Rosales, della European women’s lobby, gli Stati hanno paura che cedere potere all’Unione su questioni tecnicamente di competenza nazionale, come la definizione dei reati nei codici penali, possa creare un precedente per il futuro. Ma mentre le istituzioni europee giocano al braccio di ferro in Europa avvengono 7 femminicidi al giorno, e 1 donna su 5 può affermare di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale da parte del proprio partner.

Sembra dunque che ancora una volta la sicurezza e il benessere delle donne passerà in secondo piano a favore dei giochi di potere di un mondo quasi completamente maschile, nonostante diventi ogni giorno più evidente la necessità di un’azione rapida e radicale.

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