Diritti

Oggi è la Giornata Mondiale Contro le Mutilazioni Genitali Femminili

Circa 200 milioni di donne e bambine di 31 Paesi del mondo hanno subito la Mgf. Oltre 4,3 milioni di ragazze sono a rischio ogni anno: circa 600.000 si trovano in Europa
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
6 febbraio 2023 Aggiornato alle 19:10

“Le mutilazioni genitali femminili rappresentano la manifestazione di una profonda e radicata disuguaglianza di genere, che domina le società in cui sono praticate. In alcune è considerata un rito di passaggio, in altre è un prerequisito per il matrimonio o è attribuita a credenze religiose. In altre parole, questa usanza costituisce un simbolo identitario”. Le parole dell’Onu pesano come un macigno nella Giornata Internazionale di Tolleranza Zero alle Mutilazioni Genitali Femminili, quando ancora 4,3 milioni di ragazze - secondo i dati diffusi da Unicef e Amref - rischiano di subire questa pratica.

Si prevede che, entro il 2030, la cifra raggiungerà quota 4,6 milioni a causa dei conflitti esistenti, del cambiamento climatico, della crescente povertà e delle disuguaglianze che continuano a ostacolare gli sforzi per trasformare le norme sociali e di genere e proteggere bambine, ragazze e donne da una pratica che prevede la rimozione, totale o parziale, degli organi genitali femminili esterni.

Nel 2021, 15 dei 31 Paesi con dati disponibili sulle mutilazioni genitali femminili erano alle prese con conflitti, povertà crescente e disuguaglianze: circostanze che hanno aggravato la condizione delle ragazze più vulnerabili ed emarginate. In questi Paesi, nello stesso anno, il 34% delle ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni ha subito questa pratica: una diminuzione rispetto al 41% del 2011. Secondo Amref, la più grande organizzazione sanitaria africana senza fini di lucro, l’Africa è il continente in cui il fenomeno è più diffuso: qui si registrano 91,5 milioni di vittime tra le ragazze di età superiore a 9 anni.

Mancano solo 8 anni al raggiungimento dell’obiettivo globale di eliminare le Mgf e un’azione ben finanziata da parte di un gruppo eterogeneo di soggetti interessati può porre fine a questa pratica dannosa”, spiegano in un comunicato congiunto Natalia Kanem, Direttrice Esecutiva del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e Catherine Russell, Direttrice generale dell’Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia).

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile adottata da 193 Paesi dell’Onu, inclusa l’Italia, prevede infatti di eliminare questa e altre pratiche nocive alle bambine, come i matrimoni precoci. I progressi ci sono, perché “oggi, rispetto a 30 anni fa, una ragazza ha circa un terzo di probabilità in meno di essere sottoposta a mutilazioni genitali femminili”, spiegano Unicef e Unfpa, ma sono ancora troppo lenti.

Negli ultimi 20 anni, sarebbero almeno 200 milioni le ragazze e le donne in vita che hanno subito mutilazioni genitali femminili, ma la percentuale di coloro che si sono opposte alla pratica è raddoppiata. Sta crescendo anche la medicalizzazione della pratica, secondo Unicef, perché circa 1 ragazza/donna su 4, ovvero 52 milioni in tutto il mondo, l’ha subita per mano di personale sanitario, e tra le adolescenti la proporzione è due volte più alta.

In alcuni Paesi, però, le mutilazioni genitali femminili sono ancora quasi universali: circa il 90% delle ragazze in Gibuti, Guinea, Mali e Somalia le subiscono. Le Mgf rimangono molto diffuse in Nigeria, dove si registra il terzo numero più elevato di donne che sono state sottoposte a mutilazioni genitali nel mondo, con un numero stimato di 19,9 milioni di sopravvissute. In Kenya, negli ultimi 30 anni, l’età media in cui ci si sottopone alla pratica è scesa da 12 a 9 anni. Ma dal 2009 l’attività di Amref, che si impegna nella lotta contro le Mgf anche in Tanzania, ha salvato circa 20.000 ragazze tra questi 2 Paesi.

L’organizzazione - che opera anche in Etiopia, Uganda, Malawi e Senegal - si impegna a fornire gli strumenti affinché le comunità scelgano di intraprendere “Riti di Passaggio Alternativi”, senza alcuna forma di “taglio”. «È legata al matrimonio precoce forzato in molte comunità - spiega Vania Kibui, Africa Regional Policy Lead di Amref Kenya, venuta in Italia lo scorso novembre a parlare della prevenzione e del contrasto alle mgf - In Kenya la prevalenza è circa del 20%» nel 2021, ma è diminuita del 7% rispetto al 2014.

Dal 2009, nella sola contea del Kajiado, in Kenya, la pratica è diminuita del 24% grazie al lavoro di Amref. A dicembre, nella scuola elementare di Maparasha, ha permesso a 420 bambine e ragazze di partecipare alla cosiddetta “notte delle candele”, che sostituisce le Mgf mantenendo il carattere solenne e simbolico della cerimonia ed eliminando il ricorso a ogni tipo di violenza.

Uomini e ragazzi, “alleati preziosi in questo sforzo”, sempre più spesso si trovano a sfidare “le dinamiche di potere all’interno delle loro famiglie e comunità e sostengono le donne e le ragazze come agenti di cambiamento”. Il Programma congiunto globale dei due Fondi Onu per l’eliminazione delle Mgf ha sostenuto negli ultimi 5 anni oltre 3.000 iniziative che hanno coinvolto uomini e ragazzi per porre fine a questa pratica, e si sta registrando una significativa opposizione di questa fetta di popolazione in diversi Paesi. L’Etiopia, uno dei Paesi con il più alto tasso di Mgf nel mondo, ha anche un’elevatissima opposizione maschile alla pratica: circa l’87%, secondo una recente analisi dell’Unicef.

Il fenomeno migratorio, inoltre, ha reso le Mgf un problema di interesse globale: più di 600.000 donne e ragazze che le hanno subite vivono in Europa. Secondo le stime più recenti, relative al 2018, in Italia le donne tra i 15 e i 49 anni sottoposte a questa pratica sono circa 87.600, di cui 7.600 minorenni (sono il 9%). La maggior parte proviene da Somalia, Mali, Burkina Faso e Sudan. Altre 4.600 sono a rischio.

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