Diritti

Il 36,9% del mondo vive sotto un regime autoritario

Lo denuncia il Democraxy Index realizzato dall’Economist Intelligence Unit, che ha valutato lo stato della democrazia in 167 Paesi sulla base di 5 criteri, tra cui diritti civili e partecipazione politica
Lo scorso novembre, a Bangkok, un manifestante ha spruzzato vernice su un modello raffigurante il primo ministro thailandese Prayuth Chan-Ocha, durante una protesta contro il vertice della Asia-Pacific Economic Cooperation (Apec)
Lo scorso novembre, a Bangkok, un manifestante ha spruzzato vernice su un modello raffigurante il primo ministro thailandese Prayuth Chan-Ocha, durante una protesta contro il vertice della Asia-Pacific Economic Cooperation (Apec) Credit: Chaiwat Subprasom/SOPA Images via ZUMA Press Wire
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
6 febbraio 2023 Aggiornato alle 09:00

Quasi la metà della popolazione mondiale vive in una qualche forma di democrazia, mentre più di un terzo vive sotto un regime autoritario. È quanto emerge dall’ultima edizione del Democracy Index che misura il grado di democrazia di 167 Paesi nel mondo. La valutazione dell’Economist Intelligence Unit, la divisione di ricerca e analisi dei dati finanziari dell’Economist Group, consociata del settimanale The Economist, si basa su 5 parametri: processo elettorale e pluralismo, funzionamento del Governo, partecipazione politica, cultura politica democratica e libertà civili.

Rispetto all’anno precedente, il 2022 ha registrato un aumento dello 0,01%: il punteggio globale di 5,29 su 10 rappresenta una “stagnazione”, scrive l’Economist, una condizione di stasi inaspettata: “Uno dei motivi per cui ci si aspettava un incremento era la revoca delle restrizioni legate alla pandemia nel 2022. La diffusa soppressione delle libertà individuali, inizialmente intesa a proteggere le persone dal Covid-19, ha trascinato verso il basso i punteggi nel 2020 e nel 2021”.

Eppure, gli sviluppi negativi del 2022 hanno annullato il recupero registrato in alcune parti del mondo. Oltre a stilare una classifica e dare a ogni Paese un punteggio numerico, l’indice li inserisce in 1 dei 4 tipi di sistemi esistenti: democrazie complete, democrazie imperfette, regimi ibridi e regimi autoritari. Il 45,3% della popolazione vive in una qualche forma democrazia, il 36,9% in un regime autoritario.

L’Europa occidentale, che ospita 8 dei primi 10 Paesi dell’indice - Norvegia, Islanda, Svezia, Finlandia, Danimarca, Svizzera, Irlanda, Paesi Bassi - è stata l’unica regione a registrare un netto miglioramento nel 2022. Il suo punteggio è tornato ai livelli pre-pandemia, con i primi posti occupati dai Paesi nordici e con la Norvegia ancora una volta in cima alla classifica, con un punteggio complessivo di 9,81.

L’unico “regime ibrido” collocato dall’Economist in Europa occidentale è la Turchia, che ha mantenuto invariata la sua posizione, al 103° scalino, poco sopra i regimi autoritari. Il Paese, che ha registrato un forte calo nell’ultimo decennio, dovrà affrontare le elezioni parlamentari e presidenziali il 14 maggio (il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che si terranno con un mese di anticipo rispetto a quanto previsto). Da lì dipenderà lo status democratico di Ankara.

L’Italia occupa il 34° posto, 3 posizioni in meno dell’anno scorso, con un valore di 7,69: si trova tra le “Democrazie imperfette”, sotto Regno Unito, Giappone, Francia, Spagna, Grecia, Israele, Stati Uniti, Botswana e Malta, solo per citarne alcuni. Uno dei parametri più bassi è quello del “funzionamento del Governo”, a quota 6,79 su 10. La rappresentanza di partiti come Fratelli d’Italia in parlamento e al governo “non è necessariamente dannosa per la democrazia”, spiega l’Economist. Anzi, la loro esclusione, di fronte a un ampio consenso, potrebbe risultare antidemocratica. Allo stesso tempo, però, “ci sono preoccupazioni giustificate che i partiti di estrema destra potrebbero minare la democrazia promuovendo l’intolleranza, approvando leggi illiberali o censurando i media”.

Gli ultimi 10 Paesi della classifica sono Guinea Equatoriale, Laos, Chad, Turkmenistan, Repubblica Democratica del Congo, Siria, Repubblica Centrafricana, Corea del Nord, Myanmar e, infine, l’Afghanistan. Il Paese tornato sotto il controllo dei talebani, che ha gradualmente privato le donne afghane dei diritti fondamentali, è a quota 0,32. L’Iran non ha perso alcun posto in classifica: è stabile al 154° posto.

La Cina, che si trova poco più su degli ultimi dieci, al 156° posto, ha posto fine alla sua politica zero covid solo a dicembre, dopo aver rinchiuso decine di milioni di cittadini per mesi e mesi nel corso del 2022. Il Paese, che ospita quasi un quinto della popolazione mondiale, ha abbandonato le limitazioni dopo le diffuse proteste dei cittadini, che sono state represse duramente dal Governo. Questa risposta ha contribuito a far scendere il punteggio della democrazia cinese a 1,94 su 10, il valore più basso mai raggiunto da Pechino dalla prima misurazione del Democracy Index, nel 2006.

Il Paese che ha registrato il più grande declino democratico del mondo nel 2022 è la Russia, che ha perso ben 22 posizioni dall’anno scorso: è al 146° posto. “L’ambizione di Vladimir Putin di ripristinare la posizione della Russia come potenza imperiale è ferocemente contrastata dall’Occidente, ma la condanna dei Paesi non occidentali non è affatto universale”, spiega l’Economist. Infatti, circa due terzi della popolazione vive in Paesi i cui Governi sono neutrali o a sostegno alla Russia. Al minimo storico mai registrato da Mosca nel Democracy Index, 2,28, hanno contribuito anche la stretta sui media e la repressione dei manifestanti contro la guerra.

Negli Stati Uniti, anch’essi tra le democrazie imperfette, la polarizzazione rimane la più grande minaccia per la democrazia ma, pur perdendo 4 posizioni dall’anno precedente, il Paese ha mantenuto il punteggio di 7,85. Hanno contribuito l’elevata affluenza alle elezioni di metà mandato di novembre e il rigetto dei candidati che negano i risultati delle elezioni presidenziali del 2020. Anche il Perù ha perso 4 posizioni in classifica, ma si trova ben più giù degli Stati Uniti, tra i regimi ibridi: il colpo di Stato incompiuto del presidente Pedro Castillo, da allora spodestato, ha indebolito una democrazia già instabile.

Come la Russia, anche il Burkina Faso ha perso molte posizioni, 16 per la precisione, a causa di 2 colpi di Stato che si sono susseguiti nel 2022. Altri tentativi di golpe si sono registrati in vari Paesi dell’Africa subsahariana, contribuendo per il secondo anno consecutivo alla stagnazione in classifica di questo territorio.

Ma c’è anche chi ha guadagnato parecchie posizioni nel 2022: la Grecia, l’Angola, il Niger, la Cambogia, il Senegal, la Thailandia, il Montenegro. “Nonostante alcuni miglioramenti globali - chiude l’Economist - la democrazia resta minacciata”.

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