Diritti

Come il congedo di paternità modifica il cervello (e rende genitori migliori)

Trascorrere del tempo da soli con i figli mette in atto nei papà una trasformazione cerebrale che li aiuta a diventare caregiver più istintivi: “è un brain training gratuito”, dicono i ricercatori
Credit: Behzad Ghaffarian
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
27 novembre 2023 Aggiornato alle 09:00

Papà non si nasce, si diventa. E non perché, come vuole la vulgata, “un uomo diventa padre nel momento in cui tiene lǝ figliǝ tra le braccia”, ma perché trascorrere del tempo con unǝ bambinǝ, in particolare in una relazione one-on-one, rimodella il cervello dei padri per aiutarli a diventare caregiver più efficaci e istintivi.

A dirlo è un articolo dal titolo How Paternity Leave Helps Dads’ Brains Adapt to Parenting pubblicato sulla Harvard Business Review, che riflette sull’importanza del congedo di paternità in un questo processo di trasformazione cerebrale, partendo dalle ricerche di Darby Saxbe, professoressa di psicologia alla University of Southern California, che ha studiato questo particolare cambiamento e l’importanza dell’esperienza genitoriale precoce sui cambiamenti strutturali e funzionali relativi al “cervello paterno”.

“Mentre decenni di ricerca si sono concentrati sul cervello materno, rivelando cambiamenti affascinanti che addestrano il cervello a mantenere in vita un piccolo essere umano, una nuova ricerca sul cervello paterno mostra cambiamenti simili - spiegano Molly Dickens e Kate Mangino - E questi cambiamenti avvengono anche se i padri non vivono l’esperienza fisica della gravidanza, del parto e dei relativi cambiamenti ormonali”.

Tutti i genitori, aggiungono, possono fare il “brain training” dell’istinto genitoriale, perché il passaggio alla genitorialità rappresenta un elemento chiave di quel fenomeno conosciuto come “neuroplasticità” adulta, ovvero la capacità del cervello di alterare la sua struttura e modo di funzionamento in risposta alle esperienze e ai cambiamenti ambientali.

Nel cervello paterno, questi meccanismi si innescano in risposta a segnali del bambino e si sviluppano grazie ai momenti che padre e figliǝ trascorrono insieme. Più sono le ore che trascorriamo assieme a unǝ bambinǝ (da soli), maggiori saranno i cambiamenti a livello neurone, più efficaci e istintivi saranno i padri nel loro ruolo di caregiver.

In quest’ottica, il congedo di paternità può essere determinante. Uno studio (First-time fathers show longitudinal gray matter cortical volume reductions: evidence from two international samples) ha analizzato proprio la capacità del congedo di agire come strumento trasformativo a livello cerebrale, confrontando le scansioni cerebrali di uomini diventati padri per la prima volta in California e Spagna, 2 Paesi che hanno politiche di supporto ai neo genitori molto diverse. In Spagna, dove i padri hanno la possibilità di trascorrere più tempo con i neonatǝ, le analisi hanno “mostrato cambiamenti significativi nelle regioni associate all’attenzione sostenuta, che a loro volta probabilmente preparano il cervello alle esigenze cognitive ed emotive della genitorialità”.

Anche nei cervelli dei padri spagnoli c’erano stati dei cambiamenti, ma questo elemento non era presente. In altre parole, concludono i ricercatori, “il congedo di paternità equivale a un programma gratuito di allenamento del cervello”. Un allenamento che, aggiungono, non necessità sessioni intensive, studi specifici o ricerche: è sufficiente passare del tempo di qualità con lǝ propriǝ figliǝ.

Leggi anche
Gender Gap
di Costanza Giannelli 6 min lettura
Dad, Dad, and the Kids 2000
Genitori
di Daniele Marzano 2 min lettura