Storie

Manfredi Franco: «Nella vigna di famiglia ho ritrovato le mie radici»

Avvocato, 30 anni, «per destino o per disperazione» durante il Covid decide di dire addio agli studi legali per dedicarsi a un sogno: occuparsi del suo vigneto lunga la costa siciliana, a Marsala. Con grande soddisfazione
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3 marzo 2022 Aggiornato alle 22:36

Una storia che parte dai vigneti di Marsala, passa per Roma e Milano, e poi torna al punto di partenza. Manfredi Franco, 30 anni compiuti da poco, è un avvocato, o almeno lo era, finché non ha deciso di seguire i suoi sogni.

Siciliano di nascita e romano di formazione, ci tiene a specificare che il suo nome è Manfredi e non il contrario, «è un equivoco che mi aiuta a rompere il ghiaccio». Inizia una carriera universitaria in Giurisprudenza e, da praticante avvocato, passa le nottate sui faldoni, rimanendo l’unica finestra accesa nel buio della città che dorme. Ma questo lavoro da giurista gli appare come un dovere, le ore che si accumulano non fanno che spegnere tutto il suo entusiasmo. Capisce che si deve dedicare a ciò che fino ad allora aveva solo riempito quei buchi di tempo libero tra una pratica legale e l’altra: pubbliche relazioni, cibo e vino.

«Per destino o per disperazione, e in questo il Covid ha avuto un ruolo cruciale, ho pensato di fare finalmente qualcosa per me stesso» racconta Manfredi. Non lascia subito l’avvocatura, non sarebbe una scelta responsabile per un ragazzo che vive lontano da casa, tra Milano e Roma, ma di tanto in tanto torna a Marsala a occuparsi di quella vigna che la sua famiglia possiede lungo la costa che si affaccia sulla Tunisia.

«Io, però, volevo creare qualcosa che avesse non solo il mio nome, ma anche sapori e odori di tutte le esperienze che avevo vissuto». Così, il doppio lavoro non dura molto e Manfredi lascia lo studio legale in pieno periodo post-Covid: «Non ero più la persona solare e socievole di prima, e neanche la mia fidanzata mi riconosceva più».

E finalmente, complice l’amicizia e gli insegnamenti del suo maestro enologo Vincenzo Angileri, dedica tutto se stesso a quella passione che un giorno prende la forma di un’etichetta con un ragazzo vestito di tutto punto - sembra giusto un avvocato, ma con un cappello di paglia -, intento ad annusare un acino d’uva.

Le prime 1200 bottiglie prodotte durano meno di 2 mesi, merito dei legami instaurati da Manfredi viaggiando su e giù, frequentando ristoranti e ristoratori, indagando anche il lato umano della cucina, quello di chi crea i piatti, li porta a tavola e li spiega ai commensali.

Ora che anche la seconda vendemmia del 2021 è trascorsa, Manfredi ha trovato un lavoro in un’azienda di pubbliche relazioni a Milano. E continua a dedicarsi al suo vino: «A chi mi dice che ho mandato in fumo anni di studio e lavoro, rispondo che sono riuscito a realizzare qualcosa di vero che mi sta rendendo libero. E non c’è svolta migliore della libertà».