Diritti

Come sta la comunità Lgbtq+?

Dietro le percentuali, i numeri e i dati rilasciati da Ipsos emerge un principio fondamentale ma che, purtroppo, sembra non essere ancora universale: che i diritti di tutte le persone vanno rispettati
Credit: Edoardo Frezet
Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
Tempo di lettura 5 min lettura
7 novembre 2023 Aggiornato alle 06:30

Ipsos pubblica una ricerca condotta in 30 Paesi e dedicata alla comunità Lgbtq+ e questo è già una buona notizia, perché, per tutte le motivazioni che puoi immaginare, i dati sono sempre pochi.

Iniziamo con una panoramica. A livello mondiale, tra gli Stati oggetto d’indagine, la percentuale di popolazione che si identifica come appartenente alla comunità Lgbtq+ è il 9%. Nel dettaglio, il 3% si identifica come lesbica o gay, il 4% come bisessuale, l’1% come pansessuale od omnisessuale, l’1% come asessuale, l’1% come transgender, sempre l’1% come persona non binaria, non gender conforming o gender fluid. Un ulteriore 1% non si identifica in nessuna delle definizioni precedenti, ma sente di non ricadere nella tradizionale distinzione maschio/femmina.

Un tema generazionale, ma anche geografico

Sembra che le persone che appartengono alle generazioni più giovani siano maggiormente in contatto con sé stesse e con la propria sessualità. In effetti, dai dati emerge che la Generazione Z afferma il doppio delle volte rispetto aə Millennials e 4 volte tanto rispetto alla Generazione X e aə Boomers di essere bisessuali, pansessuali, omnisessuali e asessuali.

Allo stesso modo, ci sono evidentemente Paesi nei quali è più sicuro e meno rischioso dichiararsi come membri della comunità Lgbtq+ ed altri in cui lo è meno. Dai dati parrebbe che la Spagna sia il posto nel quale le persone più facilmente dichiarano di essere gay o lesbiche (il 6% della popolazione), il Brasile e i Paesi Bassi gli Stati in cui ci si identifica maggiormente come bisessuali (il 7% degli intervistati in entrambi i casi). Sul fronte opposto, il Giappone, nel quale a dichiararsi come bisessuale è l’1% della popolazione e come gay o lesbica meno dell’1%.

La cultura collettiva, le normative, i canoni di adeguatezza, fanno la differenza, eccome se la fanno. È una differenza che impatta drammaticamente sulla vita di moltissime persone. Ma andiamo avanti.

Ho tanti amici gay

Quale misura indiretta della visibilità della comunità Lgbtq+ è stato scelto il numero delle persone che affermano di avere almeno unə parente, unə amicə o unə collega che sia lesbica, gay, omosessuale. La quota globale è salita di 5 punti dall’anno dell’ultima rilevazione, ovvero dal 2021. Il 26% della popolazione dei Paesi coinvolti nella ricerca afferma di conoscere una persone bisessuale (+2%), il 13% di conoscere una persona transgender (+3%) e il 12% di conoscere una persona non binaria, non gender conforming o gender fluid (+3%).

Ci sono però Stati che mostrano dati inferiori rispetto alla media. Sei curiosə di sapere quali sono i Paesi nei quali le persone più raramente parlano del proprio orientamento sessuale (e quindi ci sono meno persone che possono dichiarare che hanno “tanti amici gay”)? Non sorprendentemente, Giappone, Corea del Sud, Turchia, Romania, Ungheria e Polonia.

Ma vorrei condividere una riflessione su un altro dato: in generale, le donne conoscono più persone della comunità Lgbtq+ rispetto agli uomini. E questo, secondo me, è un ulteriore specchio del patriarcato, per cui confidarsi con una donna può essere già facile, perché è lo sguardo maschile che si tende a temere di più, per timore del giudizio o perfino della violenza.

Le note dolenti


Mi addolora, personalmente e per tutte le persone vicine che ho nella comunità, dover, ancor una volta, osservare quanto ancora non sia passato un principio che dovrebbe essere fondamentale: i diritti di tutte le persone vanno rispettati. E invece, solo il 56% della popolazione intervistata nei 30 Paesi ritiene che alle coppie dello stesso sesso dovrebbe essere concesso (è proprio scritto così!!) di sposarsi legalmente. Il 16% afferma che dovrebbero sì avere qualche forma di riconoscimento legale, ma che non sia (per carità!) il matrimonio e il 14% sostiene perfino che non dovrebbero né potersi sposare, né ottenere qualunque forma di riconoscimento legale.

Ancora una volta, la quota delle donne che supportano il matrimonio tra persone dello stesso sesso è sensibilmente superiore rispetto a quella degli uomini (+10%).

La popolazione transgender

Dati singolari sono quelli che riguardano la popolazione transgender, sulla quale sembra essersi sviluppata una consapevolezza piuttosto radicata. Il 67% deə rispondenti al questionario riconosce che le persone transgender sono costrette ad affrontare forme significative di discriminazione. Il 76% ritiene che dovrebbero essere protette dalla discriminazione sul posto di lavoro, nelle politiche abitative e nell’accesso agli affari. Ben il 60% si dichiara a favore della possibilità di consentire alle persone transgender teenager di ricevere cure di affermazione del genere, con il consenso dei genitori.

Perché li ritengo singolari? Perché mi fa pensare che, negli altri Paesi, le persone non binarie, le donne lesbiche, gli omosessuali, iniziano ad avere attorno un ambiente meno ostile di quello che invece devono affrontare ogni giorno nel nostro, nel quale la discriminazione e la violenza nei loro confronti non sonno ancora, assolutamente, superate.

Ma chiuderei in bellezza, con un dato che ti stupirà: il nostro Paese è tra quelli che maggiormente supportano le misure a favore delle persone transgender, insieme alla Tailandia, la Spagna e molti paesi dell’America Latina. Te lo saresti mai aspettato?

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di Costanza Giannelli 4 min lettura