Economia

Crsd e Csddd: come le direttive Ue esortano le Pmi a tracciare la filiera produttiva

La Corporate Sustainability Reporting Directive e la Corporate sustainability due diligence directive puntano alla trasparenza nella catena di fornitura delle piccole e medie imprese: in che modo?
Credit: Tiger Lily 
Tempo di lettura 4 min lettura
7 novembre 2023 Aggiornato alle 15:00

La direttiva europea sul report di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directiv - Csrd) prevede l’aggiornamento della normativa entrata in vigore in Italia con il Dlgs 254/2016. Il riferimento al concetto di catena di fornitura (supply chain) porta le Pmi - piccole e medie imprese, ancora non vincolate alla rendicontazione, a confrontarsi con le organizzazioni nelle fasi della filiera produttiva.

Il focus sulla catena di fornitura è contenuto, inoltre, nella proposta di Corporate sustainability due diligence directive (Csddd) che, per limitare violazioni dei diritti umani e per tutelare l’ambiente, richiederà agli amministratori maggiore trasparenza sui processi delle imprese, con attenzione alla filiera di appartenenza.

Ciò porterà a una sempre più virtuosa selezione dei soggetti con cui le imprese entreranno in rapporti commerciali. Sarà coinvolto anche il mondo finanziario, tenuto a tracciare la sostenibilità delle imprese presenti nel portafoglio clienti, per ottenere informazioni affidabili sulla loro progettualità sostenibile.

La Csrd, che sarà adottata dai Paesi Ue entro il 6 luglio 2024, prevede l’inclusione delle informazioni di sostenibilità nella relazione sulla gestione. Il revisore sarà chiamato a esprimersi su questa informativa, con graduale passaggio da una revisione limitata (limited assurance) a una completa (reasonable assurance), come previsto per il bilancio d’esercizio.

Ma cos’è la tracciabilità di un prodotto? La “tracciabilità” descrive il percorso e gli eventuali controlli di un prodotto, a partire dalle materie prime, attraverso lotti e codici prodotto assegnati durante ogni fase del processo; differisce dalla “rintracciabilità”, che è invece la ricostruzione a ritroso del processo produttivo attraverso la documentazione precedentemente raccolta.

Nel 2005 è stata resa obbligatoria la tracciabilità alimentare in tutta l’Unione Europea, in applicazione del Regolamento Europeo 178/2002, che impone a tutte le aziende alimentari e mangimistiche che operano sul territorio europeo di disporre di un sistema di rintracciabilità di alimenti e mangimi, che tenga conto di ogni alimento o sostanza facente parte del prodotto stesso.

La disciplina sanzionatoria per il mancato rispetto della tracciabilità alimentare, fissata con Decreto Legislativo n. 190 del 5 aprile 2006, è proporzionata alla gravità delle violazioni. I destinatari sono gli operatori del settore alimentare e mangimistico che non predispongono il sistema di tracciabilità o non ottemperano agli obblighi di una corretta rintracciabilità dei prodotti.

Uno strumento divenuto molto utile in questo ambito è la blockchain: estesosi in gran parte del mercato, consente mediante crittografia di raccogliere in un database tutte le informazioni sulla catena produttiva. Ciò permette a tutti gli attori facenti parte della filiera di rintracciare ogni parte del processo attraverso un QR code, grazie al quale anche i consumatori possono verificare l’autenticità del prodotto, nonché rintracciarne le fasi di produzione.

E anche nel settore della moda, responsabile del 10% di emissioni di gas serra, la tracciabilità è un fattore sempre più richiesto. Il colosso dell’e-commerce asiatico Alibaba ha introdotto un sistema basato sulla combinazione delle tecnologie chip RFID (Radio Frequency Identification) e blockchain per favorire la tracciabilità del prodotto in tutte le fasi distributive per individuarne la localizzazione.

Approccio simile è stato applicato dal brand Martine Jarlgaard, che ha proposto nel 2017 la prima smart label (etichetta intelligente) che combina tracciabilità, sostenibilità, tecnologie e moda, coinvolgendo il consumatore in tutto il processo realizzativo del capo, sia nello spazio, sia nel tempo.

La sfida per i professionisti e le imprese con il nuovo regolamento è pianificare, sviluppare le attività d’impresa e la rendicontazione di impatti, rischi e opportunità connessi, senza cadere nella trappola del greenwashing o del socialwashing.

L’evoluzione prospettata per le imprese rappresenta indubbiamente un’opportunità per le diverse categorie professionali che possono vivere da protagoniste questo momento di cambiamento, attraverso un necessario ampliamento delle competenze e la costruzione di fruttuose sinergie. E la tecnologia, può essere senz’altro di grande aiuto.

Leggi anche
Debiti
di Mario Catalano 3 min lettura