Ambiente

Frullato di rana? No, grazie

Nella provincia peruviana di Huancayo sopravvive la credenza antica che la rana gigante del Lago Titicaca, a rischio estinzione, abbia poteri curativi. Per questo, viene utilizzata per realizzare veri e propri frullati
Credit: Drew Brown 

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13 novembre 2023 Aggiornato alle 17:00

“Lascia che il cibo sia la tua medicina”.

Un concetto, questo, espresso da Ippocrate più di 2000 anni fa e sicuramente ancora valido in un mondo in cui il 29,6% della popolazione non ha accesso costante al cibo, mentre il 42% non può permettersi un’alimentazione sana.

Ma cosa accade quando le credenze ancestrali legate al contributo di una specie animale o vegetale per la salute umana ne minaccia la conservazione come sta accadendo, per esempio, con la rana gigante del Lago Titicaca?

Endemica del più grande lago del Sud America, diviso geograficamente e amministrativamente tra Bolivia e Perù, questa rana ha un comportamento esclusivamente acquatico e può arrivare a pesare fino a 200 grammi per 50 cm di lunghezza.

A guardarla sembra vestire un cappotto troppo grande persino per la sua taglia, tante sono le grinze che forma la sua pelle rugosa il cui colore può variare dal grigio scuro a macchie bianche, fino a un’elegante tonalità tortora “il che è dovuto alla straordinaria plasticità fenotipica di questa specie”, racconta Ricardo Zurita Ugarte, veterinario esperto di anfibi e rettili che lavora al Centro K’ayra gestito dal Museo Alcyde d’Orbigny di Cochabamba (Bolivia) dove viene portato avanti da alcuni anni un progetto di conservazione ex situ di Telmatobius culeus.

«Nonostante questa rana sia gravemente minacciata di estinzione e manchino dati precisi sul numero di individui esistenti, nelle comunità locali andine e in particolare nella provincia peruviana di Huancayo sopravvive la credenza antica che abbia poteri curativi e, per questo, viene utilizzata per fare dei veri e propri frullati», continua il dott. Zurita.

La conferma di quanto dice trova riscontro nelle chiacchierate con le persone che affollano i mercati domenicali di Perù e Bolivia, o da una semplice ricerca su internet dove si possono facilmente trovare svariate ricette per un frullato di rana coi fiocchi: tre mestoli di brodo caldo di fagioli bianchi, due cucchiai abbondanti di miele, pianta di aloe vera cruda, alcuni cucchiai di maca, uova, carote, artiglio di gatto, miele e 1 rana Telmatobius viva, o morta, completa di tutti i suoi organi interni ma senza testa, scuoiata e, naturalmente, in pericolo di estinzione.

Una rana gigante del Lago Titicacaca fotografata al Centro K’Ayra del Museo Alcide d’Orbigny di Cochabamba
Una rana gigante del Lago Titicacaca fotografata al Centro K’Ayra del Museo Alcide d’Orbigny di Cochabamba

«Pur non essendoci evidenze medico-scientifiche a supporto, sono in molti a credere che il consumo di questo preparato possa curare l’anemia, la febbre, l’asma, l’osteoporosi, la tubercolosi e persino l’impotenza maschile o l’infertilità femminile», spiega il dott. Zurita mentre osserva Pirata, la prima femmina di rana gigante del Titicaca arrivata al centro coordinato da Oliver Quinteros.

Il viagra andino, come viene talvolta chiamato, è prescritto dai curanderos, guaritori che si rifanno alla medicina tradizionale e ancestrale, i quali assicurano che rispettando la dose quotidiana di un bicchiere per 15 o 30 giorni, al costo di 4 dollari l’uno, si beneficerà di una totale guarigione.

L’espressione medicina “ancestrale” fa riferimento all’era precolombiana, cioè al periodo precedente l’arrivo degli spagnoli in Sud America, circa 500 anni fa, e include la moltitudine di conoscenze, spiritualità e pratiche diagnostiche e di guarigione ancora ben radicati nelle comunità locali che vedono nella natura un’alleata contro malanni fisici e mentali.

In particolare, gli animali forniscono molte delle materie prime necessarie a preparare rimedi sotto forma di bevande o cibo, ma anche amuleti utilizzati nei rituali e nelle cerimonie magico-religiose.

Le cosiddette risorse zooterapeutiche si basano principalmente sulla fauna selvatica, il cui numero di esemplari coinvolti è tuttora sconosciuto a causa della difficoltà di reperire i dati visto che, per farlo, è necessario entrare in contatto con culture spesso chiuse o comprensibilmente diffidenti.

Uno studio recente, tuttavia, sottolinea come i gruppi con il maggior numero di specie utilizzate a scopo medicale sono: i mammiferi (con 130 specie), seguiti da uccelli (122), pesci (110), rettili (95) e insetti (54).

Da qui, la correlazione stretta tra obiettivi di conservazione e pratiche tradizionali che, seppur talvolta senza consapevolezza, mettono gravemente a rischio la sopravvivenza di specie già minacciate. Come, appunto, nel caso della rana gigante del Titicaca.

Secondo l’edizione del 2006 del Libro Rosso sulle specie minacciate di estinzione in Bolivia - l’ultimo per cui sono stati forniti dei dati al riguardo - ogni anno circa 15.000 individui di Telmatobius culeus, venivano utilizzati per la produzione di frullati di rana, a cui si deve aggiungere la stima di 10.000 esemplari per il normale consumo alimentare.

Pratiche, queste, incentivate dalla curiosità dei turisti affascinati all’idea di provare cibo esotico, proprio come accade con le uova di tartaruga marina o di fiume, e che sembrano essere ancora ben radicate come dimostra il sequestro di 69 rane giganti in un mercato locale da parte della polizia peruviana nell’ottobre scorso.

Negli ultimi 15 anni, l’80% della popolazione di Telmatobius culeus è letteralmente scomparsa.

I motivi principali sono da ricondurre al traffico illegale, alla contaminazione del suo habitat e al cambiamento climatico.

Solo nel 2016, sul lato peruviano del lago sono state trovate più di 10.000 rane morte, probabilmente a causa dell’aumento del deflusso delle acque reflue.

Sia sul lato boliviano che su quello peruviano del lago, infatti, vengono normalmente scaricati rifiuti domestici e industriali, minerari, liquami agricoli e pesticidi.

Le imbarcazioni turistiche e di trasporto merci, inoltre, rilasciano i residui del carburante che utilizzano, intaccando la vegetazione sottomarina oltre che molluschi e crostacei che costituiscono il cibo principale di Telmatobius culeus e che risultano ormai altamente contaminati da cromo, rame, ferro, piombo, zinco e arsenico.

Nonostante nel 2017 la rana gigante del Lago Titicaca sia stata inserita ufficialmente nella Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie minacciate di Estinzione (Cites), e la stessa Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) la consideri specie minacciata, la sua protezione a livello locale e internazionale sembra dover necessariamente passare prima di tutto per un cambiamento culturale.

Solo se le comunità locali sapranno, infatti, riconoscere il valore intrinseco della specie, il cui valore ecologico è fondamentale per l’equilibrio del Lago - a cui sono legate tradizioni e credenze millenarie - questo anfibio gigante dalla pelle ingombrante, potrà continuare a nuotare liberamente nel luogo in cui, secondo gli Inca, sarebbe nata la civiltà.

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