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Lavorare tuttə, lavorare in pace

Un po’ come a scuola, anche al lavoro ci sono persone che danno (parecchia) noia a colleghe e colleghi. Quello che fanno si chiama molestia ed è un reato
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28 ottobre 2023 Aggiornato alle 09:00

Il lavoro è una strana faccenda. C’è chi fa esattamente quello che ama e non ha l’impressione di lavorare. C’è chi non si preoccupa di ciò che fa: per lui o per lei, il lavoro serve solo ad avere i soldini necessari a stare bene. E poi c’è chi è costretto a fare un lavoro che non gli piace, un lavoro magari barbosissimo o molto faticoso.

Qualunque lavoro facciano, tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori hanno il diritto di farlo in santa pace. Ma cosa vuol dire santa pace? Santa pace significa fare un lavoro sicuro, in cui non ci si fa male. Vuol dire fare degli orari ragionevoli ed essere pagati il giusto. Vuol dire essere rispettati dai colleghi e dai capi e crescere in competenze, responsabilità e prestigio se lo si vuole. Tutto questo che si sia maschi, femmine, membri della comunità Lgbtq+, mamme, papà, stranieri o persone disabili.

Ancora troppo spesso, però, la gente non si comporta bene sul posto di lavoro. Come saprai senz’altro - visto che la scuola, ogni tanto, è una triste miniatura del mondo dei grandi - ci sono mille modi di comportarsi male.

Ci sono gli abusi come il mobbing, che è un modo di trattare male un collega o un sottoposto strapazzandolo a lungo. Viene preso in giro o trattato con sufficienza da una o più persone, viene umiliato con compiti più umili di quelli che potrebbe e dovrebbe fare ed escluso dai momenti di svago. Lo scopo è isolarlo, indebolirlo e farlo partire. Non dovrei dirlo forte, ma c’è gente a cui il cuore puzza proprio di piedi.

Poi ci sono le molestie, che possono essere fisiche, psicologiche, verbali e non verbali (come vedi, per far male alla gente uno ha sempre un mucchio di possibilità). A differenza del mobbing, che dura sempre a lungo, possono accadere anche una volta sola.

Le molestie sono una serie di comportamenti brutti, ma anche la sola minaccia di comportarsi male, in genere ai danni delle lavoratrici femmine, proprio perché sono femmine. Sul posto di lavoro, tra colleghi che non sono amici intimi e non si conoscono bene, non si può dire, chiedere e fare di tutto. Non si possono fare domande sulla vita privata della gente - soprattutto se questi dettagli potrebbero mettere in difficoltà la persona che li rivela -, non si possono fare commenti o battute sul corpo e sui modi di chi ci circonda. Non si possono toccare le persone, soprattutto quelle parti del corpo che sono chiuse nella cassaforte delle mutande e del reggiseno.

Molto spesso, alle femmine viene chiesto sin dal colloquio di lavoro se hanno un fidanzato e se vogliono avere presto dei bambini, per non assumere una ragazza che potrebbe assentarsi a causa del congedo di maternità. Ai maschi queste domande non sono mai fatte. Dai maschi - che errore! - ci si aspetta che vadano sempre al lavoro e che in casa a occuparsi dei figli non ci vogliano stare.

Diventare mamme, una cosa piuttosto ganza nella vita di molte donne, è ancora troppo spesso l’inizio della fine sul posto di lavoro: meno incarichi, meno soldi e meno carriera. E guai a voler continuare a lavorare sodo: verrai considerata una mamma senza scrupoli!

Ci sono tantissime persone, maschi e femmine, che fanno fatica a riconoscere le molestie quando le vedono, e pure quando le fanno! In Italia, veniamo da una cultura in cui i maschi devono darsi delle arie da forzuto e in cui le femmine devono essere docili e silenziose. Una cultura senza grosse sfumature, come vedi. Allora riesce difficile immaginare che ad alcune ragazze i complimenti insistenti possano dare davvero fastidio e pensare che un invito galante non sia un onore, soprattutto se a farlo è il capo.

Per le ragazze è ancora molto complicato ribellarsi e alzare la voce. In un mondo dove ci sono ancora troppe poche femmine al comando, si ha paura a resistere a un maschio o a un gruppo di maschi pesanti e inopportuni.

I rischi delle molestie, però, sono grandi, sia per la persona molestata sia per i colleghi. La persona rischia di ammalarsi di stress e di tristezza. Ma ci rimettono anche i colleghi perché, a furia di soffrire, la persona che sta male rischia di rimanere a casa sempre più spesso e più a lungo. Quando non si sta bene - vale lo stesso per lo studio - è difficile concentrarsi e fare progressi. Alla fine si molla, ci si licenzia o ci si chiude a riccio.

Per questo è importantissimo parlare a qualcuno di fidato, sul lavoro o fuori, quando siamo vittime ma anche solo testimoni. È importante formare tutti i lavoratori e le lavoratrici a riconoscere le molestie. Che l’unico modo d’imparare è sapere dove sta lo sbaglio.

Per resistere da soli ci vuole tantissimo coraggio, ma se si resiste un po’ tutti insieme è diverso. Insieme, il grande masso sulle spalle dei solitari diventa un sassolino in mano a ognuno.

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