Ambiente

Il report che smaschera il bracconaggio in Italia

Alla vigilia del Word Wildlife Day, istituito dall’Onu il 3 marzo, il WWF pubblica uno studio che non può passare inosservato: siamo un Paese cruciale per la tratta delle specie protette. Eppure, non esiste una banca dati dei crimini contro la natura
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2 marzo 2022 Aggiornato alle 16:45

Alla vigilia del Word Wildlife Day celebrato il 3 marzo dall’Onu, il WWF pubblica il report Il danno invisibile dei crimini di natura: analisi e proposte del WWF Italia. I dati raccolti sono inequivocabili: l’Italia è un Paese cruciale per la tratta di specie protette e il bracconaggio nella Penisola è ancora un male latente.

Nel 2018 le sanzioni comminate dall’Arma dei Carabinieri per la violazione della normativa in merito ammontavano a 5 milioni e mezzo di euro. La ricerca fa emergere un’analisi approfondita del wildlife crime, fenomeno che rappresenta una gravissima minaccia alla biodiversità in Italia.

Anche i Centri di recupero della fauna selvatica gestiti dal WWF lanciano l’allarme: nel 2021 solo nella regione Lombardia gli “ospedali degli animali” nelle località di Valpredina e Vanzago hanno accolto e dato cure a 7.500 animali in difficoltà. Su 10 salvati, 6 erano stati vittima di reati contro la fauna selvatica.

Oltre il 50% della fauna consegnata al centro bergamasco riguarda specie sottoposte a protezione. Tra queste, il 36% risulta ancora più sensibile degli altri: al primo posto i rapaci.

Nel frattempo, l’Italia appare totalmente ignara. Pur disponendo di un Piano di azione Nazionale Antibracconaggio, adottato per rinnovare le misure volte a contrastare il fenomeno, non esiste una banca dati centralizzata sui crimini contro la natura. Cosa che rende pressoché impossibile un accurato tracciamento del fenomeno che sta mettendo a repentaglio la ricchezza naturale del Paese.

Non potendo monitorare l’andamento della situazione, è difficile intervenire in modo adeguato. Senza contare la carenza di personale: si contano in media 3 agenti venatori ogni 1.000 cacciatori, 2/3 dei quali sono volontari. Il personale appartenente alle forze di polizia è minimo e non distribuito in maniera uniforme sul territorio.

Il controllo operato dai volontari del WWF offre un enorme supporto alla lotta dello Stato all’illegalità. Solo durante la stagione di caccia del 2021 le Guardie WWF della Campania hanno tratto in salvo 120 animali, trasmesso alle autorità 97 segnalazioni di reato e compiuto 77 sequestri. Solo considerando tutte le trappole utilizzate per spezzare le zampe agli uccelli più piccoli (i cosiddetti archetti) che sono state sequestrate o distrutte nel bresciano, si arriva a oltre 200.000 pezzi.

Se poi guardiamo al regime giuridico, chi uccide un esemplare di una specie protetta come un orso, un lupo o un’aquila oggi può cancellare il reato dalla fedina penale grazie al pagamento di una sanzione pecuniaria, appena 1.000 euro e, più in generale, chi uccide, mette in commercio o detiene illegalmente animali selvatici, rischia ben poco.

La rete illegale si dipana soprattutto tra l’Italia e gli Stati Uniti. Principali vittime del traffico sono i rettili, mentre gli uccelli si rivelano tra le specie più minacciate in Italia dai cacciatori illegali, in particolare i passeriformi come i cardellini, i pettirossi e altri esemplari di piccole dimensioni destinati al mercato nero della ristorazione, e i rapaci vittime di spari o avvelenamenti. Tra i grandi carnivori più colpiti, i lupi, considerati “specie problematiche” e spesso uccisi per puro odio, ma non mancano vittime neppure tra la fauna acquatica: per esempio anguille, squali e datteri di mare fanno particolarmente gola ai trafficanti.

Il WWF, inaugurando la settimana di sensibilizzazione al Wildlife crime lancia quindi un appello alle istituzioni affinché “si adottino misure più intense e strumenti più efficaci di contrasto all’illegalità ambientale, a cominciare dalla creazione di banche dati regionali (solo 5 regioni dimostrano di avere dati affidabili) il coordinamento tra le istituzioni, l’aumento dei controlli e il rafforzamento delle sanzioni. Modifiche oggi ancor più necessarie per dare concreta attuazione alle esigenze di tutela di ambiente, biodiversità ed ecosistemi divenute principi fondamentali della Costituzione. Accettare lo status quo vorrebbe dire consentire ai criminali di continuare a fare affari impoverendo sempre più la natura. E con essa tutti noi”.

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