Ambiente

Se i narcos ora commerciano specie selvatiche

Da Sinaloa sino a Tijuana, al centro dei traffici illegali del Messico oggi ci sono pesci e animali protetti. Come i giaguari, richiesti dal mercato cinese, che stanno diventando un pericoloso business
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1 marzo 2022 Aggiornato alle 09:00

Per certi aspetti, la nuova cocaina è il pesce, la marijuana i frutti di mare e gli oppiacei le specie più esotiche. In Messico i narcos stanno entrando sempre di più nel commercio delle specie selvatiche: anche di quelle protette, e soprattutto del pesce. Di recente alcuni articoli apparsi su Messico Today, NatGeo e Zeta Tijuana raccontano di questa graduale espansione che non è più nemmeno un segreto di pulcinella, ma un fenomeno che sta diventando sistema.

Soprattutto in Baja California i cartelli, come quello di Sinaloa, stanno “acquisendo” sempre più comunità di pescatori. Li costringono a vendere a prezzi inferiori al mercato e poi li rivendono a ristoranti e mercato estero. I narcos stanno monopolizzando per esempio le catture di aragoste, vongole, gamberetti, capesante e anche di specie protette come i totoaba. Il pesce viene acquistato a prezzi inferiori e rivenduto alla Cina.

Il sistema, oltre a mettere sotto pressione i pescatori, oggi ricompensati anche con metanfetamine e altre droghe, sta impattando anche sugli ecosistemi sempre più depauperati. Con ritorsioni, minacce, incendi e omicidi i criminali messicani obbligano sia le comunità di pescatori sia i ristoranti ad avere, di fatto, un unico padrone che porta avanti gli introiti proteggendoli attraverso il solito sistema della corruzione locale a forze di polizia e ispettori.

In un rapporto della Brooking Institution che fa il punto sulla situazione, viene specificato come i cartelli - e non solo per la pesca - stiano intensificando i traffici relativi alle specie selvatiche. Secondo i think tank statunitense i traffici servirebbero a più funzioni: una di queste è anche lo scambio fra animali esotici richiesti dal mercato cinese con sostanze chimiche utili per sviluppare metanfetamine e altre droghe.

Vanda Felbab-Brown di Brookings ha condotto oltre 70 interviste fra funzionari statali, ambientalisti, pescatori, ong e gruppi vari tra Messico, Cina e Usa i quali hanno confermato l’intensificazione del commercio illegale per esempio di parti di giaguaro, oppure di rettili, pinne di squalo e altri animali esotici diretti dal Messico alla Cina. Nel suo report Felbab-Brown racconta come i cartelli di Sinaloa e in parte quello di Jalisco Nueva Generación stanno prendendo di mira l’intera industria della pesca, sia in maniera illegale che legale. Per esempio hanno acquistato permessi per il commercio di determinate vongole o avviato mercati ittici in maniera “pulita” per poi riciclare il denaro.

A preoccupare è poi lo stretto rapporto con la Cina: il legame cresce dato che aumenta la domanda di specie selvatiche. Un esempio è il commercio di totoaba, ma vale anche per i giaguari. Le carcasse di questi animali vengono trovate sempre più spesso prive di zampe, denti e varie parti del corpo: secondo attivisti che lavorano nel sud del Messico le parti mancanti sono gestite dai narcos che le rivendono ai cinesi, anche se ci sono poche prove a riguardo.

Episodi simili, per altre specie, riguardano anche un’altra terra di narcos: la Colombia. Qui, come in Messico, ogni anno vengono uccisi o minacciati tantissimi difensori dell’ambiente. Il rapporto Global Witness sottolinea come nel 2020 in tutto il mondo sono stati ammazzati 227 protettori dell’ambiente e sono 30 gli attacchi mortali contro i difensori del Pianeta avvenuti in Messico, con un aumento del 67% rispetto al 2019.

In generale, dunque, per aiutare davvero le specie selvatiche e contrastare gli illeciti dei narcos, chiosa Felbab-Brown nel rapporto, «il governo messicano dovrà diventare disposto a proteggere i protettori della fauna selvatica con un impegno molto maggiore di quello mostrato finora».