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Su Queering The Map, i messaggi d’amore da Gaza

Sulla piattaforma che permette di condividere post Lgbtq+ geolocalizzati sono sempre più popolari contenuti scritti da palestinesi queer: parlano d’amore, lutto, speranza e resistenza
Queering The Map
Queering The Map
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
24 ottobre 2023 Aggiornato alle 14:00

“Ho sempre immaginato me e te seduti fuori al sole, mano nella mano, finalmente liberi. Abbiamo parlato di tutti i posti in cui saremmo andati se avessimo potuto. Eppure adesso te ne sei andato. Se avessi saputo che le bombe che piovevano su di noi ti avrebbero portato via da me, avrei detto volentieri al mondo che ti adoravo più di ogni altra cosa. Mi dispiace di essere stato un codardo”.

Non so quanto vivrò, quindi voglio solo che questo sia il mio ricordo qui prima di morire. Il mio più grande rimpianto è non aver baciato questo ragazzo. È morto due giorni fa. Ci eravamo detti quanto ci piacevamo e l’ultima volta ero troppo timido per baciarci. È morto nel bombardamento. Penso che anche una grande parte di me sia morta. E presto sarò morto. A Younus, ti bacerò in Paradiso”.

“Un solidarietà con tutti i miei fratelli e sorelle palestinesi, siete tutti amati. Palestina libera.”

Parole d’amore, di dolore, di lutto. Ma anche parole di speranza. Parole consegnate alla rete per non dimenticarle. Perché qualcuno le legga e sappia che, sotto le bombe e la guerra, l’umanità e la vita resistono.

Sono i messaggi che nelle ultime settimane sono stati condivisi dalla Striscia di Gaza su Queering the Map, piattaforma fondata nel 2017 da Lucas LaRochelle a Montreal, che consente agli utenti che si identificano come Lgbtq+ di pubblicare post anonimi geolocalizzati. I post hanno iniziato a comparire a Gaza poche ore dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e «l’assedio completo» di Israele, ma negli ultimi giorni sono diventati sempre più numerosi e virali.

“Palestina libera”, “Siete validi e amati” sono alcuni tra i messaggi di solidarietà che vengono condivisi per i e le palestinesi queer, in un caso anche da parte di un “ebreo gay”. Tantissimi sono messaggi per chi non c’è più, portato via da missili, bombe e privazioni che sono costati la vita a più di 4.600 persone in poco più di 2 settimane, il 70% dei quali donne e bambini.

“Il luogo in cui sei morto, anche se eravamo solo amici di penna, ti amo nel profondo, 5 anni della migliore amicizia. Ahmad è morto per l’attacco aereo, tu sei morto di crepacuore. Khalid, ti amo, ho amato il modo in cui hai fatto coming out con me, come io ho fatto coming out con te, come hai presentato Ahmad come il tuo ragazzo, volevo condividere le tue ferite con me, ma siamo lontanissimi, libererò la Palestina solo per i tuoi occhi. Spero che riposerai bene in paradiso, bacia Ahmad quanto vuoi e sii molto felice, in questa vita o in un’altra ti seguirò e potremo unirci, ti amo fino a Icaro e oltre 💗”

E ci sono storie d’amore mai sbocciate, desiderate e non consumate, spezzate dalle bombe o dall’omofobia. Se, infatti, in Cisgiordania, dove oggi governa l’Autorità nazionale palestinese, i rapporti omosessuali sono stati depenalizzati nel 1951, nella Striscia di Gaza, vige ancora il codice penale inglese del 1936, e in particolare l’articolo 34 che criminalizza i rapporti omosessuali tra uomini adulti, anche se consenzienti. Il codice non fa menzione delle donne lesbiche le cui relazioni, almeno a livello teorico, non sono illegali. La legge punisce i rapporti omosessuali tra uomini (al pari di quelli con gli animali) con la reclusione fino a 10 anni, ma nella Striscia di Gaza, dove alle elezioni del 2006 ha trionfato la lista guidata da Hamas, i tribunali hanno applicato anche la pena di morte.

Moltissimi palestinesi Lgbtq+ hanno provato a cercare rifugio nel vicino Israele, che della sua “inclusività” ha fatto un vanto, al punto di essere a più riprese accusato di rainbow wahsing. Tanti, però, sono rimasti. E ora, forse per la prima volta, prendono la parola per dire “ci siamo. Esistiamo, e resistiamo”.

In un altro post dalla città meridionale di Khan Younis, dove centinaia di migliaia di abitanti di Gaza sono fuggiti dopo gli ordini di evacuazione nel nord, e che è stata anch’essa bombardata da raid aerei, si legge: “Sappiate, nonostante quello che dicono i media, che ci sono palestinesi gay. Siamo qui, siamo queer. Palestina libera”.

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di Costanza Giannelli 4 min lettura