Economia

L’Ue si prepara a crescere: 9 Stati membri all’orizzonte

Serbia, Albania, Ucraina, Moldavia, Georgia e 4 Paesi dei Balcani occidentali potrebbero aderire all’Unione. Ma prima sono necessarie riforme interne
Credit: bruno neurath-wilson 
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17 ottobre 2023 Aggiornato alle 18:00

L’Unione europea è di fronte a un punto di svolta cruciale. Dopo oltre un decennio, si prepara a un possibile ampliamento dei confini, che permetterebbe di passare da 27 Stati membri a 36 entro i prossimi anni. È dal 2013, quando la Croazia face il suo ingresso nell’Ue, che nessun altro Stato aveva più aderito all’Unione. Tra i potenziali 9 nuovi membri ci sono Serbia, Albania, Ucraina, Moldavia, forse Georgia e altri 4 Paesi dei Balcani occidentali.

Ma perché l’Ue sta considerando di fare questo passo in avanti? La guerra in Ucraina ha scosso le fondamenta dell’Unione e ha cambiato il quadro geopolitico su scala mondiale, dimostrando come eventi esterni possano avere profondi impatti oltre i confini diretti.

Tutto ciò ha spinto i leader dell’Ue a considerare attentamente l’inclusione di nuovi membri, consapevoli che questa strategia potrebbe essere la chiave per garantire maggiore stabilità e sicurezza a lungo termine. Strategia oggi condivisa anche da Nazioni come la Francia, inizialmente scettica, poiché timorosa che l’ampliamento dei confini potesse compromettere il processo di integrazione del blocco.

Di certo, non si tratta di un cambiamento di poco conto, ma di un passaggio che rappresenterebbe il più grande allargamento dell’Unione dalla sua fondazione. Di tutto ciò hanno discusso i leader nazionali dei 27 Paesi membri, riunitisi a Granada, in un vertice informale (senza tuttavia sbilanciarsi sui tempi di attuazione). In questa occasione è stata redatta la Dichiarazione di Granada, in cui il possibile allargamento dell’Ue viene definito come “un motore per migliorare le condizioni economiche e sociali dei cittadini europei, ridurre le disparità tra i Paesi e promuovere i valori sui cui si fonda l’Unione”. Tuttavia, percorrere questa strada non sarà facile.

Stati candidati per entrare nell’Unione, come Bosnia-Erzegovina e Montenegro, affrontano problemi di corruzione e instabilità politica; inoltre, non mancano questioni territoriali e tensioni etniche. Riforme radicali sono perciò necessarie per raggiungere gli standard richiesti dall’Ue, spingendo i Paesi aspiranti a modificare aspetti critici del loro sistema politico ed economico.

Inoltre, come sottolineato dal premier ungherese Viktor Orban a Granada, riguardo l’adesione dell’Ucraina ci sono «molte domande e dubbi», poiché non è stato «mai fatto alcun allargamento a un Paese che è in guerra». Ma l’ampliamento dell’Ue richiederebbe profonde riforme anche nel funzionamento interno della stessa Unione.

Le regole decisionali dovrebbero essere modificate per accogliere i nuovi membri, spostandosi verso una votazione a maggioranza qualificata, che conferirebbe un peso maggiore al voto dei Paesi più grandi. a oggi, infatti, le decisioni più importanti, che riguardano ambiti tra cui la sicurezza, le sanzioni economiche e la politica estera, richiedono ancora una votazione all’unanimità.

Un grande cambiamento sarebbe necessario anche nel bilancio europeo, poiché l’allargamento porterebbe nuovi contribuenti netti (oggi l’Unione spende solo l’1,2% del Pil totale dei Paesi aderenti). Inoltre, per evitare disuguaglianze e conflitti tra i membri, sarebbe fondamentale rivedere la politica agricola comune, che impegna circa il 39% del bilancio dell’Unione.

Un’altra delle sfide principali che l’Ue potrebbe affrontare riguarda il bilanciamento di potere tra le sue istituzioni centrali e le Capitali nazionali, essenziale per garantire che l’Unione non diventi ostaggio delle decisioni di un singolo Paese membro, ma che funzioni come un’entità coesa e rappresentativa.

I tempi e le modalità di attuazione di questo ampliamento saranno al centro del dibattito politico europeo per molti anni a venire. Anche perché, sebbene richieda tempo, l’adesione di nuovi Stati è una grande opportunità che potrebbe ridisegnare il futuro dell’Unione Europea, in un contesto geopolitico in rapida evoluzione.

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