Ambiente

Scarpe riciclate e… piccole grandi idee per il Pianeta

Non solo raccolta differenziata e prodotti biodegradabili. Se vuoi prenderti cura della Terra in modo geniale e green, ecco la rubrica che fa per te
Tempo di lettura 6 min lettura
16 ottobre 2023 Aggiornato alle 14:00

Tra gli slogan più ricorrenti delle manifestazioni per il cambiamento climatico e contro l’inquinamento ambientale, ricordiamo tuttə il famoso “There is no planet B”. Già, non esiste un Pianeta B, ma un piano B c’è. Anzi, più di uno.

Ogni giorno c’è qualcunə che ne sa una più del diavolo e lancia idee geniali e invenzioni eccezionali ed ecosostenibili. Come? Dando una nuova vita a oggetti quotidiani che regolarmente gettiamo senza riflettere sulle possibilità di riutilizzo, o ingegnandosi per trasformare il banale in straordinario.

Se ti sei chiestə almeno una volta cosa puoi fare per salvare il Pianeta, ma le risposte che hai trovato erano sempre le solite e banali raccomandazioni che segui già da una vita, allora questa è la rubrica che fa per te. Abbiamo raccolto le migliori invenzioni che possono aiutare la Terra che abitiamo. Tu sei dei nostri?

Thaely: la scarpa 100% riciclata e vegana

Thaely, che in lingua Hindi significa “busta di plastica”, è una startup fondata da Ashay Bhave, un giovane di 23 anni che ha avuto l’intuizione di trasformare dei sacchetti di plastica in scarpe da ginnastica. Oggi è la prima azienda di calzature al mondo interamente riciclate e vegane.

Dopo aver assistito in prima persona al problema dei rifiuti di plastica attraverso il coinvolgimento di sua madre in una struttura locale di gestione dei rifiuti, per trovare una soluzione al problema dei 100 miliardi di sacchetti di plastica che ogni anno vengono prodotti e gettati nel mondo, Ashay ha cominciato a lavorare al tessuto, ribattezzato ThaelyTex, nel 2017.

Si tratta di un materiale innovativo che sembra pelle (ma non lo è) e che viene ricavato dai sacchetti in plastica forniti da TrioTap Technologies, una società indiana che si occupa della gestione dei rifiuti. Per ogni tomaia di sneaker prodotta servono una decina di buste di plastica.

Per quanto riguarda, invece, la suola viene impiegata soltanto gomma riciclata, proveniente da altre scarpe, pneumatici e altri rifiuti industriali. Infine, i lacci e il rivestimento sono realizzati con l’rPet (polietilene tereftalato), un materiale prodotto grazie alle bottiglie di plastica riciclate. Per ogni sneaker realizzata sono necessarie circa 12 bottiglie.

Infine, anche le scatole delle scarpe ThaelyTex sono amiche dell’ambiente: contengono dei semi di basilico che possono essere piantati, mentre scritte e disegni sono realizzati con i fondi di caffè.

L’intero processo di produzione delle sneakers Tahely non necessita di sostanze chimiche aggiuntive e non ne rilascia nell’ambiente: per produrre le innovative scarpe, viene utilizzata colla vegana per legare e detergenti vegani per la sanificazione.

Tutti questi sforzi hanno fruttato all’azienda la certificazione Peta, nonché il prestigioso Best Sneaker Award della Peta nel 2021.

Revive

Revive è un dispenser di sapone igienizzante che nasce con l’idea di mostrare il potenziale utilizzo delle mascherine chirurgiche nella realizzazione di nuovi prodotti riciclati.

Revive, infatti, è realizzato con maschere facciali di scarto, copriletti ospedalieri e camici indossati negli ospedali che sono composti da polipropilene, un materiale termoplastico che si scioglie facilmente a contatto con il calore: una caratteristica che lo rende altamente modellabile, flessibile, resistente, ma soprattutto riciclabile.

Per la creazione del dispenser, i passaggi da seguire sono principalmente due: per prima cosa è necessario triturare le maschere o gli altri materiali fino a renderli piccole scaglie pronte per essere disciolte con il calore; successivamente, il composto ottenuto viene passato a un secondo processo di scioglimento intenso per evitare la creazione di piccole bolle d’aria nei fogli finali.

A questo punto del processo, è possibile utilizzare i fogli di polipropilene disciolto per creare progetti di modelli, forme e dimensioni diverse o per produrre lunghi filamenti, ottimi anche per la stampa 3D.

Etfe: il vetro del futuro

Si tratta semplicemente dell’etilene tetrafluoroetilene (Etfe), un polimero scoperto addirittura negli anni 40, ma che ora pare stia rivoluzionando il mondo grazie alle sue proprietà che lo rendono innovativo e sostenibile.

Per produrre l’Etfe, infatti, il processo di sintesi è a base d’acqua, non richiede l’utilizzo di solventi chimici, né di derivati del petrolio.

Il polimero è un ottimo isolante termico che quando viene adoperato per la costruzione di edifici e strutture consente, un importante abbassamento dei costi energetici dovuti al mantenimento di idonee temperature interne.

La presenza del fluoro nella struttura del polimero, inoltre, rende l’Etfe ignifugo, fornendo un aiuto importante nei confronti degli incendi: infatti, se il materiale viene a contatto con fiamme vive non le fa propagare e anzi tende a spegnere l’incendio in autonomia.

Se esposto a temperature molto alte, poi, diventa più molle (può arrivare a sopportare fino a 170 °C), ma non si scioglie completamente, a differenza di molte altre materie plastiche: questo gli consente di sopportare nel migliore dei modi condizioni climatiche estreme e di avere una durata che può raggiungere e superare i 30 anni.

Tutte queste proprietà hanno fatto sì che diventasse un materiale importante nel settore dell’edilizia, tanto da essere definito da molti il “vetro del futuro”: è un materiale plastico trasparente che offre le stesse prestazioni del vetro per quanto riguarda la trasparenza ai raggi UV, ma rispetto a esso risulta estremamente più leggero, molto più resistente e più efficiente.

Il successo nel campo delle costruzioni si deve soprattutto a due fattori: i pannelli risultano essere autopulenti e richiedono pochissima manutenzione e hanno una forte resistenza chimica ai raggi UV.

Mentre tutte le altre plastiche, dopo un periodo (seppur lungo) di esposizione ai raggi ultravioletti tendono a ingiallire, l’Etfe non ha reazioni di questo tipo: le sue caratteristiche chimiche lo rendono indipendente dai raggi UV e impediscono fenomeni di abrasione o corrosione.

In un’ottica di ecosostenibilità, l’etilene tetrafluoroetilene poi si propone come alternativa del vetro che può essere riciclata al 100%: infatti, basta fondere i pannelli per crearne di nuovi e poterli impiegare nuovamente.

A oggi, è possibile trovare uno dei maggiori esempi dell’uso di Etfe, nell’Allianz Arena di Monaco di Baviera, sede del Bayern Monaco, uno stadio rivestito esternamente da 2.874 pannelli di questo speciale polimero. Anche in Italia abbiamo uno stadio rivestito di Etfe: si tratta dell’Allianz Stadium di Torino, lo stadio della Juventus.

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