Futuro

AI: quali benefici per l’industria farmaceutica?

Grazie all’intelligenza artificiale generativa (genAI), sono in ballo diversi studi clinici avviati con farmaci progettati con grandi data set biologici
Credit: Burak Tüylek 
Tempo di lettura 4 min lettura
9 ottobre 2023 Aggiornato alle 11:00

Il 2023 sembra essere l’anno dell’intelligenza artificiale. Dal rischio di perdere posti di lavoro allo sviluppo dei settori dell’elettronica e dell’ingegneria moderna: il mondo si prepara a una fortissima ondata di innovazione di cui l’AI è la protagonista indiscussa.

Il Rapporto Coop 2023, presentato a Milano, si è fatto promotore di un Paese che guarda con sospetto, ma anche con curiosità, il settore tecnologico italiano. Non solo l’intelligenza artificiale sta guadagnando la fiducia dei suoi utenti negli ambiti lavorativi e personali, ma si sta anche insediando nel contesto biomedico e nell’industria farmaceutica, quasi sbaragliando la concorrenza rappresentata dal mondo di ricercatrici e ricercatori.

Il sogno di ottenere cure che possano funzionare anche con un dispendio di risorse minimo sembra utopia: un desiderio senza nessun riscontro con la realtà. Eppure, l’intelligenza artificiale generativa (genAI) è a lavoro su una decina di studi clinici avviati con farmaci interamente scoperti e progettati da grandi set di dati biologici.

Il 2021 era già terminato con un nuovo algoritmo di AI di DeepMind, chiamato Alphafold, che aveva dato prova di affidabilità nel costruire le proteine in alcune tra le sue forme meno diffuse, incrementando il suo continuo processo conoscitivo grazie a una rete neurale artificiale capace di sfruttare le strutture 3D delle proteine contenute nella protein Bank.

Il successo che sta riscontrando la genAI negli ultimi 2 anni è considerato una grandissima vittoria e ha portato aziende biotecnologiche, farmaceutiche, biologiche e biochimiche, tra cui la compagnia Insilico Medicine con sede a Hong Kong, ad avere circa 400 milioni di finanziamenti.

Nello specifico, il successo di quest’ultima è decisamente una novità: 10 anni fa le potenzialità della tecnologia non erano comprese dai ricercatori e il progetto finì per lungo tempo nel dimenticatoio. Come racconta il Ceo Alex Zhavornkov di Insilico Medicine, quando iniziò a cercare fondi per la sua startup fece fatica a trovare interlocutori che condividessero la sua visione. Ora ha avviato una delle prime sperimentazioni umane con un farmaco (Ins018_055) interamente generato dall’intelligenza artificiale per trattare la fibrosi polmonare idiopatica. Linizio della seconda fase della sperimentazione non definisce solo un momento molto delicato della ricerca, ma anche e soprattutto una nuova sfida per la AI.

DeepMind sta creando il più vasto e completo archivio della struttura delle proteine, sia umane che di altri esseri viventi, utilizzando il sistema AlphaFold 2, che contiene già 350.000 previsioni su caratteristiche e forma delle proteine. Ma DeepMind punta a raggiungere quota 100 milioni entro la fine dell’anno.

Un traguardo ambizioso che rappresenta una svolta epocale, nonostante né le agenzie europee né le statunitensi si fidino del tutto nel lasciare che la tecnologia artificiale si occupi interamente della realizzazione di un qualsiasi farmaco. Per ora, bisogna aspettare il 20 novembre, quando verranno pubblicati i possibili ambiti di applicazione: dalla conduzione dei trial clinici nella selezione dei soggetti di interesse, alla registrazione e all’analisi dei dati che saranno poi presentati per l’approvazione di un principio attivo.

Nel tempo, partendo da questa base già promettente, la genAI si appresta a diventare una compagna gradita e dovuta del ricercatore di farmaci.

Leggi anche
AI
di Antonio Pellegrino 3 min lettura