Futuro

Iran: l’AI potrebbe modernizzare l’Islam

La città santa di Qom è al centro di decine di progetti di ricerca che studiano come usare l’intelligenza artificiale per scopi religiosi: dall’analisi dei testi all’emanazione rapida delle fatwa
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20 ottobre 2023 Aggiornato alle 13:00

L’Iran oscilla in balia di forze avverse: l’attaccamento alle tradizioni da un lato e la spinta alla modernità dall’altro. Il clero sciita iraniano, uno dei pilastri della Repubblica Islamica, è in prima linea per la protezione dei valori tradizionali della religione islamica, ma guarda anche al futuro e alle possibilità offerte dall’intelligenza artificiale.

Al centro di questa apparente contrapposizione si trova la città santa di Qom, famosa come luogo di pellegrinaggio e centro di studi religiosi, che è diventata anche la sede di un importante hub di sviluppo tecnologico. Qui i leader religiosi intendono esplorare le possibilità offerte dalla tecnologia non solo per mostrarsi favorevoli allo sviluppo, resosi ancor più necessario sotto la spinta del movimento di proteste scatenato dalla scomparsa di Mahsa Amini, ma anche per consolidare la vocazione islamica del Paese.

Le possibilità di sfruttare l’intelligenza artificiale per scopi religiosi sono vastissime e vanno dallo studio e interpretazione dei testi islamici all’emanazione di editti religiosi (le fatwa) in tempi molto più rapidi.

«I robot non possono sostituire gli ayatollah, ma possono essere un valido assistente in grado di aiutare a emettere una fatwa in 5 ore invece che in 50 giorni», ha spiegato in un’intervista al Financial Times Mohammad Ghotbi, che è a capo della Eshragh Creativity and Innovation House, un’organizzazione governativa di Qom che incoraggia la crescita delle imprese tecnologiche.

Benché la ricerca sia ancora in una fase iniziale, sono in corso decine di progetti di questo tipo. Il capo del Seminario di Qom, il più grande seminario islamico (hawza) in Iran, si è recentemente dichiarato favorevole all’utilizzo dell’AI per semplificare lo studio dei testi da parte del clero iraniano e rendere più immediata la sua comunicazione con il pubblico: «Dobbiamo entrare in questo campo per promuovere la civiltà islamica», ha dichiarato a luglio l’ayatollah Alireza Arafi.

Il seminario collabora anche con il maggiore centro di ricerca in materia, il Noor Computer Centre for Islamic Sciences Research, al quale è garantito l’accesso a antichi manoscritti e altre fonti che costituiscono dati preziosi per gli algoritmi.

La Guida Suprema Ali Khamenei ha comunicato a giugno la sua volontà che l’Iran sia «almeno tra i maggiori 10 Paesi al mondo nel settore dell’intelligenza artificiale». Quello che intendeva è che l’Iran deve recuperare posizioni rispetto ad altri Paesi rivali come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, che ad agosto hanno lanciato Jais, un modello open-source basato su testi in arabo che è stato annunciato come il software di AI araba più avanzato al mondo.

Tra i religiosi iraniani c’è ancora chi fa resistenza all’innovazione tecnologica. La maggioranza continua a preferire un approccio allo studio più tradizionale tramite la lunga lettura dei documenti. Dagli ayatollah che hanno tra gli 80 e 100 anni nessuno si attende un cambiamento di questa portata, ma le generazioni più giovani mostrano e mostreranno in futuro, probabilmente, una maggiore apertura.

Secondo Mohammad Ghotbi, l’AI potrebbe essere utile anche per aiutare il clero a formulare orientamenti religiosi in una società sempre più complessa. Una società che non diventerà necessariamente meno religiosa, a dire di Ghotbi, ma che nell’ultimo anno sta fronteggiando una battaglia senza precedenti contro l’imposizione sulle donne del velo islamico.

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