Bambini

Post Covid: più disagio mentale nei bambini di famiglie ricche

Secondo una ricerca pubblicata sul Journal of Epidemiology and Community Health le conseguenze psicologiche della pandemia nel Regno Unito sono ricadute perlopiù sui minori cresciuti in contesti agiati
Credit: Vanessa Serpas

Tempo di lettura 4 min lettura
7 ottobre 2023 Aggiornato alle 07:00

Delle svariate problematiche psicologiche causate dalla pandemia non se ne fa più mistero: dai disturbi post traumatici, all’ansia, dallo stress, fino ai frequenti crolli depressivi. E nonostante siano passati 3 anni dal primo lockdown tutte queste conseguenze continuano a crescere ed essere sempre più evidenti, soprattutto fra le persone più fragili. In Italia, sì, ma non solo.

Il Regno Unito, a esempio, proprio qualche giorno fa, ha reso pubblici i risultati di una ricerca basata sull’analisi delle conseguenze psicologiche del Covid, dimostrando come i bambini siano le vittime principali del disequilibrio mentale. In particolare quelli nati in famiglie agiate. Risulta infatti più toccata la salute psicologica dei figli con genitori altamente istruiti e un reddito maggiore, rispetto alle famiglie svantaggiate.

Gli autori della ricerca pubblicata sul Journal of Epidemiology and Community Health hanno elencato una serie di potenziali cause per cui questo fenomeno sia accaduto e stia accadendo ancora.

Fra tutte, la tensione creata dal doversi destreggiare con un lavoro fitto di impegni, l’istruzione e la cura dei figli mentre le scuole erano chiuse. Una tensione diventata un vero e proprio disagio per quelle famiglie che non si erano mai dovute preoccupare di bilanciare tutti questi aspetti insieme, e da sole. Senza contare che molti lavoratori erano costretti a uscire di casa durante l’emergenza, con un rischio maggiore di contrarre l’infezione. Alla luce di questi scenari pressione e ansia, si sono trasformate spesso in veri e propri ostacoli e le conseguenze sono ricadute inevitabilmente anche sui figli.

Lo studio è stato condotto paragonando due questionari standardizzati, sottoposti in anni differenti, a bambini della stessa età, fra i 5 e gli 8 anni: il confronto fra i risultati dei test svolti dal 2011 al 2019 e quelli dal 2020 al 2021 hanno mostrato come i bambini più ricchi abbiano sperimentato un declino decisamente più marcato rispetto alle famiglie svantaggiate.

«Lo studio fornisce la prova che la salute mentale sia stata compromessa durante la pandemia – spiegano i ricercatori. – Inaspettatamente, molti bambini provenienti da gruppi tradizionalmente avvantaggiati hanno registrano cali maggiori. Vale a dire che la salute mentale infantile è diventata più equa, ma a un livello complessivamente peggiore. Contrariamente alle previsioni di alcuni esperti, la tensione finanziaria non ricade duramente sulle famiglie svantaggiate, ma su quelle più ricche, con un lavoro stabile e quindi più a rischio di un crollo. L’isolamento sociale ha fatto avvicinare le esperienze dei gruppi avvantaggiati a quelle già vissute dalle famiglie con minore spazio esterno e alle risorse ricreative. Al tempo stesso, i sussidi economici previsti per queste ultime hanno facilitato la riduzione del divario sociale in quel momento».

A fronte di questi dati, il Governo britannico ha stabilito che entro il 2025 l’assistenza infantile gratuita (che prevede 30 ore settimanali di assistenza all’infanzia finanziata dallo stato per i bambini dai 9 mesi fino all’inizio della scuola) sarà estesa a tutte le famiglie con figli.

Un portavoce del Governo ha inoltre dichiarato che è in atto la più grande espansione mai vista prima dell’assistenza gratuita: «Abbiamo raddoppiato il sostegno all’infanzia per i più vulnerabili dal punto di vista finanziario, ed entro il 2027-28 prevediamo di stanziare 8 miliardi di sterline all’anno per aiutare i genitori, rendendo l’assistenza all’infanzia ancora più accessibile».

Tuttavia, secondo l’Institute for Fiscal Studies, la tendenza a trascurare il 30% della popolazione più povera non si fermerà con queste proposte e da questa nuova offerta trarranno beneficio poco più della metà dei genitori.

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