Ambiente

Che ruolo hanno le grandi città nella lotta al cambiamento climatico?

Al Climate Ambition Summit di New York, i sindaci delle 96 maggiori metropoli del Pianeta si sono incontrati per rivedere una strategia comune di contrasto alla crisi ambientale
Credit: EPA/JUSTIN LANE
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25 settembre 2023 Aggiornato alle 07:00

Oltre ai capi di governo, principali responsabili delle politiche ambientali dei Paesi che rappresentano, al Climate Ambition Support Alliance di New York (organizzato dalle Nazioni Unite e terminato il 20 settembre) c’erano anche i sindaci delle principali città del mondo, riuniti per aggiornare il piano d’azione del C40 Cities Climate Leadership Group, l’organizzazione internazionale che aggrega 96 metropoli e rappresenta un quarto dell’economia globale. Pur occupando una piccola parte della superficie terrestre (il 4% in Europa), ospitano più di metà della popolazione ed emettono l’80% dei gas serra del Pianeta.

L’ultima valutazione scientifica del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) ha evidenziato ancora una volta l’urgenza di agire: i danni derivanti dalla crisi climatica sono già ingenti e le emissioni globali di gas serra rimangono a livelli record, per cui secondo le Nazioni Unite il mondo ha bisogno di riduzioni immediate e profonde delle emissioni, ora e nel corso dei prossimi tre decenni, per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e prevenire gli impatti peggiori.

I sindaci si offrono oggi di collaborare con i governi, la società civile e le imprese per colmare le intollerabili lacune nell’azione identificate anche nel Global Stocktake, la panoramica più completa sull’azione per il clima da quando è stato adottato l’Accordo di Parigi nel 2015, secondo la quale “la finestra di opportunità per garantire un futuro vivibile e sostenibile per tutti si sta rapidamente chiudendo”.

I dati raccolti per la prima volta da C40 Cities mostrano il ritorno di politiche progettate per dimezzare l’uso di combustibili fossili entro il 2030: con oltre 14 milioni di posti di lavoro verdi già creati in 53 delle 96 città dell’organizzazione, l’indicazione che gli investimenti stiano stimolando la domanda di materiali e servizi sostenibili appare chiara.

Il rapporto chiarisce che l’incremento delle energie rinnovabili e l’eliminazione progressiva di tutti i combustibili fossili sono elementi indispensabili per la transizione energetica, e i sindaci stanno agendo per rendere questa transizione più rapida e più giusta.

Ognuno fa la propria parte come può. Amman si è dotata di una nuova flotta di autobus per rafforzare il trasporto pubblico locale, Cape Town installerà 1GW di energia solare, Londra ha finanziato un hub di formazione in ambito sostenibilità per i lavoratori del futuro.

Per l’Italia la rappresentanza in C40 Cities è affidata a Venezia, Milano e Roma: al Climate Ambition Summit di New York il sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri, ha annunciato che la giunta ha in programma un taglio più ampio delle emissioni entro il 2030, dal 51% inizialmente annunciato al 66%.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), praticamente tutti o quasi i centri urbani del mondo, anche se in misura diversa, eccedono i limiti massimi di concentrazione di inquinanti nell’aria. Nel 2022 le dieci città con la concentrazione più alta di PM2.5 erano tutte in Asia tra Pakistan, India e Cina, a eccezione di N’Djamena, la capitale del Chad.

Una ricerca commissionata dalle 96 metropoli dimostra che le energie rinnovabili, superando i combustibili fossili in termini di accessibilità, possono produrre vantaggi economici sostanziali. Per ogni milione di dollari investito in ristrutturazioni residenziali e impianti solari, vengono generati sei volte più posti di lavoro rispetto alle centrali elettriche a gas fossile.

Coprire il 10% di tutti i tetti delle città C40 con pannelli solari potrebbe generare 135 TWh di elettricità, più di tutta l’energia solare generata nel 2022 da Germania, Francia, Spagna e Regno Unito messi insieme.

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