Ambiente

L’ascesa dei nuovi fornitori energetici

Le crisi energetica globale ha creato delle nuove potenze esportatrici di fonti fossili, da cui ora dipende l’Europa
Tempo di lettura 4 min lettura
28 settembre 2023 Aggiornato alle 07:00

L’invasione russa dell’Ucraina ha causato un profondo cambiamento nel quadro delle politiche energetiche globali, costringendo i Paesi europei a cercare nuovi fonitori in grado di rimpiazzare i cospicui ed economici flussi di gas naturale russo.

Nonostante l’impatto della crisi energetica, e le ripercussioni sull’economie del continente, la Russia non è riuscita a fermare il decoupling delle nazioni europee, che anche quest’anno hanno riempito le riserve di gas al 90,12 % rispettando i target di sicurezza imposti dalle autorità di Bruxelles: «Il fatto che abbiamo soddisfatto i nostri requisiti di stoccaggio di gas con largo anticipo, rispetto al previsto, sottolinea che la Ue è ben preparata per l’inverno e ciò contribuirà a stabilizzare ulteriormente i mercati nei prossimi mesi. Il mercato energetico della Ue è in una posizione molto più stabile rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso», ha dichiarato il Commissario europeo per l’Energia Kadri Simson.

Il disaccompiamento ha comportato il crollo della dipendenza dal gas russo, dal 23,6% del 2022 all’8,4% di quest’anno, ma anche un aumento del prezzo generale dell’energia e soprattutto la creazione di una serie di nuovi legami con altri Paesi esportatori di fonti fossili, fra cui principalmente Stati Uniti, Norvegia, Algeria, Congo e Azerbaijan.

Proprio i legami geo-economici con quest’ultime 3 nazioni hanno suscitato pesanti dubbi sulla sicurezza energetica dell’Europa, a causa della presenza di regimi politici instabili o di tensioni geopolitiche come la nuova guerra condotta dall’Azerbaijan nella regione del Nagorno Karabakh.

La necessità di rimpiazzare il più velocemente possibile il gas russo, ha costretto l’anno scorso il governo italiano a incrementare i flussi dai Paesi africani, specialmente dall’Algeria. Nel deserto del Sahara la compagnia energetica italiana Eni e quella algerina Sonatrach da tempo cooperano per sfruttare i giacimenti di gas: «Avevamo iniziato subito a connetterci con i nostri vicini, in particolare con quelli che hanno la possibilità di reagire più rapidamente, come l’Algeria», ha dichiarato il Direttore generale natural resources dell’Eni Guido Brusco.

Data la presenza di milizie jihadiste, gli impianti dell’Eni sono sorvegliati dall’esercito algerino e da altre forze di sicurezza, in modo da garantire la costanza degli approvigionamenti che confluiscono anche in Austria, grazie ai gasdotti controllati dall’azienda italiana Snam.

Oltre agli accordi con l’Italia, il governo algerino sta conducendo estese trattative con le compagnie energetiche americane Chevron e Exxon Mobil e con i leader politici tedeschi, olandesi e di altri Paesi europei.

Diverse preoccupazioni sono sorte in merito ai rapporti di lunga durata, soprattutto in ambito militare, fra Algeria e Russia, con la seconda che è uno dei principali fornitori di armi dell’esercito algerino. Ma nonostante i dubbi degli occidentali, le autorità algerine prevedono di esportare quest’anno fino a 100 miliardi di metri cubi di gas.

Un’altra nazione che sta beneficiando della diversificazione europea è il Congo, dove l’Eni opera da tanti anni e recentemente ha avviato lo sfruttamento dei giacimenti di gas.

Il progetto avrà una capacità di produzione di gas naturale liquefatto (gnl) di 3 milioni di tonnellate all’anno.

Invece l’Azerbaigian, nonostante la guerra in corso nel Nagorno Karabakh, punta ad aumentare le consegne di gas verso la Ue da 10 miliardi di metri cubi a 20 miliardi entro il 2027. «Meglio avere quanti più fornitori possibili. Così si diminuisce il rischio che qualcuno utilizzi il gas come leva in uno scontro geopolitico», ha sottolineato l’ex ministro italiano dell’Ambiente Roberto Cingolani.

Leggi anche
Ambiente
di Redazione 4 min lettura
Ambiente
di Giacomo Talignani 6 min lettura