Economia

Blue economy: l’Italia terza in Europa

L’economia del mare contribuisce con circa 65 miliardi di euro al Pil del Paese, secondo European House-Ambrosetti. Unioncamere conta oltre 220.000 imprese, con il 9,4% gestito da giovani e il 47,9% al Sud
Credit: Milos Bicanski/Getty Images
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20 settembre 2023 Aggiornato alle 19:00

Impiego di nuove energie rinnovabili, bacino di prodotti ittici, ricerca contro i cambiamenti climatici e sfruttamento delle risorse minerarie: con questi obiettivi, il mare si conferma una risorsa fondamentale per l’economia italiana e non solo.

La blue economy consiste nell’impiego delle risorse del mare per la crescita e lo sviluppo dell’economia tramite la creazione di posti di lavoro e la fornitura dei mezzi di sussistenza, con particolare attenzione alla preservazione e alla sostenibilità dell’ambiente e degli ecosistemi.

È proprio per le sue potenzialità che il Ministero per la Protezione civile e le Politiche del mare, in collaborazione con l’European House – Ambrosetti, ha inaugurato la prima edizione del Forum Risorsa Mare. Durante l’evento, il Governo ha presentato il Piano Nazionale del Mare: lo strumento ministeriale per il debutto di una politica marittima composto da 16 direttive, che comprendono la valorizzazione ambientale, logistica e lo sviluppo del sistema portuale.

«Il Piano del Mare è un ottimo punto di partenza per semplificare la governance di un comparto molto complesso e soggetto a una forte competizione internazionale. L’Italia ha le carte in regola per affermarsi come un player di rilievo internazionale in tutti gli ambiti che possono dare un contributo importante non solo in termini di crescita ma anche nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità del nostro Paese», ha spiegato Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo di European House – Ambrosetti.

L’importanza della blue economy è chiara anche a livello europeo: il Belpaese si piazza al terzo posto tra gli Stati Ue sia per valore aggiunto in Ue (che arriva a quota 24,5 miliardi nel 2019) che per livello occupazionale (con oltre 540.000 posti di lavoro). Il settore, inoltre, contribuisce con circa 65 miliardi di euro al Pil del Paese. Secondo Unioncamere, le imprese di questo reparto sono oltre 220.000, di cui oltre 21.000 (il 9,4%) gestite da giovani; il 47,9% si trova al Sud.

«Nelle 16 direttrici del Piano del Mare abbiamo individuato 8 aree di investimento strategico per il sistema-Paese. In questo senso la nostra iniziativa, complementare al Piano del Mare, si prefigge di orientare gli investimenti pubblici e privati legati al mare nelle filiere più promettenti, promuovendo una sempre maggiore coesione tra gli operatori del settore e stimolando nel concreto la collaborazione tra pubblico e privato», ha aggiunto Valerio de Molli.

Tra le aree di intervento troviamo la necessità di dotare il sistema portuale italiano di una governance unitaria che favorisca il coordinamento tra i diversi hub e l’attrazione di investimenti sul lungo periodo; l’opportunità di produrre energia sostenibile tramite l’installazione di parchi eolici offshore; l’esigenza di gestire al meglio il fenomeno dell’immigrazione che coinvolge il bacino Mediterraneo in modo da invertire il trend demografico e aumentare la forza lavoro.

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