Economia

Pandemia e guerra non hanno colpito la blue economy

Nonostante le crisi degli ultimi anni, il settore cresce: oggi offre 914.000 posti di lavoro, spiega il XI Rapporto Nazionale sull’economia del mare. Le imprese registrano +4,4% nel 2022 (nel Mezzogiorno quasi +10%)
Credit: Niloy Tesla
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1 giugno 2023 Aggiornato alle 14:00

In Italia, negli ultimi anni, l’economia del mare è in continua crescita: è un settore molto ampio e riguarda essenzialmente la preservazione delle risorse geologiche e del patrimonio paesaggistico costiero, la difesa degli stock ittici e delle specie viventi, la produzione e la distribuzione dell’energia rinnovabile che si ricava dal mare, le attività portuali, tutto il comparto navale che va dalla costruzione ai trasporti marittimi, fino a toccare il turismo costiero e l’acquacoltura.

È anche uno dei settori che ha superato al meglio la crisi pandemica e le conseguenze dell’invasione dell’Ucraina, nonostante sia stato uno dei più colpiti. La blue economy, infatti, ha prontamente affrontato la diversificazione energetica richiesta dal particolare periodo storico, riducendo dal 40% al 7% il gas importato dalla Russia. Grazie al rafforzamento del ruolo svolto dai gasdotti marittimi e al miglioramento degli impianti di rigassificazione, infatti, la diversificazione energetica è avvenuta nel migliore dei modi.

Non solo: il ruolo dell’economia del mare è stata centrale anche per l’incremento delle esportazioni extra Ue, aumentate del 20,2% nel 2022, favorendo l’apertura commerciale del settore manifatturiero.

La strategicità del settore marino è sottolineata anche dal fatto che risulta centrale per la trasmissione di energia elettrica, grazie alla rete di elettrodotti presenti tra l’Italia e la Grecia o tra l’Italia e Malta. Ma è fondamentale anche per la gestione del carbonio: ne è un esempio la costruzione di impianti sottomarini dedicati alla cattura e allo stoccaggio dell’anidride carbonica (Ccs).

Un settore, quindi, in continuo sviluppo e che svolge un ruolo centrale nel nostro Paese, come emerge dall’XI Rapporto Nazionale sull’economia del mare a cura di Ossermare (Osservatorio Nazionale sull’economia del mare) in collaborazione con il Centro studi delle camere di commercio Guglielmo Tagliacarne. Il report mette in evidenza dei dati assolutamente rassicuranti, sottolineando un continuo trend positivo del settore, in particolare per quanto riguarda il comparto manifatturiero, la cantieristica e la produzione ittica.

Andiamo nel dettaglio: prima di tutto bisogna sottolineare il completo superamento della crisi pandemica da parte del settore. Si registra una crescita del 9,2% nel 2021, rispetto a una media nazionale del 6,4%, inoltre, il settore della blue economy occupa circa 914.000 posti di lavoro. Si capovolge anche la situazione territoriale, che vede solitamente le regioni del Nord Italia come quelle più virtuose: questa volta, si fa meglio nelle Regioni centrali e nel Mezzogiorno, dove si concentra il 61% del valore aggiunto della filiera marittima e che vedono il 67,3% degli occupati nel settore.

In aumento anche le imprese: rispetto al 2019, nel 2022 il tessuto imprenditoriale della blue economy ha registrato un aumento del 4,4%, mentre nel Mezzogiorno la crescita è raddoppiata, raggiungendo quasi il 10%. Da sottolineare la forte presenza di imprenditoria giovanile, che rappresenta sicuramente un elemento positivo per una crescita futura.

Per fornire un quadro completo, anche a livello europeo, possiamo fare riferimento al rapporto annuale pubblicato dalla Commissione europea, The Eu Blue economy report 2023. L’indagine evidenza l’evoluzione dell’intero settore nel periodo di tempo che va dal 2010 al 2023, sottolineando come tutti i “micro-settori” che sono stati analizzati hanno migliorati i propri rendimenti economici.

I maggiori incrementi del valore aggiunto (differenza tra il valore della produzione e i costi sostenuti per la produzione stessa) si registrano nei seguenti settori: risorse biologiche (+25%), attività portuali (+25%), energia eolica offshore (+1762%), costruzione e riparazione navale (+22%).

Da questi dati, dunque, emerge chiaramente un settore in salute e che è destinato a crescere: è fondamentale per velocizzare la transizione verde, sfruttando il ruolo del mare e degli oceani sia dal punto di vista economico che dal punto di vista ambientale e sostenibile.

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