Ambiente

Libia: dopo la tempesta arriva il rischio epidemie

Nell’area orientale del Paese vessata dall’uragano Daniel, i corpi in decomposizione delle vittime rischiano di favorire i contagi di malattie come il colera
Credit: Reuters
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19 settembre 2023 Aggiornato alle 08:00

Nella Libia orientale, dopo le alluvioni, gli allagamenti e le migliaia di vittime a causa dell’uragano Daniel, è corsa contro il tempo per evitare epidemie come il colera. Si seppelliscono i morti perché l’acqua non venga contaminata.

A una settimana dalla catastrofe provocata dalla tempesta, a lanciare l’allarme sul crescente pericolo che si diffondano infezioni sono le autorità locali e le organizzazioni internazionali come Medici senza Frontiere, presente a Derna da più di tre giorni per portare i soccorsi.

La situazione è tragica: i cadaveri in decomposizione delle persone travolte dalle inondazioni, abbandonati per strada o nell’acqua stagnante, potrebbero favorire le malattie, tra i sopravvissuti ma anche tra i numerosi volontari arrivati da tutto il mondo. Tra loro ci sono studenti di medicina che stanno prestando opera di sterilizzazione lungo la costa.

Un altro grosso problema è rappresentato dalle mine anti-uomo, rimaste nel terreno in seguito a precedenti conflitti e ora spostate dall’acqua, rendendo difficilissimi i movimenti delle persone e qualsiasi operazione.

Così, se il Paese stava già affrontando difficoltà enormi tra i 10.000 dispersi e le devastazioni, si prospetta ora una seconda crisi umanitaria sia per via dei possibili contagi sia perché scarseggiano generi di prima necessità, rifugi e farmaci.

Parallelamente il Ministero della Salute della Libia orientale ha fatto sapere che sono iniziate alcune procedure di vaccinazione della popolazione, partendo dal personale sanitario, dai bambini a dai soccorritori.

Intanto a Derna, la zona più colpita dalle conseguenze dell’uragano, si temono oltre 20.000 vittime. Macerie, edifici distrutti, fango ovunque: il ministro dell’Aviazione civile Chkiouat ha dichiarato che «almeno il 25% della città è scomparso». Proprio lì è risultato fatale il crollo contemporaneo di due dighe, che forse poteva essere sventato.

In queste ore, infatti, è stato sottolineato come non ci fosse manutenzione da circa 20 anni, un dato ammesso dallo stesso sindaco di Derna. Sembra che quelle dighe siano state realizzate 50 anni fa, secondo le caratteristiche tecniche di allora. Successivamente è mancata la giusta attenzione nelle revisioni.

La Storia non ha aiutato. Si sono susseguiti i bombardamenti della Nato, una guerra civile e disordini. Ma gli esperti hanno richiamato l’attenzione sulla situazione delle infrastrutture più volte negli ultimi anni.

Uno di questi è l’idrologo Abdul Wanis Ashour che ha cominciato a studiare quel sistema di dighe ormai 17 anni fa. Secondo lui, all’epoca c’era già consapevolezza attorno ai rischi a cui erano sottoposti gli abitanti dell’area. L’idrologo, come riportato da Reuters, ha individuato fin da subito crepe nelle strutture, piogge eccessive e inondazioni più frequenti della media.

Abdul Wanis Ashour inoltre ha riscontrato diverse segnalazioni che avvertivano di possibili incidenti, anche gravi, nel caso in cui le dighe non avessero ricevuto la debita manutenzione.

Infine l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha evidenziato l’assenza di un adeguato apparato libico di allerta meteo: se ci fosse stato, perlomeno sarebbe arrivato per tempo un efficace ordine di evacuazione.

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