Diritti

Presi sotto da macchine, treni, camion. Adesso basta!

In due giorni abbiamo perso 5 operai sotto un treno, e una ragazza (per fortuna solo una) sotto un camion. Fino a oggi sono morte 223 persone per incidenti stradali. La logistica è diventata un grosso problema
Un mazzo di fiori deposto all'esterno della stazione di Brandizzo dove un treno ha travolto cinque operai a Torino
Un mazzo di fiori deposto all'esterno della stazione di Brandizzo dove un treno ha travolto cinque operai a Torino Credit: ANSA/TINO ROMANO
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 4 min lettura
31 agosto 2023 Aggiornato alle 19:00

No, non è fare di tutta l’erba un fascio. Mettere insieme le 430 morti sul lavoro del 2023 (dati aggiornati a fine luglio), i 5 morti “presi sotto” in bicicletta in città da un camion o similari, e le 228 persone morte per incidenti stradali non è poi così un azzardo.

Perché le ragioni principali delle morti sul lavoro in Italia riguardano i settori del trasporto e del magazzinaggio. Tutte queste persone seppellite a causa di un problema persona-macchina hanno a che fare con la logistica, e dimostrano che il settore che tutti definiscono come il settore del futuro - insieme all’intelligenza artificiale - può essere anche un posto buio, triste, su cui non sono accese abbastanza luci.

I trasporti, i treni, i camion, le biciclette. I rider, le nostre cene, i nostri viaggi, le nostre ristrutturazioni, i nostri appuntamenti. Vorrei uscire dalla dicotomia “lavoratore” e “datore di lavoro” (pur responsabile, sia chiaro, civilmente e penalmente dei dipendenti e della loro sicurezza) per un ragionamento più rotondo. Sulla nostra ansia del tutto e subito che probabilmente ci porta a volere - e potere! - essere in un posto nell’immediato, sulla nostra necessità del “me time” ma anche per quello dei nostri figli, alla necessità di mettere in fila più appuntamenti durante una giornata, di guardare il cellulare quattrocento volte e di ordinare del cibo in santa pace quando devastati e intasati dalle telefonate ci “sbrachiamo” sul divano. Aprendo per l’ennesima volta un’app che ci permetterà di non muovere un dito.

Non solo. Siamo noi, sempre gli stessi che desiderano un giardino a posto ma pagano il giardiniere in nero, e siamo noi che desideriamo una casa ben ristrutturata salvo assecondare la richiesta di uno sconto laddove pagheremo in nero. Certe volte non vogliamo vedere dove andranno a finire le macerie dei nostri rifiuti - e sappiamo che il settore dell’edilizia è uno dei più inquinanti, e spesso le discariche non vengono usate correttamente -. Certe volte vogliamo delle cose che non ci possiamo permettere, e le prendiamo a saldo, come i vestiti delle catene che vendono tutte a un euro.

Certe volte, ci voltiamo dall’altra parte proprio.

In questi due giorni di persone “cadute” per gravissime responsabilità – era pur sempre un essere umano quello che guidava il camion che ha travolto Francesca Quaglia, copy di 28 anni a Milano - per risparmiare un controllo, un po’ di tempo, un po’ di stanchezza, un po’ di soldi, abbiamo varcato l’invisibile linea che rende la nostra libertà territorio finito, laddove comincia quella degli altri. Per ampliare il nostro spazio non ci siamo accorti di aver invaso quello altrui. Quando va bene.

La nostra fretta di arrivare in discoteca, o chissà dove, e anche la nostra maleducazione di guida per strada hanno reso lavorare per strada, camminare per strada, muoversi per strada, una delle attività più a rischio per altri, oltre che per noi.

La mia paura è che non ci stiamo rendendo conto che non è semplicemente la politica che deve difenderci attraverso un sistema di regole - che al momento non c’è, se pensiamo appunto al centro di Milano e ai camion - ma noi stessi dalle nostre premure perché non è possibile nel 2023, con ogni riga di strada percorsa tra controlli di ingresso e di velocità, trovarsi di fronte a numeri di morti sul lavoro e per strada in crescita rispetto all’anno precedente.

Stiamo cercando una nuova educazione e una nuova misura dei movimenti, seppur con un consumo di auto pro-capite che non accenna a fermarsi. Ma siamo sempre noi, che siamo al volante. Perché un giorno sono io in bici, e il giorno dopo sei tu. Un giorno è lui il rider, e il giorno dopo è mio figlio.

Un giorno sono loro gli operai presi sotto dal treno, e un altro giorno sono i miei nipoti. La circolarità dell’economia è anche questo. Non ha a che fare con Eraclito e il suo Pánta rheî. Ha a che fare con il fatto che siamo tutti collegati, e che nessuno si salva da solo.

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