L’ecoansia colpisce (quasi) tutti

Lo sguardo severo e il dito puntato contro i grandi della terra di Greta Thunberg. Poi le lacrime della giovane i Giorgia Vasaperna davanti al ministro del’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. E l’appello insieme ad altri rappresentanti del Mediterraneo del Presidente Mattarella, il 3 agosto, che spazza via ogni negazionismo. «Non c’è più tempo da perdere, basta scendere a compromessi per ragioni politiche o economiche. È imperativo agire e prendere iniziative urgenti ed efficaci», ha detto il Capo di Stato.
E da Lisbona, il Papa gli ha fatto eco, esortando i giovani cattolici «a vincere la sfida per il clima. La vita del Pianeta è minacciata da una grande distruzione ambientale, abbiamo bisogno di una grande ecologia interiore».
Che l’emergenza climatica sia un tema sentito, impellente, al quale si deve dare risposta concreta è ormai un dato di fatto. e è una nuova paura che sta condizionando la vita del 72% degli italiani, secondo un sondaggio dell’istituto di ricerca Noto. È infatti questa la percentuale di connazionali che si dichiara pessimista per il futuro ed è convinto che la situazione del Pianeta peggiorerà nei prossimi anni.
Sono i giovani, ovviamente, i più sensibili: il 79% contro il 65% degli adulti. Il sondaggio traccia un identikit anche del popolo negazionista: sarebbe circa il 18% della popolazione italiana a non credere al cambiamento climatico, la quota maggiore tra chi vota Lega (23%) e Fratelli d’Italia (22%).
«Se invece si chiede agli italiani se l’emergenza ambientale sia fra le priorità del governo Meloni, l’opinione pubblica si spacca a metà, con percentuali assolutamente invertite fra coloro che sostengono la maggioranza e quelli che votano i partiti dell’opposizione», spiega Antonio Noto, titolare della società di ricerca, in un approfondimento su Repubblica.
«Ecoansia e negazionismo sono, dunque, concetti opposti che convivono nella popolazione. Il primo è prevalente e non condizionato dalle ideologie, il secondo è marginale e più influenzato dall’appartenenza politica».
Il tema delle ricadute emotive e mentali della crisi climatica non ha solo aspetti politici: gli psichiatri stessi non sono concordi sul considerarla una vera patologia. A cominciare dal celebre Paolo Crepet, che in una intervista all’Agi ha dichiarato: «Per fortuna ogni generazione ha le sue ansie. Chi non ha avuto preoccupazioni? L’atteggiamento vittimistico fa parte non della cura ma della patologia. L’ansia crea ansia, non crea risorse».
Anche tra gli scienziati l’atteggiamento non è univoco: intervistato dallo Spiegel, il nuovo capo dell’Ipcc Jim Skea eletto il 26 luglio ha invitato a non cedere alle rigidità da shock climatico.
«Se comunichi costantemente il messaggio che siamo tutti destinati all’estinzione, questo paralizza le persone e impedisce loro di agire per tenere sotto controllo il cambiamento», ha affermato il neo presidente, 69 anni, britannico, docente di Energie Rinnovabili all’Imperial College di Londra e già consulente di lunga data dell’Ipcc.
«Se la soglia di +1,5° verrà superata, e ciò non solo è probabile ma è ormai quasi certo, il mondo non finirà. Ma ci troveremo a vivere in un contesto molto più pericoloso».
