Ambiente

Ipcc, Jim Skea: «raggiungeremo +1,5 gradi entro il 2030»

Nel suo primo discorso, il nuovo presidente dell’Intergovernmental Panel on Climate Change ha invitato i Governi mondiali a non disperarsi per l’aumento delle temperature, esortandoli però a intervenire per fermarlo
il nuovo presidente del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico delle Nazioni unite (Ipcc), Jim Skea
il nuovo presidente del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico delle Nazioni unite (Ipcc), Jim Skea Credit: IISD/ENB
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2 agosto 2023 Aggiornato alle 11:00

Sforare oggi per rientrare in futuro. Nel suo discorso di insediamento, il nuovo presidente del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico delle Nazioni unite (Ipcc), Jim Skea, ha dato al mondo intero una brutta notizia per il futuro, ma anche una speranza per quello che verrà dopo.

Il fisico scozzese, eletto il 26 luglio alla guida dell’Ipcc, ha spiegato che «i colleghi che lavorano al Working Group 1 sulla scienza fisica dei cambiamenti climatici sono molto chiari sul fatto che raggiungeremo un aumento delle temperature globali di 1,5 gradi attorno al 2030, o nella prima parte degli anni ‘30».

Le sue parole sono un macigno per le speranze generate dall’Accordo di Parigi. Il patto, firmato nel 2015 da 183 Paesi, puntava a mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C in più rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C. Un obiettivo che con ogni probabilità non sarà a questo punto rispettato.

Non tutto è perduto però: Skea si è definito «generalmente ottimista» e ha specificato che «nello scenario migliore potremo iniziare ad abbassare di nuovo la temperatura globale sotto quella soglia». Tutto questo però a patto che gli attori politici ed economici inizino ad ascoltare gli scienziati, davvero.

Le parole di Skea sono molto importanti: l’Ipcc è l’organo Onu creato per comprendere le cause scientifiche del cambiamento climatico e fornire i giusti consigli ai politici e ai leader delle istituzioni per contrastarlo.

Da anni questa organizzazione chiede ai Governi di fare di più: a marzo di quest’anno nel suo Sesto Rapporto l’organo ha denunciato come le azioni prese finora siano insufficienti, nonostante le possibilità per intervenire siano molte. Secondo il report, l’economia globale sarebbe già pronta per abbracciare l’energia rinnovabile, ma gli Stati devono mettere a disposizione i fondi necessari per farlo.

In attesa dell’inversione di tendenza, bisogna anche prepararsi agli effetti che l’innalzamento della temperatura avrà sul nostro Pianeta. Secondo Skea, «il mondo non finirà se diventerà più caldo di 1,5 gradi. Tuttavia, sarà un mondo più pericoloso. I Paesi dovranno lottare con enormi problemi e ci saranno molte tensioni sociali».

Il legame tra il benessere sociale e quello ambientale è stato sottolineato più volte dallo studioso scozzese. In un suo recente intervento ha ricordato: «L’azione per il clima non è fatta solo di linee a lungo termine su grafici e astrazioni scientifiche: ricordate l’aspetto delle persone reali».

Prendersi cura della Terra per prendersi cura di noi stessi. Sembra una frase fatta, ma per capire quanto sia reale basta guardare agli incendi nei Paesi mediterranei, ai tifoni in Asia e ai migranti climatici che già iniziano a scappare da territori ormai invivibili.

La buona notizia, secondo Skea, è che gli esseri umani possono ancora intervenire per far sì che l’ormai pressoché sicuro sforamento di 1,5 gradi non sia un punto di non ritorno. Rivolgendosi ai Governi, il neopresidente dell’Ipcc ha detto «avete la cassetta degli attrezzi, ora dovete tirarli fuori».

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