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Che cos’è l’apartheid di genere?

È la discriminazione sessuale, economica e sociale (specialmente nei confronti delle donne) a causa del genere o del sesso. Oggi descrive la condizione in cui vivono afghane e iraniane
Credit: EPA/STRINGER
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
4 agosto 2023 Aggiornato alle 13:00

«Le donne e le ragazze in Afghanistan stanno subendo una grave discriminazione che può equivalere a una persecuzione di genere – un crimine contro l’umanità – ed essere qualificata come apartheid di genere, poiché le autorità de facto sembrano governare con una discriminazione sistematica con l’intenzione di sottoporre le donne e le ragazze a dominio totale».

A parlare è Richard Bennett, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan, che (insieme a Dorothy Estrada-Tanck, presidente del gruppo di lavoro sulla discriminazione contro le donne e le ragazze) il 15 giugno 2023 ha rilasciato un rapporto riguardo la condizione femminile nel Paese dei talebani, in cui si legge che quello che devono subire le donne e le ragazze afghane è “apartheid di genere”.

Non è la prima volta che viene utilizzato questo termine: né per riferirsi alla realtà dell’Afghanistan (lo aveva già fatto in aprile Atefa Tayeb che, prima dell’avvento dei talebani, era viceministra degli Affari parlamentari, in un’intervista rilasciata ad Agi) né per descrivere situazioni altrettanto drammatiche, come quella dell’Iran e, in passato, anche di Paesi come il Malesia, Pakistan e Arabia Saudita. Ma cosa significa esattamente?

Gender apartheid: che cos’è?

Come spiega il sito delle Nazioni Unite, ​​il termine gender apartheid (chiamato anche sexual apartheid o sex apartheid), traducibile in italiano con “apartheid di genere”, si riferisce alla discriminazione sessuale economica e sociale contro gli individui a causa del loro genere o sesso. È un sistema imposto utilizzando pratiche fisiche o legali per relegare gli individui a posizioni subordinate.

La psicologa femminista Phyllis Chesler, continua l’Economic and Social Commission for Western Asia dell’Onu, definisce il fenomeno come “pratiche che condannano ragazze e donne a una sottoesistenza separata e subordinata e che trasformano ragazzi e uomini in guardiani permanenti della castità delle loro parenti donne”. I casi di apartheid di genere portano non solo all’impotenza sociale ed economica degli individui, ma può anche provocare gravi danni fisici.

L’uso del termine apartheid (che deriva dalla parola afrikaans per “a parte” e nasce in riferimento al sistema separatista e suprematista bianco del Sud Africa) riflette una violazione dei diritti umani che comporta sia separazione che oppressione. Come ha spiegato il dottor Anthony Löwstedt, infatti, “la caratteristica distintiva dell’apartheid e di altri tipi di segregazione oppressiva è che si creano consapevolmente e sistematicamente condizioni politiche, economiche, sociali e persino geografiche al fine di separare forzatamente i gruppi, invariabilmente a vantaggio – almeno a breve termine – di almeno uno dei gruppi, ma mai, o solo accidentalmente, a vantaggio di tutti loro”.

Apartheid di genere: dove accade?

A differenza dell’apartheid sudafricano, quello contro le donne non ha una specificità geografica. In questo momento, si fa riferimento a questo termine per descrivere l’esperienza delle donne che vivono in Afghanistan e in Iran, che sono state progressivamente spogliate dei loro diritti.

“Alle donne afghane è vietato l’istruzione, l’impiego nelle ONG e nel governo, e dal viaggiare per lunghe distanze senza un tutore maschio, il tutto pur dovendo rispettare un severo codice di abbigliamento” - ricorda il sito End Gender Apartheid Today - Nella Repubblica islamica dell’Iran, le donne sono bandite da molti campi di studio, eventi sportivi e dall’ottenere un passaporto e viaggiare fuori dal paese senza il permesso del marito. La vita delle donne e la loro testimonianza valgono la metà di un uomo secondo la legge e sono costrette a indossare l’hijab obbligatorio. Questi divieti, e i sistemi giuridici più ampi a cui appartengono, mirano a stabilire e mantenere la sottomissione delle donne agli uomini e allo Stato”.

Ora, anche gli esperti delle Nazioni Unite che hanno visitato Kabul e Mazar-e-Sharif dal 27 aprile al 4 maggio (incontrando donne e uomini afghani in una varietà di settori, tra cui società civile, imprenditori, leader religiosi, insegnanti, giornalisti, oltre ad agenzie delle Nazioni Unite, comunità diplomatica, ONG internazionali e funzionari de facto) hanno messo nero su bianco che “il modello di violazioni sistematiche su larga scala dei diritti fondamentali delle donne e delle ragazze in Afghanistan, favorito dalle politiche discriminatorie e misogine dei talebani e dai duri metodi di applicazione, costituisce una persecuzione di genere e un quadro istituzionalizzato di apartheid di genere”.

L’apartheid di genere è riconosciuto dai diritto internazionale?

Ad oggi, come spiega la campagna End Gender Apartheid Today, gli standard dell’apartheid nel diritto internazionale, “sviluppati principalmente nel 20° secolo, sono stati progettati per affrontare l’apartheid razziale. La definizione di apartheid ai sensi del diritto internazionale dovrebbe essere interpretata in modo da includere le gerarchie di genere, non solo le gerarchie razziali”.

Per questo l’obiettivo della campagna è ampliare gli strumenti morali, politici e giuridici disponibili per mobilitare l’azione internazionale contro (e porre fine) i sistemi di apartheid di genere.

Una coalizione eterogenea di donne iraniane e afgane, professionisti legali internazionali e attiviste ha scritto una lettera aperta agli Stati internazionali chiedendo di riconoscere il crimine dell’apartheid di genere “per contrastare e infine porre fine ai sistemi di apartheid di genere attualmente in vigore nella Repubblica islamica di Iran e in Afghanistan sotto i talebani”.

Le principali richieste ai Governi, quindi, sono:

- amplificare e mettere al centro le esperienze delle donne in Iran e Afghanistan che vivono sotto l’apartheid di genere;

- fare dichiarazioni, emettere risoluzioni e dare forma ad altre risposte politiche per condannare i regimi di apartheid di genere in Iran e Afghanistan;

- interpretare e/o espandere la definizione legale di apartheid ai sensi delle leggi internazionali e nazionali per includere forme gravi di discriminazione di genere istituzionalizzata.

Ma anche gli esperti dell’Onu nel loro rapporto dedicato all’Afghanistan hanno inserito tra le raccomandazioni agli Stati quella di “incaricare una relazione sull’apartheid di genere come sistema istituzionalizzato di discriminazione, segregazione, umiliazione ed esclusione di donne e ragazze, al fine di sviluppare ulteriori standard e strumenti normativi, spronando la condanna legale internazionale e l’azione per porvi fine e garantirne la non ripetizione”.

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