Culture

Afghanistan: libri contro l’oppressione delle studentesse

Mentre una piccola biblioteca è sorta per ricordare due ragazze uccise che si preparavano a entrare all’università, si susseguono nel Paese azioni di opposizione al regime talebano, all’insegna della cultura
Credit: Cottonbro stu
Tempo di lettura 5 min lettura
19 marzo 2023 Aggiornato alle 15:00

Lo scorso settembre nel quartiere sciita Dasht-e-Barchi di Kabul, capitale dell’Afghanistan, è avvenuto un attentato suicida, durante il quale sono state uccise 53 persone: erano studenti e studentesse che si stavano preparando per gli esami d’ammissione all’università.

Marzia e Hajar, cugine ed entrambe vittime, sono state sepolte pochi giorni dopo l’una accanto all’altra, in un cimitero della periferia della città: sulle loro tombe oggi ci sono dei fiori e moltissimi libri. Le due sedicenni amavano leggere e la loro famiglia continua anche ora ad alimentare questa passione, portando lì opere di ogni tipo.

Il giorno dopo il funerale delle ragazze, lo zio Zaher Modaqeq ha trovato dei diari tra i loro effetti personali, che ne contenevano i pensieri. Le due giovani erano grandi appassionate di scrittura e proprio per questo lo zio ha scelto di condividere le loro parole sui social. «Le mie Marzia e Hajar erano ragazze fantastiche. Vorrei che più persone potessero conoscere la loro determinazione. Potevano ispirare molte persone e credo che possano ancora farlo», ha dichiarato ad Al Jazeera, quotidiano a cui ha inviato alcune pagine del diario di Marzia, scritte in farsi e occasionalmente in inglese.

Il 23 agosto 2021, poco dopo la presa di potere da parte dei talebani, la giovane aveva scritto: «Oggi sono uscita di casa per la prima volta dall’arrivo dei talebani. Ho avuto una sensazione di insicurezza e terrore». Poi è andata in libreria e ha comprato La città ai confini del cielo della scrittrice turca Elif Shafak, amata sia da lei che dalla cugina Hajar. «Oggi ho capito quanto amo i libri. Mi piace vedere la gioia delle persone quando leggono libri», ha poi scritto.

Con il passare del tempo anche persone sconosciute hanno iniziato a lasciare libri sulle tombe di Marzia e Hajar e perché non andassero sprecati i loro fratelli hanno deciso di aprire una piccola biblioteca all’aperto in loro onore.

Uno dei fratelli ha recuperato un vecchio armadio di famiglia, l’ha ripulito e dipinto di arancione brillante (il colore preferito delle due) e vi ha riposto alcuni libri. Poi ha usato un disegno realizzato dalla graphic designer afghana Fatema Khairullahi per creare un murales sull’armadio: ci sono le ragazze con in mano dei libri e dietro un albero di pino, simbolo di forza e resilienza. «Abbiamo creato questa biblioteca perché sappiamo quanto amassero essere circondate da libri», ha raccontato.

«Marzia e Hajar si sono affidate ai libri anche quando la situazione nel Paese è peggiorata e sembrava che non ci fossero speranze per loro di frequentare l’università. C’era chi diceva che alle ragazze non sarebbe stato nemmeno permesso di sostenere gli esami di ammissione ma loro continuavano comunque a studiare, leggere e imparare da sole», ha ricordato la sorella maggiore di Marzia, Parwana.

Proprio pochi mesi dopo l’uccisione delle due cugine, i talebani hanno leso ulteriormente i diritti delle donne nel Paese, con nuovi divieti. Oggi non possono frequentare le scuole e neanche l’università, ma continuano a protestare per i propri diritti, scendendo in strada e diffondendo messaggi sui social. Molte delle loro proteste si attuano proprio attraverso la diffusione di libri, per continuare a studiare.

A inizio febbraio l’Afghanistan Times ha riportato che nella provincia di Bayman è stata aperta la Biblioteca delle Donne fondata da Nikbakht Sana, attivista per i diritti delle donne nel Paese, che ha raccontato che il suo scopo è «aumentare la capacità scientifica delle ragazze. Attualmente abbiamo 500 libri diversi e stiamo cercando di aggiungere dei computer e la connessione a internet nella sala principale».

Nel frattempo molte ragazze continuano a studiare in segreto, rischiando la vita ogni giorno. La redazione di Rukhshana Media ha intervistato le studentesse di una delle scuole aperte in segreto, il cui nome non può essere rivelato per ragioni di sicurezza. «Se commettessimo anche il più piccolo errore e si scoprisse la posizione della scuola segreta, perderemmo il nostro futuro e i nostri sogni, ma ora posso andare a scuola con la collaborazione degli insegnanti e della mia famiglia e sono molto felice di continuare i miei studi», ha raccontato una di loro.

Ma la lotta per il diritto allo studio ha varie forme. Una ragazza di 18 anni a fine dicembre si è posizionata fuori dall’Università di Kabul, di fronte ai talebani, con un cartello in segno di protesta contro il divieto di accesso all’università per le donne nel Paese. «Volevo mostrare il potere di una ragazza afghana, e che anche una sola persona può resistere all’oppressione. Vedere che una ragazza, da sola, si è battuta contro i talebani, aiuterà le mie sorelle studentesse in tutto l’Afghanistan a risorgere e a sconfiggerli», ha poi raccontato alla stampa.

Nonostante le numerose mobilitazioni, in Afghanistan sono stati predisposti nuovi divieti alle donne, che non possono a esempio farsi visitare da medici uomini. Non potendo neanche frequentare l’università, in futuro non ci saranno più donne laureate in medicina e quindici si chiede anche come potranno continuare a curarsi. Nella provincia di Ghowr non possono uscire senza un uomo che le accompagni e nella provincia di Balkh hanno dovuto chiudere i loro punti vendita nei mercati perché lavoravano a contatto con uomini e non indossavano correttamente l’hijab.

Nelle ultime settimane, inoltre, è stata vietata la vendita di contraccettivi alle donne nelle province di Kabul e Balkh perché secondo i talebani usarli sarebbe haram, ovvero un comportamento vietato dalla fede islamica. Il Guardian ha intervistato Shabnam Nasimi - attivista politica per i diritti delle donne in Afghanistan ed ex consigliera del ministero per la ricostruzione dell’Afghanistan - che, in merito, ha dichiarato: «Il controllo che i talebani esercitano non solo sui diritti umani delle donne, ma ora anche sui loro corpi, è oltraggioso. È un diritto umano fondamentale avere accesso alla contraccezione».

Leggi anche
Studentesse velate tengono in mano bandiere talebane prima di un comizio pro-talebano all'Università Shaheed Rabbani di Kabul, l'11 settembre 2021.
Istruzione
di Chiara Manetti 4 min lettura