Ambiente

Le ondate di caldo mettono a rischio gli uccelli selvatici (e l’ecosistema)

Secondo il nuovo studio pubblicato su Global Change Biology, lo stress termico prolungato ha un impatto drammatico su alcune specie come il falco grillaio. La buona notizia è che intervenire è possibile
Credit: Stefania Martucci
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
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31 luglio 2023 Aggiornato alle 17:00

È sufficiente guardarci intorno: ormai, gli effetti devastanti delle ondate di calore estremo sono sotto i nostri occhi ogni giorno. Ora, una nuova ricerca pubblicata su Global Change Biology mostra quanto alcune specie di uccelli selvatici nell’area mediterranea siano impattate dallo stress termico prolungato e come questo possa avere “effetti drammatici” sull’intero ecosistema.

Lo studio è stato condotto a Matera dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università di Padova, assieme all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), al Cnr-Irsa e alla Provincia di Matera.

Nella “città dei sassi”, infatti, durante le ondate di calore che hanno investito il Sud nel giugno 2021 e 2022, si sono registrate temperature superiori a 37°C per più giorni consecutivi, “condizioni estreme di temperatura mai verificate in quest’area nei 20 anni precedenti”, che hanno avuto ripercussioni sulla fauna avicola selvatica, in particolare sul falco grillaio (Falco naumanni), un uccello rapace coloniale caratteristico delle regioni mediterranee.

“Lo stress termico prolungato, connesso alla disidratazione e all’impossibilità di dissipare calore può avere effetti drammatici sugli animali selvatici, in particolare sugli uccelli, fino a condurre alla morte”, si legge nel comunicato stampa diffuso dalle università di Milano e di Padova.

“Le ondate di caldo che si verificano durante il periodo riproduttivo possono avere sia forti impatti letali che subletali su diverse componenti della riproduzione aviaria, dalla schiusa delle uova alla crescita dei nidiacei. Più in generale, questi risultati suggeriscono che i futuri aumenti previsti delle temperature estive e la frequenza delle ondate di caldo nel bacino del Mediterraneo e altrove nelle aree temperate potrebbero minacciare la persistenza locale anche di specie relativamente adattate al caldo”, spiega l’introduzione dello studio.

Non ci sono solo brutte notizie, però. I ricercatori, infatti, per quantificare l’effetto dell’esposizione alle ondate di calore intense e prolungate sul successo riproduttivo del falco grillaio hanno sperimentato una metodologia innovativa di raffrescamento dei nidi consistente in una semplice ombreggiatura delle cassette nido. Questo ha consentito di abbassare la temperatura interna di circa 4°C rispetto a quelle non ombreggiate, limitando significativamente gli effetti delle temperature elevate sugli esiti riproduttivi.

Nelle casette nido non ombreggiate, infatti, solo 1/3 delle uova deposte ha generato pulcini pronti all’involo.

Il fallimento della schiusa aumentava notevolmente con l’aumentare della temperatura del nido, salendo a oltre il 50% quando la temperatura massima del nido superava i 44°C.

In quelle ombreggiate, invece, i valori sono nella norma, con un tasso pari a circa il 70%.

Non solo: nelle giornate più calde, quando la temperatura dell’aria era superiore a 37°C all’ombra e quelle interne delle cassette nido hanno superato i 44°C, nelle cassette nido non ombreggiate ci sono stati diffusi episodi di mortalità dei pulcini, eventi invece molto rari in quelle ombreggiate ombreggiate. I pulcini cresciuti in cassette nido schermate, inoltre, sono risultati essere “in condizioni fisiche decisamente migliori e di taglia maggiore, caratteristiche che ne promuovono la sopravvivenza una volta involati”.

«Questi risultati evidenziano come fenomeni di temperature estreme, in passato estremamente rari e in alcuni casi mai registrati prima, possano avere effetti profondi e molto rapidi sulle popolazioni di animali selvatici. Considerato che gli scenari di cambiamento climatico prevedono un ulteriore aumento della frequenza e intensità delle ondate di calore nei prossimi decenni, in particolare nella regione mediterranea, ciò potrebbe rappresentare una ulteriore grave minaccia per la biodiversità delle regioni colpite», spiega il prof. Diego Rubolini dell’Università Statale di Milano.

Dall’altro lato, però, la ricerca – realizzata con il parziale supporto del programma di finanziamento Life della Comunità europea e del Mur– mostra anche come si possa intervenire per evitare anche gli esiti più infausti agendo a livello di progettazione degli habitat degli animali: «questi risultati suggeriscono anche che limitati accorgimenti nella progettazione e costruzione di strutture destinate a ospitare animali selvatici, come un incremento dell’isolamento termico delle cassette nido, debbano essere attentamente considerati in quanto possono favorire in maniera significativa il successo dei progetti di conservazione in uno scenario di riscaldamento globale», ha spiegato il prof Andrea Pilastro, dell’Università di Padova.

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