Ambiente

Riutilizzo imballaggi Ue: perché l’Italia è contraria?

La proposta europea per rafforzare la pratica del riuso e non del riciclo, ora all’esame degli Stati membri, sembra non convincere una parte del Belpaese: la decisione penalizzerebbe 800.000 aziende
Credit: cottonbro studio
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19 luglio 2023 Aggiornato alle 07:00

Per rispettare l’economia circolare abbiamo imparato (o almeno stiamo imparando) a riciclare e i risultati, in alcuni casi, sono evidenti. Ora che qualcosa si muove e che gli italiani cominciano a capire l’importanza, anche a livello imprenditoriale e familiare, del riciclo sembra che le cose debbano cambiare. Dal 2029 potremmo assistere a una sorta di inversione di marcia a livello europeo: potrebbe esserci una richiesta di maggiore attenzione verso il riuso.

La proposta dell’Unione europea

L’Unione Europea ha presentato una proposta di regolamento che vorrebbe porre maggiore attenzione verso il riutilizzo dei rifiuti, piuttosto che sul riciclo.

Il documento, che dovrebbe entrare in vigore nel 2029, è all’esame degli Stati membri e potrebbe essere approvato nella primavera 2024. Del nuovo regolamento è finito sotto l’occhio del ciclone l’articolo 44 in cui si chiede ai Paesi di istituire sistemi di deposito cauzionale e di restituzione per bottiglie di plastica, latta, vetro e contenitori di metallo per liquidi alimentari fino a 3 litri, con l’eccezione di quelli utilizzati per latte, derivati, vino e alcolici.

Il sistema Drs (Deposit return system) prevede che, all’acquisto di questi materiali, il consumatore versi alcuni centesimi: una piccola cauzione che sarà restituita nel momento in cui restituirà il contenitore vuoto in appositi spazi all’interno dei supermercati.

Un sistema diffuso in Europa, attivo in 13 Paesi ma mai applicato in Italia. A guardare con diffidenza questo documento è proprio il Belpaese: uno degli Stati più virtuosi nel riciclo.

I risultati del riciclo in Italia

L’industria del riciclo è un comparto che comincia ad avere un ruolo strategico per il futuro e della circolarità dell’economia di oggi. Per questo secondo il Governo italiano, se si dovesse arrivare a privilegiare il riutilizzo a scapito del riciclo, si penalizzerebbero 800.000 aziende del settore degli imballaggi, con oltre 6,3 milioni di dipendenti e un fatturato che raggiunge i 2.000 miliardi l’anno.

In Italia, nel 2022, la raccolta differenziata di rifiuti urbani è salita al 63%, secondo fondazione Sviluppo sostenibile, facendo scendere lo smaltimento in discarica al 20%: il riciclo di rifiuti industriali ha superato il 70% (lo smaltimento in discarica è sceso al 6%). L’Italia ha riciclato il 72% di tutti i rifiuti, urbani, speciali, industriali: un risultato che la pone al primo posto in Europa.

Le barricate e gli studi italiani

Le commissioni della Camera italiana hanno già chiesto di prendere in considerazione le specificità dei singoli Stati membri, bocciando attraverso le commissioni Ambiente e Attività produttive la proposta europea, chiedendo di esentare dall’obbligo di adottare il sistema Drs i Paesi che hanno raggiunto risultati nelle politiche di riciclo. Il regolamento proposto dall’Ue non prevede applicazione nei Paesi in cui il tasso di raccolta degli imballaggi in plastica e alluminio sia superiore al 90%.

C’è chi invece è favorevole all’introduzione del sistema Drs per il riuso dei contenitori. L’Associazione Comuni virtuosi, con l’iniziativa A buon rendere-molto più di un vuoto, vuole affiancare e non contrastare le politiche di riciclo, con l‘obiettivo di diminuire le emissioni di CO2, la produzione di rifiuti e l’utilizzo di materie prime.

Lo studio dell’Associazione spiega come l’Italia sia sulla buona strada per gli obiettivi europei di riciclo e gestione dei rifiuti fissati per il 2025. Unico problema sono gli imballaggi di plastica, per i quali la percentuale di riciclo è di poco superiore al 50%. Per questo servirebbe creare un’azione combinata fra politiche di riciclo e di riuso, anche considerando il problema plastica non ancora risolto.

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