Futuro

Come si tratta il dato

La strategia digitale europea avanza: Parlamento e Consiglio hanno approvato il testo del Data Act. Si avvicina la costruzione di un mercato europeo dei dati che favorisca la crescita e garantisca i diritti
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29 giugno 2023 Aggiornato alle 06:30

Un effetto collaterale della digitalizzazione è la produzione e registrazione di una quantità enorme di dati. Questo può generare un valore economico tutt’altro che collaterale.

Indubbiamente, il pensiero corre subito al gigantesco potere che le piattaforme per il commercio elettronico e i network sociali hanno potuto accumulare, rivendendo elaborazioni di dati personali a inserzionisti pubblicitari e aziende di ogni genere.

Ma un valore potenzialmente persino più grande può essere generato trattando dati non necessariamente personali, raccolti da macchine che funzionano in rete nel quadro dell’internet delle cose.

I robot usati nelle fabbriche, le bici elettriche, i sistemi di climatizzazione degli edifici e mille altri oggetti generano dati che possono servire alla mobilità sostenibile, alla gestione dell’energia, all’agricoltura di precisione e a molte altre attività.

Le imprese europee, però, hanno bisogno della massima chiarezza normativa per potersi lanciare nell’economia dei dati.

Devono sapere quali utilizzi dei dati, per esempio, non sono soggetti alle regole che proteggono la privacy. I dati non sono tutti personali, ma nell’incertezza, qualche azienda potrebbe essere tentata di non usarli per non sbagliare.

La strategia digitale europea ha imboccato da tempo una strada complessa: da una parte vuole proteggere i diritti umani nel contesto della società digitalizzata, dall’altra parte vuole alimentare la crescita dell’economia. E quindi dopo avere introdotto il regolamento per la protezione dei dati personali sta lavorando per ulteriori regolamenti che liberino l’iniziativa imprenditoriale senza limitare la privacy delle persone.

Il processo per arrivare all’approvazione del Data Act ha fatto un passo avanti decisivo con l’accordo politico raggiunto tra il Parlamento e il Consiglio europeo, sulla base di un testo inizialmente predisposto dalla Commissione.

Ora l’atto deve essere formalmente firmato e pubblicato sull’Official Journal: poi scatteranno i 20 mesi previsti per l’entrata in vigore del regolamento.

Intanto, dopo l’estate, entrerà in vigore il Data Governance Act. Le due normative insieme creano un mercato fluido dei dati non personali nell’Unione, favoriscono una equa distribuzione dei vantaggi che cittadini e imprese ne possono trarre, garantiscono una tendenza alla interoperabilità delle macchine e combattono dunque il lock-in nel quale certe tecnologie tendono a chiudere i loro utilizzatori.

Alcuni aspetti di tutto questo possono essere davvero decisivi. La standardizzazione dei dati e l’interoperabilità, in particolare, dovrebbero creare condizioni molto favorevoli per l’iniziativa delle aziende europee che non sono diventate leader finora nell’economia dei dati ma che potrebbero recuperare quote di mercato con i loro prodotti più competitivi se non dovessero combattere contro giganti che proteggono il loro monopolio con artifici tecnologici.

D’altra parte alcuni settori particolarmente adatti all’industria europea potrebbero ricevere una spinta decisiva per innovare con la creazione di spazi di buon governo dei dati: si può pensare allo spazio europeo dei dati sanitari che creerà vantaggi per i cittadini e le imprese senza infrangere la privacy proprio in uno dei settori che potrebbero apparire più sensibili: in questo modo si può immaginare la forte crescita dell’uso della telematica nella medicina, si può lavorare alla massimizzazione dell’efficienza delle infrastrutture sanitarie, si possono elaborare strategie di sviluppo di forme di cura personalizzata, in un contesto nel quale i cittadini possano essere certi che i loro dati non saranno usati contro i loro diritti.

Analogamente, si svilupperanno spazi sicuri nella mobilità, nell’agricoltura di precisione, nella gestione ambientale, nella pubblica amministrazione.

Ovviamente, la qualità dei dati diventerà anche fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale europea. In fondo, molti rischi connessi all’utilizzo dell’intelligenza artificiale sono provocati dalla dubbia qualità dei dati in base ai quali i modelli dell’automazione cognitiva vengono allenati.

In un contesto che cambia tanto velocemente, è chiaro che le norme vanno pensate in modo dinamico. Il che non è per niente facile e richiede una forte capacità innovativa. Ma in questo caso più che criticare la lentezza del processo di generazione e adattamento delle norme, come non senza ragioni si fa molto spesso, occorre anche vedere come e quanto il sistema delle imprese europee coglierà le opportunità offerte dal Data Act e dal Data Governance Act.

Perché l’idea di costruire un’economia dei dati che crei sviluppo senza sfruttare le persone e infrangere i loro diritti è un’ottima idea: ma solo se ci sono imprese che la interpretano e la fanno diventare valore.

I giganti americani hanno vinto anche sfruttando appieno le caratteristiche del loro sistema normativo liberista. L’ipotesi è che gli europei possano investire meglio in un contesto di standard e di regole certe. Il tempo di vedere se l’ipotesi è corretta si avvicina.

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