Futuro

Un altro discorso sul metodo

La lotta contro i fatti documentati condotta nei tribunali americani è forse l’inizio della nuova campagna elettorale. Chi combatte la disinformazione è accusato di censura. E censurato
Credit: Marcio Skull
Tempo di lettura 4 min lettura
22 giugno 2023 Aggiornato alle 06:30

I fatti sono fatti. O no?

«Tutti hanno diritto alle proprie opinioni ma non ai propri fatti»: se l’affermazione è di uno storico senatore americano, Daniel Patrick Moynihan, significa che è una frase partigiana, valida solo per coloro che la pensano come un democratico americano? A quanto pare, i repubblicani americani lo credono davvero.

E di conseguenza stanno combattendo una battaglia legale contro chi a sua volta si impegna per contrastare la disinformazione.

Riferisce il New York Times che si stanno moltiplicando le cause intentate da persone che aderiscono al partito conservatore americano contro università e centri di ricerca che lavorano per trovare, decodificare e contrastare la diffusione di notizie false, soprattutto sui social network. Molte persone che stanno denunciando gli studiosi e i ricercatori che si occupano di disinformazione sono anche tra i sostenitori dell’idea che le elezioni presidenziali americane che hanno portato alla vittoria Joe Biden contro Donald Trump siano state truccate.

Le prove inconfutabili del contrario dimostrano che questa idea è appunto una forma di disinformazione. Coerentemente, i conservatori americani combattono in tribunale tutti coloro che denunciano la disinformazione.

Jameel Jaffer, direttore esecutivo del Columbia University’s Knight First Amendment Institute, un’organizzazione che si occupa di salvaguardare la libertà di espressione e di stampa, valuta questa strategia come un modo cinico per bloccare la ricerca. Ma di fatto si traduce in una forma di censura.

Molti studiosi, riferisce il New York Times, si trovano già in difficoltà di fronte alle battaglie legali che devono affrontare. E il numero di chi combatte la disinformazione si sta riducendo.

Gli obiettivi della campagna dei conservatori sono molti: le università di Stanford, Clemson, New York e Washington; l’Atlantic Council, il German Marshall Fund, la National Conference on Citizenship, tutte organizzazioni non governative e non aderenti a un partito; la Wikimedia Foundation e Graphika, una società di lotta alla disinformazione.

Di fatto, i conservatori che attaccano chi combatte la disinformazione sostenendo di difendere la libertà di espressione contro la censura sono a loro volta colpevoli di limitare la libertà di espressione dei ricercatori che si impegnano a individuare e decodificare le notizie false, con l’obiettivo di censurarli.

Il fatto che le prossime elezioni americane si stiano avvicinando potrebbe essere collegato a questa campagna.

Naturalmente, i conservatori sostengono di essere a loro volta impegnati nella lotta contro la censura. Il loro punto di vista si abbarbica a una notizia diffusa dal social network Twitter di Elon Musk: secondo questa notizia, alcuni funzionari governativi hanno chiesto a Twitter di impegnarsi a contenere la disinformazione, senza ovviamente poter imporre alcuna decisione specifica.

Questa notizia ha consentito ai conservatori di creare una narrativa secondo la quale la lotta alla disinformazione è tutta una manovra censoria del governo di Biden contro la libertà di espressione dei patrioti americani che, per esempio, combattono i vaccini e si esprimono con una quantità di storie inventate che presentano come vere. Compresa quella delle elezioni rubate.

Bisogna tenere presente che anche queste notizie possono essere considerate partigiane, secondo i conservatori, essendo uscite sul New York Times dalla penna del giornalista premio Pulitzer Steven Lee Meyers e dalla reporter autrice di un’inchiesta bestseller su Facebook Sheera Frenkel. Ma bisogna anche scegliere: queste informazioni sono ottenute con un metodo controllato e controllabile. La disinformazione, invece, è ottenuta con un metodo del tutto differente, molto più simile alla fiction o alla peggiore pubblicità.

Il metodo che serve per raccogliere informazioni diventerà uno spazio di libertà dalle lotte dei partiti e delle tribù politiche. E per quel metodo, a questo punto, occorre combattere.

Leggi anche
Sonno
di Chiara Manetti 4 min lettura
Fake news
di Matteo Ocone 5 min lettura