Ambiente

Nucleare: aumentano gli investimenti in Europa e Usa

Lo attestano i nuovi dati dell’Agenzia internazionale dell’energia: sempre più investitori stanno scommettendo sul settore. Anche in Italia
Credit: Jesse Collins
Tempo di lettura 6 min lettura
30 giugno 2023 Aggiornato alle 09:00

Il nucleare ci fa paura, o almeno, così è stato per lungo tempo dopo il disastro di Chernobyl. Disastro che ha portato, attraverso un referendum popolare nel 1987, alla chiusura delle tre centrali attive in Italia, quella di Trino Vercellese, di Caorso e di Latina.

Una decisione ribadita nel 2011, quando ci si è recati nuovamente alle urne per esprimersi sull’abrogazione delle nuove norme che avrebbero consentito la produzione di energia nucleare sul nostro territorio.

Eppure, lo scoppio del conflitto russo-ucraino ci ha messo di fronte a un’evidenza: non possiamo più dipendere dal gas russo. E il nucleare sembra rappresentare una valida alternativa, non solo in Italia, ma anche in Europa e negli Stati Uniti. Tant’è che i dati dell’Aie, Agenzia internazionale dell’energia, ci fanno sapere che gli investimenti nel settore stanno crescendo.

Più nello specifico, le stime prevedono che si passerà da 30 miliardi di dollari investiti ogni anno nel decennio scorso ai 60-80 miliardi entro quello successivo. E ad affacciarsi su questi investimenti sono anche i privati: secondo un’analisi condotta da McKinsey, una delle società di consulenza più importante a livello globale, sembrerebbe che gli investimenti dei privati siano passati dai 1,5 miliardi di dollari a 4,44 miliardi.

La guerra in Ucraina, che ha lacerato una pace europea che sembrava ormai incorruttibile, ha sicuramente avuto il suo peso nel vedere il nucleare in una nuova ottica, ossia come un fattore fondamentale nel bilancio energetico del futuro e decisivo per raggiungere una vera sostenibilità.

L’energia nucleare, quella di nuova generazione, nel corso del tempo ha subito un notevole miglioramento in termini di combustibile, componenti e sicurezza. Ma vediamo dal punto di vista pratico quali vantaggi comporterebbe.

Dal punto di vista ambientale, si ha un’importante riduzione delle emissioni di CO2. Basti considerare che, per ogni GW/h di energia elettrica prodotta, attraverso le fonti fossili si emettono, in media, più di 700 tonnellate di anidride carbonica, mentre con il nucleare soltanto 30.

Inoltre, a parità di energia elettrica prodotta sarebbero necessari solamente 7g di uranio, mentre con le tecnologie attuali sono necessari 3 barili di petrolio, 1 tonnellata di carbone e 500 metri cubi di gas.

Un investimento, quello sul nucleare, che non si tradurrebbe soltanto in termini ambientali, ma anche economici. Infatti, se è vero che comporterebbe una spesa maggiore in fase iniziale, nel lungo periodo garantisce una stabilità maggiore nel prezzo dell’energia. Questo perché, nell’energia prodotta con il nucleare, il costo del combustibile incide del 15%, mentre con le fonti fossili ha un’incisione del 50%. Motivo per cui, scoppiato il conflitto tra Russia e Ucraina, i prezzi del gas hanno subito un forte aumento.

I progressi nella ricerca

Dopo Chernobyl e poi Fukushima, il sogno del nucleare sembrava tramontato. Eppure, la ricerca non si è fermata del tutto, e sono stati fatti passi in avanti sicuramente significativi. Prima di tutto l’importante progresso annunciato nel dicembre 2022 dal Dipartimento dell’energia degli States, quando è stato annunciato che, per la prima volta, si è annunciata la prima fusione nucleare la cui reazione ha prodotto più energia di quella impiegata per la produzione e senza la produzione di scorie.

Accanto alla fusione, però, importanti miglioramenti sono stati fatti per quel che riguarda la fissione, la tecnologia con cui funzionano gli attuali reattori, che attualmente sono 400 in tutto il mondo (alcuni dei quali attivi in 13 Stati europei) e 24 sono in via di costruzione in Cina.

Ma, se le vecchie centrali sono grandi, costose e complicate, sembra esserci una speranza, rappresentata dai piccoli reattori modulari che, oltre avere dimensioni ridotte, sono anche molto più sicure perché utilizzano tecnologie più avanzate.

Le nuove startup del settore nucleare

In questo scenario stanno nascendo diverse startup che credono in questo tipo di energia. E, tra queste, c’è Newcleo, nata tra Torino e Londra e guidata da Stefano Buono, che nel 2021 è riuscito a raccogliere 100 milioni di euro, poi altri 300 milioni, e oggi sta lavorando a un aumento di capitale da un miliardo.

Tra le altre, negli Stati Uniti ci sono due giganti del settore, TerraPower, sostenuta da Bill Gates, e Tae, finanziata da Chevron e Google. Ma non è tutto: il Dipartimento per l’Energia, intrecciando le forze di pubblico e privato, ha finanziato altre otto startup.

Investimenti che se dapprima hanno trovato il sostegno di privati, hanno poi trovato l’appoggio del pubblico, soprattutto in Stati in cui, nel nucleare, ci si crede davvero (come per esempio la Francia), e trovato infine il sostegno delle partecipate, come Enel, con cui Newcleo ha firmato anche un accordo in collaborazione oltre a un’opzione di investimento.

«Abbiamo investito in Newcleo in quanto rappresenta un ambizioso progetto industriale che sta valorizzando un patrimonio tecnologico originato dal know how di primari fisici nucleari italiani in decenni di esperienza progettuale internazionale», spiega Maria Cristina Odasso, Head of business analysis di Liftt, venture capitale della Compagnia di San Paolo.

Interessante anche il caso della famiglia Malacalza, che punta sul nucleare con Hofima e Luleo rilevando la divisione di magneti da Ansaldo, un hardware fondamentale per il nucleare. Non solo fissione: gli investitori Malacalza, infatti, hanno sostenuto anche i progetti di Gauss, startup europea che sta lavorando a progetti di fusione.

Uscendo dai confini francesi, approdiamo nel Regno Unito, che nei giorni scorsi ha lanciato una competizione per il miglior progetto in questo ambito. In Italia, dove il nucleare non si utilizza, il mercato sembra comunque allettante, e un crescente numero di interlocutori ritiene possibile una svolta, anche se non nell’immediato.

Per esempio, a maggio Montecitorio aveva approvato la mozione per valutare l’inserimento del nucleare nel mix energetico nazionale “al fine di accelerare il processo di decarbonizzazione dell’Italia”, e a metà giugno in Parlamento è nato un intergruppo tra deputati e senatori proprio sul nucleare. Che si stia muovendo davvero qualcosa?

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