Ambiente

New York torna a respirare ma il Canada continua a bruciare

Le correnti d’aria hanno liberato la Grande Mela dal fumo ma l’emergenza incendi in Nordamerica non è finita. E si prepara a battere ogni record negativo
Credit: EPA/ALBERTA
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20 giugno 2023 Aggiornato alle 09:00

Sempre più violenti, sempre più in anticipo, sempre meno controllabili. Gli incendi che hanno colpito il Canada da aprile a oggi non sono solo senza precedenti (l’area bruciata è grande quanto il Costa Rica secondo il Ciffc, il Canadian Interagency Forest Fire Centre) ma sono la spia di un cambiamento climatico che non perdona. E che coinvolge tutti.

È bastata l’immagine di una New York offuscata da un denso fumo arancione carico di pericolosi gas di combustione, settimana scorsa, per toccare con mano gli effetti su vasta scala di stravolgimenti ambientali che non accadono esattamente dove viviamo.

Per due giorni la Grande Mela ha registrato la peggior qualità dell’aria degli ultimi 10 anni, scrive l’Economist. L’Air Quality Index è arrivato a 400, un valore che supera la soglia di emergenza: il mix di fumi e polveri sottili ha raggiunto la costa orientale degli Usa a causa di un vortice di correnti basse che hanno sospinto verso sud la nube densa, che lentamente si è diradata.

Ma se Manhattan è tornata a respirare, il Canada continua a bruciare. Al 19 giugno, il Ciffcc ha stimato che è stata persa un’area totale di 5,8 milioni di ettari, con 420 incendi ancora attivi, di cui 204 fuori controllo. Il 2023 è l’anno peggiore dal 1995, quando si era toccato il record di 7,5 milioni di ettari andati in fumo.

Gli incendi nel Nordamerica sono sempre frequenti in questo periodo dell’anno, ma accadono verso giugno e solo nella zona occidentale del continente dove c’è maggior presenza di conifere. Quest’anno si sono verificati già ad aprile prima nella Columbia Britannica, poi in Alberta, Quebec Ontario fino a interessare tutte le regioni, anche quelle dove le correnti sono più umide e la vegetazione è diversa.

Principale indiziato di questa ecatombe climatica è il global warming. Il mese di maggio è stato il più caldo dal 1940 e il settimo più secco. La mancanza di umidità ha disseccato la vegetazione e favorito l’innesco di incendi che quest’anno si sono presentati in modo particolarmente violento, crescendo velocemente e bruciando foreste e praterie.

Intervistata da AsiTv dell’Agenzia Spaziale Italiana, la ricercatrice Elizabeth Liz Hoy del Goddard Space Flight Center della Nasa ha spiegato che 9 degli ultimi 10 anni sono stati i più caldi a livello globale e hanno creato le condizioni giuste per gli incendi, con vegetazioni già secche e un aumento delle tempeste di fulmini.

Il monitoraggio dallo spazio è fondamentale per raccogliere dati sulle condizioni ambientali del Pianeta e i cambiamenti in atto: «La Nasa ha 25 satelliti di sorveglianza terrestre e 15 di questi sono stati in grado di registrare tutti gli step di questa emergenza, così come di inviare dati importanti alle autorità a pochi minuti di distanza dallo scoppio degli incendi», ha aggiunto la ricercatrice.

Grazie anche a questi sistemi di allerta e di allarme, l’impatto sull’uomo è stato per ora limitato, mentre quello sullecosistema sarò ancora da calcolare. Sono circa 26.000 le persone che hanno dovuto evacuare alcune zone del Canada e negli Stati Uniti i fumi non sembrano aver provocato decessi, anche se ha interessato quasi 110 milioni di abitanti.

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