Ambiente

Comunità energetiche rinnovabili: ci vuole uno sprint

Il decreto, fermo alla Commissione Ue, dovrebbe sbloccarsi entro fine mese, permettendo di attivare 2,2 miliardi di euro di incentivi per produrre su piccola scala energie pulite. Ma serve accelerare
Credit: Mike van Schoonderwalt
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19 giugno 2023 Aggiornato alle 10:00

L’obiettivo di lungo periodo è sempre il fatidico 2050, fissato dalla Ue come anno della neutralità carbonica. Quello intermedio è il 2030, quando ci si aspetta che il 42,5% del consumo di energia in Europa derivi da fonti rinnovabili. Ma c’è un traguardo a breve raggio, per l’Italia, che potrebbe essere raggiunto già a fine giugno: è il Decreto sulle Comunità Energetiche Rinnovabili (chiamate Cer) che il ministero dell’Ambiente ha trasmesso a inizio marzo alla Commissione Europea per alcune valutazioni, e che si prevede si sblocchi proprio a fine mese.

Secondo il ministro Pichetto Fratin, grazie a questo decreto potrebbero nascere nel nostro Paese fino a 20.000 nuove Comunità, capaci di unire le forze per produrre, scambiare, consumare energia da fonti rinnovabili su scala locale, sulla spinta dei 2,2 miliardi di incentivi del Pnrr (motivo che ha richiesto un controllo da parte della Commissione). Ma c’è chi stima che le Cer potrebbero lievitare anche a 40.000.

L’intervento normativo erogherà contributi a fondo perduto fino al 40% per sostenere i costi di realizzazione di impianti nuovi o di potenziare quelli già esistenti nei Comuni fino a 5.000 abitanti; offrirà a chi si associa alla comunità, o darà vita a una nuova, una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili; punterà a garantire una potenza complessiva di almeno 5 GW di energia pulita entro il 2027, con un potenziale risparmio di 1,35 milioni di tonnellate di CO2 e un beneficio economico fino a 1,5 miliardi di euro.

Le previsioni sono del working paper di Agici-Accenture dello scorso maggio, che riporta altri dati interessanti: sulle 86 Cer italiane di oggi, solo 30 sono effettivamente attive. Per raggiungere il target dei 5 GW di potenza installata (ora siamo a 60 MW) bisognerà accelerare in modo molto spedito, considerando anche che in Europa la situazione è frammentata e le Comunità energetiche rinnovabili sono circa 9.000 trainate da Germania (che ne ha 5.000), Danimarca (800), Francia (200), Spagna (150).

Lo studio ha anche mappato le Cer italiane: la maggior parte ha pannelli fotovoltaici (94%) che sono utilizzati come unica tipologia di impianto nel 79% dei casi o in combinazione ad altre fonti rinnovabili (nel 15%). Gli impianti includono a volte dotazioni tecnologiche, in particolare sistemi di accumulo, piattaforme, colonnine di ricarica per auto elettriche, contatori/smart meter.

I soggetti più coinvolti nella promozione delle Cer sono Comuni, energy companies, aziende di consulenza energetica, costruzione, startup. Nel 42% dei casi, le comunità sono promosse da un singolo soggetto (il Comune), in altri casi da un consorzio. Il coinvolgimento delle aziende utilities nella promozione e costituzione di Comunità Energetiche è invece piuttosto scarso (solo nel 22% dei casi).

Da iniziative sporadiche di autoconsumo e autoproduzione, le Cer hanno iniziato ad avere una rilevanza giuridica in Italia nel 2018 tramite la direttiva europea Red II, recepita dal Decreto Milleproroghe nel febbraio del 2020, permettendo ai consumatori di energia elettrica di associarsi al fine di promuovere l’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

La lentezza dell’iter legislativo e burocratico non ne ha favorito il boom, come sottolineato da uno dei maggiori esperti del tema in Italia, l’economista Leonardo Becchetti, in una intervista al mensile Vita a fine maggio: «I ritardi della politica stanno facendo da freno e rischiano di non governare un processo che, comunque, cammina. Mentre le autorizzazioni sui grandi impianti arrivano in ritardo e la nascita delle nuove comunità energetiche è bloccata, molti proprietari di appezzamenti ricevono richieste da società che offrono affitti ben remunerati per tappezzare di pannelli le superfici agricole. Il rischio della lentezza della politica è una transizione selvaggia e non regolata».

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